L'ARCHIVIO DI OLTREILCARCERE

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giovedì 29 marzo 2007

PROPOSTA DI LEGGE: Norme in materia previdenziale in favore lavoratori e lavoratrici del sistema penitenziario

d’iniziativa dei deputati
Silvio Crapolicchio, Ferdinando Benito Pignataro
Onorevoli colleghi!
La tematica dei lavori usuranti investe forti aspettative delle parti sociali e si inserisce in un quadro normativo di riferimento assai complesso.
Il legislatore, nel fissare i parametri per l’individuazione dei lavori usuranti, ha tenuto conto sia dello stress psico-fisico con il potenziale danno alla salute del lavoratore, sia dell’attività usurante svolta in maniera continuativa, nonché dell’esposizione ad agenti biologici dannosi e del verificarsi di frequenti infortuni - causa rischio professionale.
L’istituzione carceraria è nella nostra realtà sociale molto discussa ma altrettanto poco conosciuta.
Si tratta di una organizzazione assai complessa in cui operano in stretta interazione tra loro diverse figure professionali, sia interne che esterne. Questi lavoratori, nell’adempimento dei doveri istituzionali, vivono una dimensione professionale legata ad un ambiente, quello carcerario, espressione di abbandono e disagio Le loro attività che raramente concede prospettive o soddisfazioni economiche, ma che, di contro, aggiunge frustrazione per il confronto quotidiano con la criminalità e la delinquenza abituale, con la devianza e, in definitiva, con quanti destano grave allarme sociale (basti pensare a coloro che operano nelle sezioni così dette del "41- bis il riferimento è all’articolo della legge n. 354 del 1975, recante l’ordinamento giudiziario ossia regime di massima sicurezza ).
Il malfunzionamento e la crisi permanente in cui versano il sistema penitenziario, protratti nel tempo, comportano per il lavoratore conseguenze psico-fisiche frutto di sollecitazioni e stimoli ambientali che opprimono e riducono la sua capacità di trovare un adattamento positivo all’ambiente di lavoro.
Da recenti analisi è emerso che al sovraffollamento degli istituti carcerari contribuisce l’altissima percentuale di detenuti stranieri oltrechè di tossicodipendenti: la condivisione forzata di spazi, cultura, usi e lingue costringe gli operatori alla necessità di dover fronteggiare emergenze in condizioni di impotenza comunicativa ed in tale povertà di risorse da rischiare la paralisi operativa.
L’avere un ruolo, definito in termini di mandato, non pone al riparo da situazioni gravose cariche di pericolo e di allarme essendo le relazioni tra reclusi e personale operativo di per sé conflittuali. La risposta adattiva alle tensioni stressanti che si accumulano in tale contesto professionale, si manifesta in un progressivo impoverimento delle risorse emotive, un meccanismo di difesa che il soggetto utilizza in via automatica per rispondere alle pressioni accumulate divenute intollerabili.
Di conseguenza, la percentuale di assenza per motivi di salute tra coloro che operano all’interno della realtà carceraria è significativa, con particolare riferimento a diagnosi di sindrome ansioso-depressiva, che è la manifestazione più frequentemente dichiarata da tale categoria. L’adempimento di un ruolo e delle responsabilità ad esso connesse, pur nella carenza delle risorse, mettono in discussione le motivazioni ideali iniziali provocando la compromissione del benessere individuale.
Ciononostante è in tale contesto che questi lavoratori, di concerto con gli operatori sociali e sanitari, assolvono la funzione di controllo che è di per sé elemento imprescindibile per l’attuazione effettiva del progetto riabilitativo di cui al 3° comma dell’art.27 Cost.
La funzione retributiva, così invocata dal precetto costituzionale, si attua con la verifica costante dei progressi rieducativi al fine di ottenere un pieno sostegno al recupero e un aiuto al reinserimento del detenuto.
Sporadici gli interventi volti alla tutela dei diritti di tali lavoratori: diritto ad avere un ambiente di lavoro sano, diritto alla salute, al benessere psico-fisico; è indispensabile che tale lacuna sia compensata con una attività ridotta in termini di permanenza nel contesto lavorativo.
Ad oggi il finanziamento degli oneri derivanti dai lavori usuranti va ricondotto al sistema pensionistico nel suo complesso, con un indispensabile apporto dello Stato agli Enti Previdenziali. Tale concorso non può superare il 20% del corrispondente onere ed è attribuito nell’ambito delle risorse preordinate a tale scopo.
Si avverte dunque l’esigenza di una nuova proposta legislativa volta ad estendere a coloro che operano negli istituti penitenziari le disposizioni relative al lavoro usurante, di concedere a queste particolari categorie (riconoscendo carattere di straordinarietà alla loro attività) tutti i benefici pensionistici che si traducono nella riduzione dell’età anagrafica e di contribuzione, senza che il loro costo ricada sulla categoria stessa.
La proposta di legge, che consta di un solo articolo, e prevede appunto, che i benefici stabiliti dall’art.2, comma 1, del decreto legislativo 11 agosto 1993 n. 374, siano riconosciuti anche agli operatori degli istituti penitenziari.

ART. 1.

1. In attesa della definizione, tra le parti sociali, dei criteri di attuazione delle disposizioni in materia di benefici per le attività usuranti, decreto legislativo 11
agosto 1993, n. 374, e successive modificazioni, ai lavoratori e alle lavoratrici operanti negli istituti penitenziari e‘ riconosciuto il beneficio della riduzione dei requisiti di età anagrafica e contributiva previsti dall’articolo 2, comma 1, del medesimo decreto legislativo n. 374 del 1993, e successive modificazioni, e dall’articolo 1, commi 36 e 37, della legge 8 agosto 1995, n. 335.
2. Il Ministro del lavoro e della previdenza sociale, di concerto con il Ministro
dell’economia delle finanze, sentite le organizzazioni sindacali dei lavoratori maggiormente rappresentative sul piano nazionale, provvede, con proprio decreto, ad apportare le necessarie modifiche alla tabella A allegata al decreto legislativo 11 agosto 1993, n. 374, conseguenti al riconoscimento della qualità di lavoro usurante per le attività svolte presso gli istituti penitenziari disposto ai sensi del comma 1 del presente articolo.