L'ARCHIVIO DI OLTREILCARCERE

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venerdì 30 maggio 2008

Giustizia: 196mila arresti nel 2007, ma solo 1 su 3 in carcere

redazione ristretti orizzonti


N.d.R. - All’articolo di Marco Ludovico ci sembra doveroso premettere una piccola nota, concedendo all’autore e al Sole 24 Ore il "beneficio del dubbio" di aver elaborato un ragionamento senza conoscere a fondo i meccanismi della Giustizia.

Nel 2007 le forze dell’ordine hanno arrestato oltre 196.000 persone, ma quelle che effettivamente sono state immatricolate in un Istituto di pena sono state 90.441… questo perché, evidentemente, per le restanti 106.000 circa non c’erano nemmeno gli estremi per richiedere la convalida dell’arresto al Gip! Tra le 90.441 persone entrate in un carcere 22.423 sono uscite entro 48 ore e tutti coloro che conoscono bene la giustizia e il carcere sanno che questo è potuto succedere solo perché il GIP (Giudice delle Indagini Preliminari) non ha convalidato l’arresto, ritenendo insussistenti o insufficienti le motivazioni per disporre la custodia cautelare in carcere. Concludendo, dei 196.000 arresti eseguiti nel 2007, soltanto 70.000 erano realmente motivati dalle disposizioni di legge vigenti (motivi cautelari o di esecuzione della pena).


Oltre 196.000 arresti nel 2007: solo uno su quattro in carcere più di 10 giorni

di Marco Ludovico

Il Sole 24 Ore, 30 maggio 2008

Carcere virtuale. Nel 2007 sono usciti dagli istituti di pena circa 85 mila detenuti. A guardare le statistiche aggiornate del Dap (il Dipartimento dell’Amministrazione penitenziaria presso il ministero della Giustizia) sulla loro permanenza, si nota che sono rimasti in cella soltanto per uno o due giorni 22.423 persone, tra imputati e condannati. Per quelli che hanno scontato da tre fino a 10 giorni, il totale ammonta a 13.157. Se sommiamo anche i 7.146 carcerati rimasti fino a un mese dietro le sbarre, il totale complessivo supera le 42mila unità.

In sostanza, la metà degli 85 mila detenuti è rimasta in prigione per un periodo minimo, quasi simbolico. Se poi aggiungiamo chi, dopo essere stato arrestato, in carcere non ha messo mai piede, si arriva a un dato per cui in un solo caso su quattro si resta in carcere oltre 10 giorni.

Cifre, queste, che stridono con quelle dell’attività delle forze di Polizia. Perché gli ultimi dati del Viminale dicono che l’anno scorso le persone denunciate in stato di libertà sono state oltre 665mila, mentre quelle arrestate o fermate sono quasi 200 mila.

Un dato, quest’ultimo, che consolida la crescita continua degli anni precedenti. Davanti ad un andamento altalenante dei reati (che ha visto un incremento fino al primo semestre 2007 e una flessione a partire dal secondo), le statistiche sugli arresti sono a senso unico e dicono che Polizia di Stato, Arma dei Carabinieri e Guardia di Finanza oggi arrestano e fermano più criminali (presunti) di ieri: quasi il doppio in quattro anni, da 124 mila a 196 mila.

Forse invano, però. Perché, a incrociare i numeri del Dap con quelli del ministero dell’Interno, sembra che l’attività delle forze dell’ordine rischia di essere quella di svuotare il mare col secchiello. Da qui la denuncia contenuta nell’audizione di ieri al Senato del capo della Polizia, Antonio Manganelli.

La certezza (che non c’è) della pena è un tema oggi politicamente forte, che tuttavia è passato, senza risultati, per ogni agenda del ministro dell’Interno: per ultimi l’avevano rilanciato sia Giuliano Amato che Beppe Pisanu, predecessori di Roberto Maroni. Amato, in particolare, aveva varato un ddl ad hoc, rimasto però nei cassetti del Parlamento.

I dati attuali testimoniano un problema irrisolto. Nelle 85 mila uscite dell’anno scorso dalle carceri sono compresi anche 10mila detenuti che hanno avuto una pena da 12 fino a 18 mesi: nel 2007, quindi, erano già reclusi. Se li sottraiamo al totale, il risultato è che dal carcere sono entrati e usciti in un anno in 75mila, a fronte delle circa 200mila persone arrestate o fermate dalle forze di Polizia. In teoria, quindi, oltre 100mila incriminati - con un provvedimento del giudice o comunque convalidato dall’autorità giudiziaria - l’istituto di penitenza non l’hanno neanche visto.

I motivi sono molteplici. Intanto ci sono coloro che passano il periodo del fermo in una caserma dei carabinieri, per esempio, e poi sono messi in libertà dal giudice. Poi scattano altri meccanismi, come la sospensione della pena o le riduzioni per i benefici di legge: l’articolazione delle possibilità è molto frastagliata. Il risultato finale, comunque, è quello di una larga permanenza in carcere per la durata di un weekend: sia che si tratti di imputati (oltre il 30%) sia dei condannati (26%). Da tre a 10 giorni le cifre sono sempre alte: il 18,4% degli imputati, il 15% dei condannati. In percentuale, sono le quote più grandi.

Sul tema ieri il direttore del Dap, Giovanni Ferrara, in Parlamento ha sottolineato come ci sia oggi "l’inversione del rapporto storico tra detenuti in attesa di giudizio e detenuti definitivi: i primi rappresentano il 60% del totale, a conferma - fa notare Ferrara - che la lentezza dei processi incide in modo pesante sulle difficoltà di gestione del sistema". Gli istituti di pena, peraltro, restano insufficienti rispetto alla popolazione carceraria. Il direttore del Dap ha spiegato che "con l’indulto il numero dei detenuti era sceso dai 62mila del luglio 2006 a 38mila. Dopo venti mesi, siamo tornati a quota 54mila, già oltre il limite previsto dall’attuale sistema".

Il paradosso del pacchetto sicurezza, ora in discussione in Parlamento, è che il reato di immigrazione clandestina rischia di portare al tracollo dei penitenziari. Il Governo si è affrettato a precisare che la norma vale per i nuovi ingressi, da quando sarà in vigore il disegno di legge. Applicarla subito avrebbe significato una débacle.

Nel 2007, il 50% dei 90mila nuovi entrati nelle carceri italiane erano stranieri. Lo ha reso noto il capo del Dipartimento dell’amministrazione penitenziaria, Ettore Ferrara, nella audizione davanti alle commissioni riunite Affari costituzionali e Giustizia del Senato. "La percentuale di stranieri in carcere - ha spiegato - è in costante crescita. Agli inizi degli anni ‘90 era ancora attestata intorno al 15%, oggi rappresenta invece il 38%", con conseguenti, inevitabili "problemi di funzionamento".

"In particolare - ha aggiunto Ferrara -, circa 16.100 dei detenuti stranieri proviene da Paesi extracomunitari, il 72% da Marocco, Albania, Tunisia, Algeria, Nigeria, ex Jugoslavia e Senegal: i comunitari sono circa 3.800, e il 73% di questi ultimi (in termini assoluti, circa 2.400) romeni".

Infine, la proposta: "Ogni detenuto ci costa 200 euro al giorno, se proponessimo ai paesi d’origine dei clandestini un pagamento di 50 euro al giorno per ogni immigrato che viene riaccolto in patria, forse potremmo sollecitare una collaborazione nel contrasto alla clandestinità".