Carcere/Giustizia:Per abolire la Gozzini ci vogliono due miliardi di euro l’anno
di Dimitri Buffa
www.opinione.it, 17 giugno 2008
Per abolire la Gozzini ci vogliono due miliardi di euro l’anno. Ecco quanto costerà in più allo Stato la demagogia forcaiola. Si fa presto a dire "aboliamo la legge Gozzini per avere pene più certe". E a mandare avanti un disegno di legge in tal senso come quello del senatore di An Filippo Berselli, Presidente della commissione Giustizia al Senato. Tuttavia bisogna fare i conti con l’oste. Cioè con l’aggravio di spese, enorme, circa 2 miliardi e 100 milioni di euro l’anno, secondo stime molto prudenti, per l’erario dello stato. I calcoli sono presto fatti: ogni anno sono ammessi ai benefici della Gozzini non meno di 20 o 30 mila detenuti e ognuno di loro costerebbe più di duecento euro al giorno allo stato, qualora fosse da mantenere nelle patrie galere. Con l’affidamento ai servizi sociali o al lavoro esterno invece non costa più nulla e in più produce, perché lavora. Poi c’è un piccolo particolare che taglia la testa al toro: per custodire questo futuro esercito di carcerati, o delinquenti che dir si voglia, occorrerebbero come minimo altrettanti istituti penitenziari di quelli già presenti sul suolo italiano. Ma occorrerebbero subito. Ieri, non domani.
Invece, con costi pari a quelli di una manovra finanziaria, ci vorrebbero almeno dieci anni per realizzare le nuove galere. Poi se si calcola il costo sociale di una recidività che si impennerebbe immediatamente da meno dell’1% al 30%, che è la percentuale media per i criminali cui la Gozzini non può venire applicata, le previsioni di spesa diventerebbero praticamente non gestibili. Per cui, per chi vuole portare avanti questa battaglia che in molti definiscono di retroguardia, il suggerimento è di farsi prima due conti a tavolino. Già oggi, contrariamente a quanto viene detto dai promotori della sua abolizione, l’accesso ai benefici avviene con notevole difficoltà ed è praticamente non raggiungibile per i reati più gravi. Si parla ovviamente di mafia o di terrorismo o di rapimento a scopo d’estorsione. E l’unica eccezione per chi tra quanti abbiano commesso reati di questa indole aneli ai benefici della Gozzini è pentirsi. Cioè fare da delatore o da collaboratore di giustizia che dir si voglia. I detenuti potenziali da 41 bis possono beneficiare di permessi e semilibertà soltanto in caso di collaborazione con la giustizia, altrimenti restano esclusi. Per l’omicidio o il traffico internazionale di stupefacenti, già dagli anni 90 l’accesso ai permessi era stato reso possibile solo dopo aver scontato metà della pena o due terzi dopo la ottenuta semilibertà.
Inoltre, una volta raggiunti i termini minimi di legge per depositare la domanda, non vi è alcun automatismo, ma inizia un lungo e complicato percorso di osservazione penitenziaria, contrassegnato da sistematici rinvii e rigetti che rendono l’approdo ai benefici un vero percorso di guerra. Il problema per cui rischiano di pagare tutti, compresi i contribuenti italiani, è nato da qualche generosità di troppo di alcuni giudici, in passato, e per casi clamorosi. Ma in certi frangenti nessuno può essere esente dal sospetto di corruzione. Il caso più eclatante è stato quello di Angelo Izzo, il massacratore del Circeo tornato a uccidere e violentare dopo l’ottenuta semilibertà. La logica avrebbe richiesto un serio esame da parte del Csm del provvedimento del magistrato e magari l’avvio di un procedimento disciplinare, o se del caso penale, contro di lui per l’errore commesso. Se di errore si era trattato. Invece se l’è cavata con un’intervista in lacrime a qualche giornale.
D’altronde i criteri richiesti per l’accesso sono in realtà estremamente selettivi e richiedono, oltre ai requisiti di tipo soggettivo, documentati dall’osservazione penitenziaria interna al carcere, anche requisiti oggettivi come un lavoro e una residenza. Elementi che escludono di fatto gli stranieri, che rappresentano ormai oltre un terzo dei reclusi. Insomma l’ossessione mediatico-demagogica che denuncia a tamburo battente il permissivismo carcerario, non dice la verità. Ma rappresenta in maniera distorta una propria "verità" strumentale come al solito utilizzata per comprimere gli spazi di libertà anche per gli ex delinquenti che sono stati recuperati alla società. O peggio ancora per i cittadini qualsiasi che delinquenti non sono stati mai.
E sarà un caso che in Italia questo disegno forcaiolo e così poco pragmatico viene portato avanti sempre da quei partiti la cui passata ideologia si rifà al fascismo o al comunismo? Con contorno dei giustizialisti alla Di Pietro, ideologi repressivi dell’ultima ora? Infine una notazione sulle vere ragioni per cui si vedono tanti assassini in libertà: più che prendersela con la legge Gozzini, si abbia il coraggio di dire qualche parolina sugli automatismi con cui viene applicata la legge sui pentiti. Se si promette a Brusca la libertà in cambio di accuse a gente che in galera già ci sta e magari con qualche ergastolo definitivo sul groppone, cioè in pratica gli si fa un regalo, poi non ci si lamenti se chi scioglie i ragazzini nell’acido come lui, sta a spasso. E magari torna a "mafiare" come prima di lui già fecero Totuccio Contorno e Balduccio Di Maggio. Ma da quell’orecchio le toghe e i giustizialisti trasversali non ci hanno mai voluto sentire.
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