Appello al Ministro della giustizia dei funzionari giuridico pedagogici e uepe
FIRMA APPELLO: http://www.activism.com/it_IT/petizione/lettera-funzionari-giuridico-pedagogici-e-uepe-a-ministro-giustizia-e-capo-dap/38772
Al Sig, Ministro per la Giustizia
Prof. Paola SEVERINO
capo.gabinetto@giustiziacert.it
Al Sig. Capo del DAP
Pres.te Giovanni TAMBURINO
relazioniesterne.dap@giustizia.it
Non si può non convenire con le considerazioni dei dirigenti penitenziari, firmatari di un appello già trasmesso alle SS.LL.: il Decreto Legge 95 del 6 luglio 2012, con la relativa legge di conversione ormai approvata, produrrà un effetto devastante nel sistema penitenziario.
Si consideri infatti che l’ultima immissione in ruolo di direttori di istituto risale al 1997 e di direttori di Uepe risale al 1998 e che di contro, dal 2005 al 2012, sono stati immessi in ruolo n. 516 commissari di polizia penitenziaria, a cui è stato attribuito il compito di assicurare l’ordine e la sicurezza all’interno degli istituti, avvalendosi del corpo di polizia, composto, al 31 agosto 2012, da n. 37.127 poliziotti penitenziari. Queste scelte testimoniano in modo evidente un’attenzione prevalente dell’Amministrazione penitenziaria alla garanzia dell’ordine e della sicurezza. Si tratta di funzioni senz’altro fondamentali e necessarie, che inevitabilmente comportano – come ormai spesso accade - che, se ogni istituto ha in forza uno o addirittura più Commissari, ma neanche un Direttore titolare, il potere di assumere decisioni importanti per la vita di tutto l’istituto e quindi di tutti i detenuti, oltre che degli altri operatori civili presenti (Educatori, Psicologi, Contabili, Amministrativi) sarà demandata a professionalità che rappresentano e sono responsabili direttamente soltanto di uno dei compiti dell’istituzione. Ciò finisce per determinare un’azione limitata e del tutto incompleta sul piano del rispetto delle norme del nostro ordinamento che finalizzano il compito dell’Amministrazione Penitenziaria alla rieducazione del condannato attraverso un’azione tesa da un lato ad accertare “i bisogni di ciascun soggetto, connessi alle eventuali carenze fisico-psichiche, affettive, educative e sociali, che sono state di pregiudizio all’instaurazione di una normale vita di relazione” (art 27 DPR 230/00), dall’altro alla RESPONSABILIZZAZIONE DEL DETENUTO/CONDANNATO, sia rispetto alla condotta che lo ha portato a delinquere, sia rispetto all’assunzione di impegni e comportamenti utili alla “tenuta” sul piano sociale in vista del suo ritorno allo stato libero.
Se si crede in tutto questo si deve ammettere anche che investire esclusivamente in termini di sicurezza comporti il grosso rischio, invece, di incentivare un atteggiamento passivo da parte del detenuto/condannato. Soltanto un’azione sinergica tra sicurezza, trattamento interno ed esecuzione penale esterna potrà tendere allo sviluppo dell’autonomia della persona e, quindi, alla garanzia che tale autonomia venga ricondotta dentro le regole e le norme riconosciute. Si crede che solo l’equilibrio tra queste tre “forze” permetta al sistema di stare in piedi evitando l’esplosione o forse, di più, l’implosione.
I numeri sotto riportati testimoniano che la realtà dei fatti contraddice il principio appena esposto:
n. 415 dirigenti (fra cui dirigenti generali, direttori di istituto, direttori di Uepe, direttori dei vari uffici Dap e Prap)
n. 516 commissari
n. 1007 funzionari giuridico-pedagogici (educatori)
n. 1062 funzionari di servizio sociale
n. 37.127 poliziotti penitenziari di vario ordine e grado
Si chiede quindi di realizzare la coraggiosa scelta di “educare” l’opinione pubblica, trovando il coraggio di affermare che “certezza della pena” corrisponde a qualcosa di ben più complesso che alla semplice equazione punizione=sicurezza.
A testimonianza di questo parlano i fatti. In poco più di trenta anni si è, di fatto, consumata la spinta ideale che aveva prodotto una riforma penitenziaria fra le più avanzate d’Europa. La riforma è datata 1975 e l’immissione dei primi operatori cosiddetti “del trattamento” all’interno degli istituti penitenziari e nell’area penale esterna (educatori e assistenti sociali) è avvenuta nel 1979. Con grande fatica e indicibile spirito di adattamento questi operatori hanno lavorato all’abbattimento delle barriere fra carcere e città, producendo un proliferare di iniziative di civiltà, con il contributo di enti locali, associazioni di volontariato, singoli cittadini, e dei molti operatori amministrativi e poliziotti penitenziari che hanno saputo cogliere l’elemento di progresso ed interesse professionale in una concezione della pena che avesse caratteristiche non solo di umanità ma anche strumento di ricostruzione del patto sociale infranto con il reato. Il clima interno così modificatosi ha permesso fra l’altro la drastica riduzione di situazioni di conflitto e violenza fino a quel momento all’ordine del giorno, relegando ad un passato che appariva remoto le rivolte dei detenuti, i sequestri degli agenti, i fatti di sangue fra gruppi rivali. Un risultato notevole – pertanto – proprio in termini di ordine e sicurezza.
Nel corso degli ultimi anni – invece – si è assistito ad un nuovo trend ascendente di episodi gravemente conflittuali, sempre drammatici e talvolta sanguinosi, fra i detenuti e fra detenuti e operatori. Il caso Cucchi è diventato emblematico per la crudezza delle immagini e la determinazione dei parenti, ma a nostro avviso la quantità e la qualità delle morti in carcere, il numero crescente di episodi di autolesionismo, la povertà e la disperazione della gran parte della popolazione detenuta, testimoniano di una deriva culturale, morale e sociale di cui il caso Cucchi è la punta dell’iceberg.
Sentiamo il dovere di mettere in dubbio l’opinione diffusa secondo la quale il “problema” carcere, di cui oggi si sente parlare più che in passato, sia generato principalmente dal sovraffollamento e dalla carenza di personale di polizia penitenziaria. Il sovraffollamento è un problema serio e reale, che non può che diventare tragico se la vita quotidiana scorre all’interno della cella per oltre venti ore al giorno, dove persone di etnie, religione e cultura diverse condividono uno spazio irrisorio, in cui il divario economico fra detenuti pesa come un macigno e rende i più diseredati ostaggio dei più fortunati, in una dimensione relazionale di forte dipendenza da una autorità vaga e contraddittoria, che pensa e fa troppo spesso il contrario di quello che afferma.
In quanto alla carenza di personale di polizia, l’esperienza di altri paesi europei ci dimostra che il rapporto numerico agente/detenuto in Italia è fra i più alti e che forse il problema è piuttosto di tipo culturale ed organizzativo.
Ad ulteriore riprova di ciò, si segnala che in l’Italia, di contro, il rapporto numerico personale addetto al trattamento/detenuto è fra i più bassi: ed è proprio quel personale che viene considerato da questo Governo in esubero.
l direttori degli Uepe hanno sottoscritto un ulteriore documento, con cui rivolgono un accorato appello a difesa delle misure alternative alla detenzione e del difficile ma produttivo lavoro svolto nel corso di questi trenta anni che ha consentito di pervenire ad una modalità di esecuzione penale esterna metodologicamente strutturata, efficiente (il rapporto costi/benefici è positivo) ed efficace (la recidiva nelle misure alternative è “solo” al 19%).
Si ritiene quindi necessario, per un’azione “a tutto tondo” sull’esecuzione della pena, intraprendere una azione di valorizzazione del sistema trattamentale, sia interno che esterno, e finalmente investire su questo fronte tenendo ben presente che la sicurezza e la legalità si perseguono soprattutto con la prevenzione e con il recupero, rispettando la dignità di chi offende e di chi è offeso.
Ribadiamo quindi, insieme ai dirigenti della nostra amministrazione, firmatari dell’appello, che “grava sulle responsabilità del Sig. Ministro e del Signor Capo del DAP il dovere ineludibile di attuare con vigore e determinazione tutte le iniziative, politiche, di governo, istituzionali, di diffusione mediatica, finalizzate ad impedire che la già problematica e angosciante situazione penitenziaria degeneri in una condizione di irrimediabile degrado”.
Lì, 9/10/2012
Firmano e aderiscono al documento:
Liliana Lupaioli (funzionario giuridico-pedagogico Ufficio Trattamento Prap Toscana)
Salvatore Rigione (funzionario giuridico-pedagogico Ufficio Trattamento Prap Toscana)
Monica Sarno (funzionario giuridico-pedagogico Ufficio Trattamento Prap Toscana)
Susanna Rollino (funzionario di servizio sociale Ufficio EPE Prap Toscana)
Beatrice Lippi (funzionario di servizio sociale Ufficio EPE Prap Toscana)
Seguono ALTRE ADESIONI AL DOCUMENTO:
Stefano Cinotti (funzionario di Servizio Sociale Uepe Firenze)
Cristina Necchi (funzionario di Servizio Sociale Uepe Livorno)
Maria Rosaria Esposito (funzionario di Servizio Sociale Uepe Livorno)
Lucia Vetere (funzionario di Servizio Sociale Uepe Livorno)
Virginia Arcaro (funzionario di Servizio Sociale Uepe Livorno)
Daniela Farano (funzionario di Servizio Sociale Uepe Livorno)
Gian Enrico Massa (funzionario di Servizio Sociale Uepe Livorno)
Anna Cartera (funzionario di Servizio Sociale Uepe Livorno)
Antonia Clemente (funzionario di Servizio Sociale Uepe Livorno)
Maria Cristina Topi (funzionario di Servizio Sociale Uepe Livorno)
Eleonora Franza (funzionario di Servizio Sociale Uepe Livorno)
Paola Navalesi (funzionario di Servizio Sociale Uepe Livorno)
Flavia Taddei (funzionario di Servizio Sociale Uepe Livorno)
Valentina La Luce (funzionario di Servizio Sociale Uepe Livorno)
Donatella Bellandi (funzionario di Servizio Sociale Uepe Firenze – Sede Prato)
Gloria Pieroni (funzionario di Servizio Sociale Uepe Siena)
Laura Diversi (funzionario di Servizio Sociale Assistente Sociale Uepe Siena)
Sabrina Lombardi (funzionario di Servizio Sociale Assistente Sociale Uepe Siena)
Lucia Vespertino (funzionario di Servizio Sociale Assistente Sociale Uepe Siena)
Elisabetta De Angelis (funzionario di Servizio Sociale Assistente Sociale Uepe Siena)
Bruna Pisano (funzionario di Servizio Sociale Assistente Sociale Uepe Siena)
Francesca Chelotti (funzionario di Servizio Sociale Assistente Sociale Uepe Siena)
Neva D'Odorico (funzionario di Servizio Sociale Assistente Sociale Uepe Siena)
Nadia Pecoraro (Esperto Assistente Sociale Uepe Siena Progetto Master)
Claudia Cannoni (Esperto Assistente Sociale Uepe Siena Progetto Master)
Daniela Tuttolomondo (Esperto Assistente Sociale Uepe Siena Progetto Master)
Liberata Di Lorenzo (funzionario giuridico pedagogico C.C. Pisa)
Alessandra Truscello (funzionario giuridico pedagogico C.C. Pisa)
Claudia Pia Carrieri (funzionario giuridico pedagogico C.C. Pisa)
Marcella Gori (funzionario giuridico pedagogico C.C. Pisa)
Piera Paola Rocchetti (funzionario giuridico pedagogico C.C. Pisa)
Valentina Calamari (funzionario giuridico pedagogico C.C. Pisa)
Loredana Marzano (funzionario giuridico pedagogico C.C. Pisa)
Gianna Maschiti (funzionario giuridico pedagogico C.C. Gozzini_Firenze)
Elisabetta Beccai (funzionario giuridico pedagogico C.C. Gozzini_Firenze)
Gabriella Soriti (funzionario giuridico pedagogico C.C. Grosseto)
Giancarlo Di Martino (funzionario giuridico pedagogico C.C. Grosseto)
Giancarlo Di Martino (funzionario giuridico pedagogico C.C. Grosseto)
Maria Antonietta Giacalone (funzionario Organizzazione e Relazioni C.C. Grosseto)
Elisabetta Paci (Assistente Amministrativo C.C. Grosseto)
Alberto Martini (tecnico C.C. Grosseto)
Dante Catocci (funzionario contabile C.C. Grosseto)
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