Assistenti sociali: «Il carcere non deve umiliare»
vita.it /Redazione
Il Consiglio Nazionale dell’Ordine degli Assistenti Sociali esprime grande preoccupazione per la situazione delle carceri in Italia.
«La condanna di Strasburgo è solo l’ultimo dei richiami che vengono rivolti al nostro Paese per l’emergenza sovraffollamento dei penitenziari – dichiara Edda Samory, presidente del Consiglio Nazionale dell’Ordine. L’enorme disagio che si vive nelle carceri italiane ci impone l’obbligo, non solo morale, di dedicarvi maggiori risorse. Per la nostra professione, il carcere significa rieducazione, come scritto nell’art. 27 della Costituzione. Le pene non possono consistere in trattamenti contrari al senso di umanità, e questo deve significare un adeguamento delle condizioni di vita nelle carceri che tenga conto dei principi basilari propri di uno stato democratico».
Gli Assistenti Sociali che giorno dopo giorno operano per la riabilitazione dei detenuti, avvertono fortemente la necessità di discutere con loro il loro progetto di vita, per riuscire ad andare oltre il luogo di pena, verso il lavoro e l’inserimento nel tessuto sociale del nostro Paese.
«Chiediamo quindi – continua Samory – che le nostre Istituzioni raccolgano finalmente l’avvertimento dell’Unione Europea e di quanti già si sono espressi su questa linea fortemente condivisa dalla Professione. Auspichiamo anche che si possa prevedere uno snellimento delle procedure burocratiche per pensare sempre meno alle detenzioni all’interno delle carceri e sempre più a impegni e percorsi di riabilitazione. Come Ordine degli Assistenti Sociali confermiamo la nostra massima disponibilità a collaborare con le autorità e con le associazioni, per ripensare la riabilitazione dei carcerati mettendo finalmente al primo posto le persone, sia che si tratti di uomini, donne o minori, in un percorso comune di reinserimento sociale».
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