Con spending review sulle carceri falcidiati assistenti sociali e personale penitenziario
L’Unità, 19 novembre 2012- di Davide Madeddu
La scure della spending review sulle carceri. Il risultato, per il momento ipotizzato da sindacati e associazioni, è che “si rischia di far affondare una barca già piena d’acqua”. Perché con meno risorse si dovrà impiegare meno personale.
E si tratta di educatori, assistenti sociali e altre figure professionali civili che garantiscono all’interno delle prigioni d’Italia, i servizi per i detenuti. Il risultato che si otterrebbe è chiaro: taglio ai servizi per chi in carcere sconta una pena.
I numeri elaborati dalle organizzazioni sindacali sono tutt’altro che confortanti: a causa della spending re-view si dovrà fare a meno di circa un migliaio di figure professionali. Lina Lamonica, educatrice penitenziaria e dirigente della Funzione pubblica della Cgil non nasconde la preoccupazione per il futuro e il disappunto per gli effetti che i tagli, se attuati, potrebbero produrre. Parte da un fatto la sindacalista: “la rideterminazione degli organici è stata avviata nel 2006 e non si fanno concorsi per determinate figure da 10 anni”.
II resto è presto spiegato. “Rispetto alla pianta organica del 2006, gli assistenti sociali vengono falcidiati più di tutte le altre qualifiche - spiega Lina Lamonica - con numeri che si aggirano intorno al 35%: ossia - 567 su 1621”. Altra riduzione poi dovrebbe riguardare gli educatori: “I tagli sono del 27% , ovvero - 369 su 1367”. Risultato finale? “Su 2988 figure professionali che si occupano della cosiddetta area trattamentale e sociale - argomenta la sindacalista - se ne dovrebbero perdere 936, cioè il 31 per cento”.
Un dato che andrebbe in contraddizione con una eventuale politica incentrata sulla esternalizzazione della pena e delle pene alternative. “Se mancano queste figure professionali - spiega ancora la dirigente sindacale
- diventa poi difficile poterlo fare”. Lina Lamonica, cita un altro dato: “Oggi la pianta organica del Dap prevede 1630 assistenti sociali; considerato che le misure alternative seguite dagli Uepe (uffici esecuzioni penali esterne) sono pari a 24.743 e che con l’approvazione della messa alla prova e l’introduzione di nuove pene non detentive si stima che potranno esserci 40.000 condannati in esecuzione penale esterna, l’organico degli assistenti sociali (funzionario della professionalità del servizio sociale) dovrà essere necessariamente pari a 3260”. Per Patrizio Gonnella, presidente dell’associazione Antigone la spending review “rischia di dare un colpo mortale a un sistema già al collasso”.
L’esponente dell’associazione che quotidianamente si occupa dei problemi del mondo carcerario fa una riflessione: “I tagli imposti dal governo Monti al personale dirigenziale sono stati interpretati, pare, - spiega - in modo da ridurre la presenza dei direttori e rafforzare le posizioni della polizia penitenziaria”. Motivo? “Pare sia intenzione della Amministrazione Penitenziaria tagliare del 20% le piante organiche dei direttori di carcere, lasciare vacanti le sedi carcerarie con meno di cento-centocinquanta detenuti affidandone la gestione ai commissari di polizia, i quali entro breve potrebbero a loro volta acquisire funzioni e competenze dirigenziali”.
Non nasconde la perplessità Massimo Di Rienzo, direttore del carcere di Sulmona e Lanciano. “La preoccupazione è che il carcere perda la sua funzione rieducativa assumendo una funzione securitaria di mero contenimento”. Motivo? “Si vanno a tagliare gli assistenti sociali, gli educatori, i dirigenti e direttori del servizio sociale - spiega - quelli che si occupano del settore trattamentale e della rieducazione”.
Non è tutto. “La figura del direttore come autorità civile e momento di equilibro e compensazione verrebbe a scomparire - spiega - perché ogni direttore dovrebbe dirigere più di una struttura. Se tagliano l’organico ci saranno 70 direttori in meno per gli istituti penitenziari d’Italia”.
Toto Chiaramonte, segretario nazionale della Funzione pubblica della Cgil non usa giri di parole. “Ci troviamo davanti a un problema che è quello dei cosiddetti esuberi, in questo caso ballano circa mille posti di lavoro. Il fatto vero è che si dovrebbe invece rafforzare un sistema che dovrebbe ricevere più lavoro”. Per l’esponente della Cgil la soluzione al problema passa per un cambiamento politico. Il modo? “Uno degli strumenti più semplici è quello della depenalizzazione di reati come quelli legati agli stupefacenti, o all’immigrazione”.
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