L'ARCHIVIO DI OLTREILCARCERE

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venerdì 9 novembre 2012

La "spending review" arriva nelle carceri, si va verso il taglio del 20% dei direttori

di Patrizio Gonnella- Italia Oggi, 8 novembre 2012


La spending review arriva in carcere e rischia di dare il colpo mortale a un sistema già al collasso. Il ministero della Giustizia mette mano alla dirigenza penitenziaria e ai fondi per la manutenzione ordinaria e straordinaria degli istituti penitenziari.

I tagli imposti dal Governo Monti al personale dirigenziale sono stati interpretati, pare, in modo da ridurre la presenza dei direttori e rafforzare le posizioni della polizia penitenziaria. Va ricordato che nelle carceri italiane il direttore non è un poliziotto, bensì è un impiegato pubblico, vincitore di apposito concorso riservato a laureati. Il direttore è posto gerarchicamente al di sopra rispetto a tutti gli altri operatori, compresi i poliziotti penitenziari. È stata questa una scelta organizzativa pensata per assicurare pieno rispetto dell’articolo 27 della Costituzione che assegna alla pena una funzione rieducativa.

La polizia penitenziaria deve quindi eseguire gli ordini del direttore. Approfittando della spending review, dalle bozze che girano in ambienti Dap, pare venga messo in discussione questo modello, e si punti su una organizzazione del lavoro che tenga conto della rappresentanza corposa in termini numerici e sindacale della polizia penitenziaria. Pare sia intenzione della Amministrazione penitenziaria tagliare del 20% le piante organiche dei direttori di carcere, lasciare vacanti le sedi carcerarie con meno di cento-centocinquanta detenuti affidandone la gestione ai commissari di polizia, i quali entro breve potrebbero a loro volta acquisire funzioni e competenze dirigenziali.

Per la prima volta dal dopoguerra le carceri sarebbero gestite non da personale civile ma da personale di Polizia. Una sorta di militarizzazione malvista da tutti gli altri operatori, ovvero educatori, medici, assistenti sociali, psicologi nonché gli stessi direttori. Sarebbero circa cento i direttori di carcere messi in mobilità esterna, molti dei quali divenuti dirigenti con la legge 154 del 2005 (cosiddetta legge Meduri).

Si tratta comunque di persone laureate e con esperienza di gestione degli istituti di pena. Il tutto accade mentre il sistema penitenziario è in forte sofferenza proprio per mancanza di personale qualificato. Già vi sono decine di carceri prive di direttore e che sono affidate di fatto ai comandanti di reparto, formati per gestire la sola sicurezza interna e non anche per occuparsi dei rapporti con il territorio o per far fronte alla parte manageriale più spiccatamente di bilancio e amministrativa. Ugualmente sarebbero tagliati un certo numero di dirigenti del servizio sociale. Va ricordato che da oltre vent’anni non viene espletato un concorso per assumere nuovi direttori di carcere o di servizio sociale.

Pare, inoltre, che verrebbe meno la direzione generale della esecuzione penale esterna, sostituita con una direzione generale della Polizia penitenziaria. È questa una decisione che non pare coerente con le indicazioni del capo dello Stato che più volte ha ribadito l’importanza strategica delle misure alternative alla detenzione per fronteggiare il sovraffollamento crescente.

Infine scomparirebbe la voce di bilancio della spesa per la manutenzione ordinaria e straordinaria dei fabbricati. Si rischia in questo modo che il patrimonio edilizio - come ricordato da Alessandro Margara, già capo del Dipartimento dell’Amministrazione penitenziaria e oggi garante dei diritti dei detenuti in Toscana - vada verso il degrado più totale. Già interi reparti sono qua e là chiusi perché inagibili e i detenuti vengono ammassati nelle sezioni rimaste aperte.