L'ARCHIVIO DI OLTREILCARCERE

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venerdì 1 giugno 2007

GARANTE DEI DIRITTI DELLE PERSONE PRIVATE DELLA LIBERTA' DEL COMUNE DI ROMA


NEWSLETTER CARCERE E DIRITTO- Numero 4 - maggio 2007
Uepe e polizia penitenziaria
Una decisione discutibile, editoriale di Gianfranco Spadaccia*
È assai discutibile la decisione che il Ministro della Giustizia sembra aver preso di affidare con un decreto, “in via sperimentale”, alla polizia penitenziaria il controllo dei detenuti ammessi nella fase finale della pena alle misure alternative al carcere ed assegnati per questo agli UEPE (uffici di esecuzione penale esterna).
Lo è da diversi punti di vista. Innanzitutto ci si deve chiedere se sia corretto procedere a un cambiamento così rilevante, di carattere ordinamentale, in “via sperimentale” e questo non per legge ma per decreto ministeriale. In secondo luogo ha destato qualche sorpresa che il ministro Mastella, così attento e apparentemente così pronto a recepire con il sostegno del DAP le richieste e le pressioni di una parte sia pure maggioritaria dei sindacati della polizia penitenziaria, non abbia finora, almeno a nostra conoscenza, avvertito l’opportunità di convocare tutti soggetti coinvolti nella gestione e nel controllo delle misure alternative e dell’esecuzione penale esterna, alcuni dei quali decisamente contrari - una parte dei sindacati della stessa polizia penitenziaria, gli assistenti sociali da cui dipende il trattamento dei detenuti in misura alternativa, il volontariato, tutto il volontariato impegnato nella giustizia - ed altri (alcuni giudici di sorveglianza) favorevoli solo a determinate condizioni.
C’è chi, fra i contrari, si oppone al nuovo ruolo che verrebbe assegnato alla polizia penitenziaria per ragioni di principio, temendo uno snaturamento dell’istituto delle misure alternative con l’applicazione in questo campo di controlli di tipo non cautelare ma carcerario. Altri temono che esso finirebbe per svuotare le funzioni degli assistenti sociali, a cui sono oggi affidati i percorsi trattamentali e che si vedrebbero relegati a un ruolo secondario o costretti a dinamiche conflittuali.
È probabile che alcuni di questi timori possano rivelarsi fondati. Allo stato dei fatti tuttavia la mia opposizione non è di principio ma di carattere pratico. Come ho avuto modo di dire alla assemblea dell’UGL-pol. pen., che ha avuto la cortesia di invitarmi insieme ad altri autorevoli interlocutori a discutere dell’argomento, io penso che affidarle questi nuovi compiti di controllo significherebbe falcidiare ulteriormente i già ridotti organici della polizia penitenziaria: Non so se ciò peggiorerebbe le condizioni di vita e di lavoro di chi è ammesso a misure alternative, ma certo peggiorerebbe le condizioni della custodia da cui dipendono anche in misura considerevole le condizioni di vita interne al carcere.
Date le condizioni finanziarie dell’amministrazione penitenziaria non è infatti plausibile un adeguamento degli organici. Ma anche se mi si dicesse che queste difficoltà sono magicamente superate in base a qualche tesoretto nascosto, ugualmente mi opporrei perché è evidente che la politica penitenziaria ha ben altre priorità : per esempio quello di rafforzare gli organici degli educatori e degli stessi assistenti sociali, da cui dipende il trattamento per il recupero, la rieducazione e il reinserimento dei detenuti e che, come ho già avuto modo di dire, in molte carceri sono una specie in via di estinzione.
P.S. : chi scrive non ha alcun pregiudizio nei confronti della polizia in genere e della polizia penitenziaria in particolare. Anzi può rivendicare a suo titolo di merito il fatto di essersi concretamente battuto nei lontani anni 80 non solo per la riforma penitenziaria ma per la profonda riforma di quello che allora si chiamava il corpo degli agenti di custodia e che ora è divenuto per effetto e a completamento di quelle riforme, l’attuale corpo di polizia penitenziaria
*Gianfranco Spadaccia, Garante dei diritti delle persone private della libertà, Comune di Roma.
“No deciso” della Conferenza Nazionale Volontariato e Giustizia
“No” deciso della Conferenza Nazionale Volontariato Giustizia all’ipotesi di inserimento della polizia penitenziaria negli Uffici per l’Esecuzione Penale Esterna (Uepe). Il “no” è stato ribadito nel corso della IV Assemblea Nazionale del Volontariato Giustizia, dal gruppo di lavoro sulle “misure alternative alla detenzione”.
“Premessa l’importanza della partecipazione della polizia penitenziaria al programma trattamentale all’interno degli istituti penitenziari e la necessità di una collaborazione fra tutti gli operatori - afferma la relazione conclusiva - si esprime netta contrarietà all’ipotesi della polizia penitenziaria negli Uepe e si denuncia l’incompatibilità che ne deriverebbe nella gestione delle misure alternative. Verrebbe infatti scissa, nella funzione trattamentale, la competenza di aiuto da quella di controllo, perno della misura alternativa stessa e innovazione fondamentale della nuova politica penitenziaria”.
“Come dimostrato da diverse ricerche americane, - prosegue il documento - la riduzione del trattamento in libertà a puro controllo fa aumentare immediatamente la recidiva e questo fatto genera nuove carcerazioni e nuovi sovraffollamenti, agendo quindi in completo conflitto con le possibilità di trattamento in internato”.
Afferma oggi la Conferenza nazionale volontariato giustizia: “Oggi le misure alternative, come la semilibertà o l’affidamento, si concludono con successo nell’80% dei casi seguiti e la recidiva riguarda principalmente le persone con problemi di tossicodipendenza. Chi sconta invece l’intera pena in carcere torna a delinquere in oltre il 70% dei casi. C’è da chiedersi perché e se non sia il caso di adeguare finalmente i programmi di trattamento all’interno degli istituti, ai criteri fissati dall’ordinamento penitenziario, offrendo maggiori e concrete possibilità di rieducazione e reinserimento, potenziando percorsi scolastici, formativi e lavorativi. In questo senso vediamo la necessità di un ruolo più incisivo della polizia penitenziaria, che oltre a garantire la sicurezza interna, può facilitare tali processi acquisendo maggiore professionalità e considerazione”.
E conclude: “Affidare il controllo sul territorio alla polizia penitenziaria - senza tener conto degli organici, di cui si continua a lamentare l’insufficienza - avrebbe un senso se vi fosse un’adeguata formazione e integrazione con gli altri operatori e se a tale servizio non si sovrapponesse a quello svolto in modo sistematico dalle forze dell’ordine, che non è realistico immaginare possano rinunciare ad azioni di controllo preventivo di persone pregiudicate”.
Le proposte degli Assistenti sociali
Da parte sua il Comitato di Solidarietà Assistenti Sociali, che con il proprio blog raccoglie giornalmente dichiarazioni, comunicati e critiche su tale progetto, chiede al Ministro e all’amministrazione penitenziaria, nonché alle forze politiche dell’attuale Governo, “di prendere in considerazione il motivato e documentato dissenso esistente sull’inserimento della polizia penitenziaria negli Uepe - dissenso manifestato dagli assistenti sociali di quasi tutti gli Uepe presenti sul territorio nazionale, da alcuni Sindacati, dalla Magistratura, dal Coordinamento Assistenti Sociali Giustizia, nonché dalla Conferenza Nazionale del Volontariato Giustizia.
“L’Ordine Nazionale degli Assistenti Sociali - si ricorda - in occasione di un incontro avuto il 16 maggio con i vertici dell’amministrazione penitenziaria ha rappresentato e riportato le ragioni e le motivazioni di disagio e le preoccupazioni degli assistenti sociali degli Uepe. In data 17 maggio è stata presentata interrogazione parlamentare dall’On. Crapolicchio (vicepresidente comitato problemi penitenziari della commissione giustizia della Camera) - primo firmatario - contro l’attuale proposta di decreto ministeriale”. “È incomprensibile - si afferma - che sia proprio l’attuale Governo attraverso un decreto del Ministro della Giustizia a concretizzare proprio quegli aspetti precedentemente criticati e non condivisi”.
Per questo il Comitato, nel considerare legittima la posizione degli assistenti sociali al pari della richiesta della polizia penitenziaria di essere “valorizzata”, chiede che “vengano trovati altri strumenti e soluzioni a quanto proposto dalla bozza di Decreto Ministeriale.
Soluzioni che permettano di attenuare le forti opposizioni che in questo periodo si sono determinate tra i vari operatori penitenziari e che partano dal superamento della previsione di inserire presso gli Uepe i nuclei di polizia penitenziaria e di assoggettarli alla Direzione di tali Uffici (in alternativa possono essere individuate altre soluzioni in grado di garantire agli Uepe di poter continuare ad essere a tutti gli effetti dei Servizi Sociali della Giustizia, aperti alla multi - professionalità affine al Servizio Sociale) e dall’escludere tra l’eventuale competenza della polizia penitenziaria sulle misure alternative al carcere, proprio per la sua particolare caratterizzazione e nel rispetto art.72 dell’Ordinamento penitenziario e dell’art.118 del Regolamento d’Esecuzione, il controllo della misura alternativa dell’Affidamento in Prova al Servizio Sociale”.
Il Comitato di Solidarietà chiede infine che tali proposte “escano da un progetto complessivo di riforma del sistema delle misure alternative (che tenga conto anche delle prospettive di riforma del codice penale e del disegno di legge Mastella sulla messa alla prova), al quale si può giungere attraverso lo strumento della “Conferenza Nazionale dell’Esecuzione Penale”, proposto sulla stampa dal Sottosegretario On. Manconi. Conferenza che coinvolga in un percorso preparatorio, il personale degli Uepe, la polizia penitenziaria, i sindacati, le forze politiche, il volontariato ed il terzo settore e che affronti in modo concreto il tema delle riforme, del ruolo, dei mezzi, delle risorse che servono per fare funzionare meglio le misure alternative e gli Uepe, centrali in tale sistema”.