L'ARCHIVIO DI OLTREILCARCERE

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venerdì 25 gennaio 2008

Social news

Il senso della sicurezza
25.1.2008
Secondo l’opinione dei sociologi il pregiudizio generato da paure ed ossessioni nei confronti di individui appartenenti ad un’etnia o cultura diversa dalla propria si trasforma sovente in razzismo. Le paure dell’invasione e della globalizzazione facilitano poi il connubio extracomunitario-ladro/stupratore/omicida che sembra essere diventato uno stereotipo comune. Ma il problema della sicurezza e della criminalità presenta altre sfaccettature socio-economiche che dovrebbero essere prese in esame e che condizionano i percorsi di ogni individuo come la povertà, la mancanza di lavoro, il basso livello di istruzione, la tossicodipendenza e, non ultime, le esperienze traumatiche di una vita poco fortunata. D'altra parte la secolarizzazione del mondo occidentale con il progressivo indebolimento delle ideologie e delle fedi religiose ha portato ad un disorientamento nei confronti dei valori e della morale spingendo l’individuo alla ricerca ossessiva del piacere. Se poi consideriamo che la nostra società è strutturata quasi esclusivamente sull’importanza di un’immagine vincente si può facilmente capire come molti individui siano emarginati e introdotti in percorsi devianti. Ed è proprio su questi aspetti che si inserisce l’utilizzo della violenza nella prevaricazione fisica e psicologica dell’altro, dei più deboli, delle donne, sui bambini o nel condizionamento delle masse e della folla che si traduce nei drammatici avvenimenti degli stadi o delle manifestazioni come il G8 di Genova. Una questione rilevante da porsi è però quanto tutto questo sia legato alla nostra personale percezione del fenomeno o al modo in cui lo stesso fenomeno è visto o rappresentato da opinionisti, persone con responsabilità politiche e istituzionali e dagli organi di comunicazione di massa. Evocare lo spettro della microcriminalità (lavavetri, venditori abusivi, barboni, questuanti) come grave pericolo da combattere non prendendo adeguati provvedimenti, almeno paritari, verso la criminalità organizzata, la mafia e le lobby del mercato umano e della droga quantomeno rende perplessi se non completamente sfiduciati. è possibile anche che, pur a fronte di un livello stazionario dei dati sulla criminalità, le nostre aspettative di sicurezza siano aumentate, così come l’idea del diritto ad una vita soddisfacente. Nel contempo è aumentato il numero delle persone anziane, sicuramente più timorose e deboli. Poi la frenesia della competizione sociale ha tolto tempo al rapporto umano creando società sempre più solitarie ed anonime con istituzioni burocratizzate e servizi sempre più impersonali che trasmettono insicurezza. Infine in un contesto di scarsa e spesso discutibile applicazione dei regimi detentivi, non investire sul reinserimento sociale dei detenuti ha favorito la reiterazione del reato quando questi tornano in libertà. Rispetto ai secoli e agli anni passati quindi non sembra che ci sia stato un aumento di violenza e criminalità ma invece è evidente come sono diverse le modalità e le tipologie in cui queste vengono espresse. è probabile che forme sommerse siano venute allo scoperto, sicuramente difficile è l'interazione di nuove culture, e gli strumenti mediatici sono ridondanti e vengano strumentalizzati. Di certo oggi lo scenario è cambiato e proprio per questo le istituzioni, il potere politico (e soprattutto quello economico) devono individuare le risposte più appropriate in modo che i cittadini possano considerarsi oltre che “consensi elettorali" anche persone sicure.

Massimiliano Fanni Canelles
direttore Social News