L'ARCHIVIO DI OLTREILCARCERE

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domenica 28 settembre 2008

Giustizia/Sicurezza: World Social Summit- la paura è la "colpa dei media"

di Alessia Grossi

L’Unità 26 settembre 2008

"Ciò che è certo è che è importante combattere la paura della paura". A dare qualche prima certezza sulla questione delle paure globali è il sociologo Michel Maffessoli nel suo intervento al secondo giorno del World Social Summit di Roma. Ma come fare a non avere paura? Al di là delle soluzioni possibili, quelle tipiche del pensiero moderno e contemporaneo, quello di Marx,ad esempio, "la vera catarsi oggi si trova nei mezzi di comunicazione interattiva". Insomma nel momento in cui la fragilità delle istituzioni impedisce di aggrapparsi alle ideologie che immaginano un mondo perfetto ecco che arrivano i giochi di ruolo, quelli che permettono a tutti di reinventarsi e in qualche caso anche si simulare un’altra identità, un’altra vita, un altro mondo possibile. "Un po’ come succedeva nell’antichità con i baccanali nel mondo greco e le feste, quelle virtuali e momentanee evasioni che concedono a tutti un momento di purificazione dalla vita stessa, un attimo folle in cui il immaginare come a teatro che se il male esiste è possibile purificarsi". Contro il fare finta di non aver paura Maffessoli invita "a vivere la paura, affrontarla come un gioco accettare il ritorno del tragico. Ma soprattutto - dice il sociologo - è il "fare con", il buon uso di "questo e di quello" che aiuta l’uomo a convivere con la sua ombra".

Ed è proprio la condivisione ciò che manca ai cittadini del mondo stando al rapporto del Censis. Al di là delle grandi paure, comuni solo al 10 per cento dei cittadini delle metropoli, infatti, i timori e le ansie più gettonate nelle risposte degli intervistati riguardano tutti la paura di perdere le capacità psicofisiche. Paure ancestrali, dunque, che come suggerito anche dal sociologo Frank Furedi , "ci rendono più vulnerabili come collettività al punto che non parliamo più nemmeno con i vicini di casa e viviamo nel nostro intimo". Inversamente proporzionali alla globalizzazione, dunque, i timori che questa investa la quotidianità di ognuno fa in modo che paradossalmente sia proprio la dimensione individuale a prevalere. Al punto che mancando uno stato sociale in grado di proteggere il singolo succede che siano i più poveri ad avere la percezione di essere in pericolo. A sorpresa la paura dei newyorkesi, infatti - dice il Censis - è quella di non poter reggere il proprio tenore di vita e la paura degli attentati terroristici viene solo dopo.

Niente da temere, però, secondo l’architetto Massimiliano Fuksas. Sarà proprio il superamento delle certezze del passato e il caos, inteso come imprevedibilità a riportare i cittadini ad un’organizzazione sociale e collettiva degli spazi che aiuti tutti a non avere più paura. L’esempio lo dà l’India raccontata da Suketu Metha, autore di Maximum City. La ricerca del Censis dice che Mumbay è tra le città più ottimiste. "Questo perché - spiega lo scrittore indiano - il nostro è un sistema basato sulla solidarietà. Gli indiani sanno che davanti alla catastrofe naturale il senso di autogoverno che si crea tra i cittadini risolverà la crisi. Nessuno punta sul governo centrale per gli aiuti, ognuno si assume le proprie responsabilità e crea la rete di speranza nel futuro".

L’Italia non è l’India. Anzi, nonostante le similarità tra i due paesi ricordate da Metha, come il "disastro della compagnia aerea nazionale, l’amore per il cibo, e un premier italiano", la paura e la solidarietà italiana e quella indiana hanno natura e conseguenze opposte. "In Campania, ad esempio - spiega Roberto Saviano - è il sistema camorristico a gestire la paura. E la solidarietà di cui parla Metha, è lo strumento della camorra che alimenta la paura e poi la sfrutta per sostituirsi allo Stato. Al punto - continua Saviano - che i cittadini non hanno più nemmeno la percezione della paura. Nemmeno la morte fa paura. Perché il guadagno che deriva dal rischio di morire è più conveniente. Il sistema si alimenta con la paura e la "compra" per alimentarsi".

Così, apparentemente in contro tendenza con l’intero appello del summit, Saviano arriva ad augurarsi che "in Campania arrivi la paura, meglio del freddo distacco". Non sempre la paura porta un segno negativo. Altra certezza.