L'ARCHIVIO DI OLTREILCARCERE

Dal 2007 al 2014 sono stati pubblicati più di 1300 documenti che hanno trattato argomenti riferiti al Servizio Sociale della Giustizia, agli Uffici per l'Esecuzione Penale Esterna, al Sistema dell'Esecuzione Penale Esterna attraverso solidarietaasmilano.blocspot.com

martedì 17 novembre 2009

SPRECHI – Per i braccialetti elettronici inutilizzati un ottimo affare ma solo per Telecom

Cartebollate- nov/dic 2009
Il sistema penitenziario è al collasso, ha raggiunto i 64 mila detenuti con un esubero di 20 mila sulla capienza degli istituti penitenziari, il ministro Angelino Alfano parla di costruzione di nuove carceri, ammettendo contestualmente che non ci sono i soldi per finanziare il piano e lo Stato regala soldi a Telecom, la bellezza di 6 milioni di euro all’anno, per i fantomatici braccialetti elettronici, di fatto inutilizzati.
Tutti ricorderanno la campagna fatta in vista delle elezioni, che presentava il braccialetto elettronico come un toccasana per svuotare le carceri italiane.
Bene, a quanto pare l’unico beneficio è andato a vantaggio della compagnia telefonica italiana.
Tenendo conto che il contratto firmato nel 2001 con Telecom è decennale, il cadeau che il ministero dell’Interno ha deciso di farle ammonta a parecchi milioni di euro.
La denuncia parte da Donato Capece, segretario del Sappe (Sindacato Autonomo Polizia Penitenziaria). “Lo Stato, il ministero dell’Interno - dice -, paga sei milioni di euro l’anno, anche quest’anno, per il nolo dei braccialetti elettronici per i detenuti, che non vengono utilizzati. Si sono dimostrati inefficaci, e oggi la loro tecnologia è obsoleta. Sono tenuti in una stanza blindata al Viminale. Purtroppo il contratto firmato con la Telecom nel 2001 obbliga lo Stato a pagare e non solo, c’è anche una clausola che obbliga lo Stato a non poter usare altre apparecchiature fino al 2011. E intanto il ministero paga 6 milioni di euro l’anno”. Capece aggiunge: “Sappiamo che il Piano carceri prevede la costruzione di 15 nuovi istituti e il reperimento di 7mila nuovi posti attraverso la costruzione di nuovi padiglioni nei penitenziari già esistenti. Ma i soldi non ci sono. Ci sono solo 200 milioni di euro messi a disposizione dal ministero delle Infrastrutture. Tutto il resto delle risorse finanziarie è da trovare. Bisogna avere il coraggio di trovare misure alternative e pensare a carceri più a misura d’uomo. In carcere devono stare i detenuti con reati socialmente pericolosi o gravi, per tutti gli altri bisogna pensare ad altre soluzioni. Altrimenti il sistema carcerario, che per fine anno potrebbe vedere oltre 70mila reclusi, è destinato ad esplodere”.
Quanti sono i braccialetti inutilizzati? Francesco Pirinoli, uno dei maggiori consulenti informatici delle Procure della Repubblica, in particolare quella milanese, nonché azionista della “Monitoring Italia”, una delle due società che forniscono a Telecom Italia sistemi per il controllo a distanza dei detenuti, ha dichiarato: “Abbiamo 200 braccialetti elettronici (altri duecento sono forniti da una società israeliana), ma utilizzati soltanto una decina”.
Dunque, mentre in Gran Bretagna sono circa 13mila i detenuti controllati a distanza e quasi altrettanti in Francia, da noi si spendono 6 milioni di euro all’anno per dotare 10 detenuti di questi sistemi di controllo: un braccialetto di diamanti costerebbe meno.
La senatrice radicale eletta nelle liste del Pd Donatella Poretti, insieme al senatore Marco Perduca, ha presentato un’interrogazione in cui chiede “che venga reso noto il contratto stipulato con Telecom Italia, le clausole e i vincoli per lo Stato e per il gestore telefonico, nonché lo stato di attuazione per le due parti contraenti”.
Chiede inoltre quanti sono i braccialetti in funzione, “con quali costi ciascuno e dove sono localizzati i detenuti, se e quali tipi di problemi hanno mostrato”.
A fronte del basso numero di braccialetti elettronici utilizzati in Italia rispetto ad altri Paesi europei come la Gran Bretagna e la Francia, vuole sapere “quali sono le cause ostative per questo tipo di misure alternative alla detenzione in carcere, se risiedono nella magistratura o nella tecnologia”.
Infine, visto lo stato di sovraffollamento dei nostri istituti penitenziari con oltre 20mila detenuti rispetto alla capienza, e l’elevato numero di detenuti in attesa di giudizio, la senatrice chiede quali misure intenda adottare il guardasigilli “per rendere più fruibili e incentivare le misure alternative alla detenzione in carcere”.
In attesa delle risposte del ministro, ci chiediamo se quei quattrini non potrebbero essere spesi più utilmente: per misure alternative efficaci per esempio, o per dare una casa ai terremotati abruzzesi o per soccorrere le popolazioni della già devastata Sicilia.
La Redazione