GARANTE DEI DIRITTI DELLE PERSONE PRIVATE DELLA LIBERTA' DEL COMUNE DI ROMA
NEWSLETTER CARCERE E DIRITTO- Numero 4
Uepe e polizia penitenziaria una decisione discutibile
Gianfranco Spadaccia*
È assai discutibile la decisione che il Ministro della Giustizia sembra aver preso di affidare con un decreto, “in via sperimentale”, alla polizia penitenziaria il controllo dei detenuti ammessi nella fase finale della pena alle misure alternative al carcere ed assegnati per questo agli UEPE (uffici di esecuzione penale esterna).
Lo è da diversi punti di vista. Innanzitutto ci si deve chiedere se sia corretto procedere a un cambiamento così rilevante, di carattere ordinamentale, in “via sperimentale” e questo non per legge ma per decreto ministeriale. In secondo luogo ha destato qualche sorpresa che il ministro Mastella, così attento e apparentemente così pronto a recepire con il sostegno del DAP le richieste e le pressioni di una parte sia pure maggioritaria dei sindacati della polizia penitenziaria, non abbia finora, almeno a nostra conoscenza, avvertito l’opportunità di convocare tutti soggetti coinvolti nella gestione e nel controllo delle misure alternative e dell’esecuzione penale esterna, alcuni dei quali decisamente contrari - una parte dei sindacati della stessa polizia penitenziaria, gli assistenti sociali da cui dipende il trattamento dei detenuti in misura alternativa, il volontariato, tutto il volontariato impegnato nella giustizia - ed altri (alcuni giudici di sorveglianza) favorevoli solo a determinate condizioni.
C’è chi, fra i contrari, si oppone al nuovo ruolo che verrebbe assegnato alla polizia penitenziaria per ragioni di principio, temendo uno snaturamento dell’istituto delle misure alternative con l’applicazione in questo campo di controlli di tipo non cautelare ma carcerario. Altri temono che esso finirebbe per svuotare le funzioni degli assistenti sociali, a cui sono oggi affidati i percorsi trattamentali e che si vedrebbero relegati a un ruolo secondario o costretti a dinamiche conflittuali.È probabile che alcuni di questi timori possano rivelarsi fondati. Allo stato dei fatti tuttavia la mia opposizione non è di principio ma di carattere pratico. Come ho avuto modo di dire alla assemblea dell’UGL-pol. pen., che ha avuto la cortesia di invitarmi insieme ad altri autorevoli interlocutori a discutere dell’argomento, io penso che affidarle questi nuovi compiti di controllo significherebbe falcidiare ulteriormente i già ridotti organici della polizia penitenziaria: Non so se ciò peggiorerebbe le condizioni di vita e di lavoro di chi è ammesso a misure alternative, ma certo peggiorerebbe le condizioni della custodia da cui dipendono anche in misura considerevole le condizioni di vita interne al carcere.Date le condizioni finanziarie dell’amministrazione penitenziaria non è infatti plausibile un adeguamento degli organici. Ma anche se mi si dicesse che queste difficoltà sono magicamente superate in base a qualche tesoretto nascosto, ugualmente mi opporrei perché è evidente che la politica penitenziaria ha ben altre priorità : per esempio quello di rafforzare gli organici degli educatori e degli stessi assistenti sociali, da cui dipende il trattamento per il recupero, la rieducazione e il reinserimento dei detenuti e che, come ho già avuto modo di dire, in molte carceri sono una specie in via di estinzione.
P.S. : chi scrive non ha alcun pregiudizio nei confronti della polizia in genere e della polizia penitenziaria in particolare. Anzi può rivendicare a suo titolo di merito il fatto di essersi concretamente battuto nei lontani anni 80 non solo per la riforma penitenziaria ma per la profonda riforma di quello che allora si chiamava il corpo degli agenti di custodia e che ora è divenuto per effetto e a completamento di quelle riforme, l’attuale corpo di polizia penitenziaria
*Gianfranco Spadaccia, Garante dei diritti delle persone private della libertà, Comune di Roma.
Lo è da diversi punti di vista. Innanzitutto ci si deve chiedere se sia corretto procedere a un cambiamento così rilevante, di carattere ordinamentale, in “via sperimentale” e questo non per legge ma per decreto ministeriale. In secondo luogo ha destato qualche sorpresa che il ministro Mastella, così attento e apparentemente così pronto a recepire con il sostegno del DAP le richieste e le pressioni di una parte sia pure maggioritaria dei sindacati della polizia penitenziaria, non abbia finora, almeno a nostra conoscenza, avvertito l’opportunità di convocare tutti soggetti coinvolti nella gestione e nel controllo delle misure alternative e dell’esecuzione penale esterna, alcuni dei quali decisamente contrari - una parte dei sindacati della stessa polizia penitenziaria, gli assistenti sociali da cui dipende il trattamento dei detenuti in misura alternativa, il volontariato, tutto il volontariato impegnato nella giustizia - ed altri (alcuni giudici di sorveglianza) favorevoli solo a determinate condizioni.
C’è chi, fra i contrari, si oppone al nuovo ruolo che verrebbe assegnato alla polizia penitenziaria per ragioni di principio, temendo uno snaturamento dell’istituto delle misure alternative con l’applicazione in questo campo di controlli di tipo non cautelare ma carcerario. Altri temono che esso finirebbe per svuotare le funzioni degli assistenti sociali, a cui sono oggi affidati i percorsi trattamentali e che si vedrebbero relegati a un ruolo secondario o costretti a dinamiche conflittuali.È probabile che alcuni di questi timori possano rivelarsi fondati. Allo stato dei fatti tuttavia la mia opposizione non è di principio ma di carattere pratico. Come ho avuto modo di dire alla assemblea dell’UGL-pol. pen., che ha avuto la cortesia di invitarmi insieme ad altri autorevoli interlocutori a discutere dell’argomento, io penso che affidarle questi nuovi compiti di controllo significherebbe falcidiare ulteriormente i già ridotti organici della polizia penitenziaria: Non so se ciò peggiorerebbe le condizioni di vita e di lavoro di chi è ammesso a misure alternative, ma certo peggiorerebbe le condizioni della custodia da cui dipendono anche in misura considerevole le condizioni di vita interne al carcere.Date le condizioni finanziarie dell’amministrazione penitenziaria non è infatti plausibile un adeguamento degli organici. Ma anche se mi si dicesse che queste difficoltà sono magicamente superate in base a qualche tesoretto nascosto, ugualmente mi opporrei perché è evidente che la politica penitenziaria ha ben altre priorità : per esempio quello di rafforzare gli organici degli educatori e degli stessi assistenti sociali, da cui dipende il trattamento per il recupero, la rieducazione e il reinserimento dei detenuti e che, come ho già avuto modo di dire, in molte carceri sono una specie in via di estinzione.
P.S. : chi scrive non ha alcun pregiudizio nei confronti della polizia in genere e della polizia penitenziaria in particolare. Anzi può rivendicare a suo titolo di merito il fatto di essersi concretamente battuto nei lontani anni 80 non solo per la riforma penitenziaria ma per la profonda riforma di quello che allora si chiamava il corpo degli agenti di custodia e che ora è divenuto per effetto e a completamento di quelle riforme, l’attuale corpo di polizia penitenziaria
*Gianfranco Spadaccia, Garante dei diritti delle persone private della libertà, Comune di Roma.
<< Home page