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I mille volti del crimine
Elemento essenziale dell’atto criminoso è il “movente nucleico e malefico”, la spinta distruttiva, assassina e primordiale del perché l’essere umano aggredisce il proprio simile in modo gratuito e crudele, oltrepassa i limiti della morale, della ragione e della legge, si fa dominare e determinare dalle passioni, dalle debolezze e dalle emozioni
"Dove c’è l’uomo c’è il crimine” e “L’uomo è l’unico essere vivente che commette crudeltà contro i propri simili”: sono enunciati fondamentali della criminologia, la scienza interdisciplinare che studia il crimine, i criminali, le motivazioni del crimine, perché i crimini variano nel tempo e nello spazio per quantità e qualità, come combattere e prevenire il crimine, come recuperare i criminali.
Il crimine, anche se si presenta sotto innumerevoli aspetti, contesti, modalità esecutive, moventi, situazioni e vittime, è definibile come “l’aggressione a un bene dopo averne superato il sistema protettivo, aggressione che produce un danno al bene aggredito” e “la violazione di regole sociali ed etiche che produce danno - effetto aggressione - a un bene protetto dalla società e dalla Legge”. Di fatto, l’equazione del crimine è formata da tre elementi interconnessi ma incredibilmente variabili: il bene aggredito, il danno al bene, il superamento del sistema protettivo del bene aggredito. Il bene aggredito è qualunque entità - persone, vita, incolumità, proprietà, oggetti, valori, denaro, processi, informazioni, immagini, quote di mercato, credibilità, posizioni di potere, connessioni, ecc. - che possa essere aggredita e che sia considerata danneggiabile. Il bene aggredito può essere la vita di un bambino, di una donna, di un operaio, di un servitore dello stato, di un padre di famiglia, di un emarginato: in tal caso abbiamo il più grave dei crimini, l’omicidio, la soppressione di una vita umana. Un crimine prodotto da pulsioni irrefrenabili, dalla ricerca di gratificazioni psicologiche e materiali, dalla slatentizzazione di istinti mortali e maligni, da interessi puramente economici, da circostanze che vanno da quelle banali a quelle eccezionali; da stati psichici alterati dall’ira, da perversioni sessuali, da egoismi bestiali, dall’avidità, dalla follia. Il danno è ogni effetto che il criminale ha causato al bene aggredito: è l'effetto del crimine e dell’aggressione; è la perdita del bene aggredito, la sua modifica o la sua distruzione. Ad esempio, distruzione della vita, della incolumità, della proprietà, di oggetti, di valori, di denaro, di processi, di informazioni, di immagini, di quote di mercato, di credibilità, dell'onore, delle posizioni di potere, di collegamenti di qualunque tipo. Il danno è l’effetto aggressione. Il superamento del sistema difensivo è quell’insieme di azioni, strategie e progetti criminali che il delinquente mette in atto per oltrepassare le misure di sicurezza, il controllo sociale, le norme giuridiche e le difese naturali che tutelano ogni bene. Basti pensare che molto difficilmente un bambino possa essere aggredito in mezzo alla folla, proprio perché scattano nell’immediatezza tutte le regole e i principi di solidarietà e di controllo quali la madre che si oppone, il passante che interviene, la folla che si stringe attorno alla vittima. Altro classico esempio è “L’occasione fa l’uomo ladro”, laddove si sostiene (sarà vero?) che, se vi sono la possibilità esecutive di rubare e la possibilità dell’impunità, l’uomo da onesto diviene ladro; ciò significa che l’uomo porterebbe in sé l’istinto predatorio e criminale.
L’elemento essenziale del crimine è il “movente nucleico e malefico”, cioè, la spinta distruttiva, assassina e primordiale del perché l’essere umano aggredisce il proprio simile in modo gratuito e crudele, del perché oltrepassa i limiti della morale, della ragione e della Legge, del perché si fa dominare e determinare dalle passioni, dalle debolezze e dalle emozioni. Questo “nucleo malefico” l’ho individuato nella “triade criminogena” o “triade generativa del crimine”, una combinazione maligna di tre fattori quali (1) l’avidità umana distruttiva, (2) la perdita della ragione e della coscienza umana, (3) la soddisfazione crudele dei bisogni primari a danno di altri esseri umani. A tal proposito faccio riferimento a quattro geni dell’umanità, anche se i riferimenti e i pensatori sono numerosi. Dante Alighieri ci descrisse quella Bestia immonda che è L’AVIDITÀ UMANA con i versi immortali “ch’ella fa mi tremar le vene e i polsi … e ha natura sì malvagia e ria, che mai non empie la bramosa voglia, e dopo il pasto ha più fame che pria”. Francisco Goya nella sua incisione emblematica e geniale “Il sonno della ragione genera mostri” facente parte della serie intitolata “Capricci”, rappresenta un uomo addormentato mentre prendono forma, attorno a lui, inquietanti e sinistri uccelli notturni, minacciosi ed allucinati volti ghignanti, felini diabolici e famelici, che, come suggerisce il titolo, sono il parto della mente umana che ha abbandonato la Ragione e la Coscienza umana, così lasciando ampio spazio agli istinti ed alle parti arcaiche del cervello, agli egoismi, alle sopraffazioni ed alle crudeltà. Bertold Brecht in “L’opera da tre soldi” sigilla: “Prima viene lo stomaco, poi viene la morale”, mentre F. D. Dostoevskij nei Diari scrive: “… in nessun ordine sociale si sfuggirà al male e l’anima umana non muterà: l’aberrazione e il peccato scaturiscono da lei stessa”. L’insegnamento dei due grandi pensatori è ovvio: nell’essere umano la violenza, l’aggressività, l’egoismo e l’autoconservazione sono supremi e dominanti; sono essi che decidono obbiettivi, strategie e vittime; e nessuna norma sociale, etica e giuridica potrà mai debellarle laddove essi perseguano il soddisfacimento di bisogni primari e personali. Dobbiamo convivere con il male e il crimine, sia con quelli (1) interni, personali e soggettivi, sia con quelli (2) esterni, oggettivi e relazionali. Il male e il crimine del primo gruppo sono insiti nella natura umana, con essa si ramificano e si aggrovigliano, in essa traggono linfa e giovamento, su di essa mutano ed esercitano pulsioni e controlli. Fanno parte del nostro corredo biologico, ma possono essere controllati, mediati o filtrati dalla Ragione, dall’etica e dalla logica. Il male e il crimine del secondo gruppo sono del tipo oggettivo, situazionale, sociale, storico, interrelazionale, politico, umano e giudiziario; dipendono da innumerevoli fattori e producono innumerevoli scenari ed eventi, possono essere controllati, inglobati, direzionati, alleviati, frammentati, limitati e disattivati. MALE e CRIMINE bisogna conoscerli, studiarli, non ignorarli, apprezzarli per il loro significato scientifico e biologico, per il loro peso sociale e distruttivo, per le loro qualità intrinseche e magnetiche, per le loro potenzialità: solo conoscendo il nemico lo si può battere, neutralizzare, isolare o integrare, attivando i giusti rimedi a breve, medio e lungo termine, con appositi “strategie, competenze, risorse e sistemi”.
Carmelo Lavorino
criminologo criminalista e investigatore criminale
Elemento essenziale dell’atto criminoso è il “movente nucleico e malefico”, la spinta distruttiva, assassina e primordiale del perché l’essere umano aggredisce il proprio simile in modo gratuito e crudele, oltrepassa i limiti della morale, della ragione e della legge, si fa dominare e determinare dalle passioni, dalle debolezze e dalle emozioni
"Dove c’è l’uomo c’è il crimine” e “L’uomo è l’unico essere vivente che commette crudeltà contro i propri simili”: sono enunciati fondamentali della criminologia, la scienza interdisciplinare che studia il crimine, i criminali, le motivazioni del crimine, perché i crimini variano nel tempo e nello spazio per quantità e qualità, come combattere e prevenire il crimine, come recuperare i criminali.
Il crimine, anche se si presenta sotto innumerevoli aspetti, contesti, modalità esecutive, moventi, situazioni e vittime, è definibile come “l’aggressione a un bene dopo averne superato il sistema protettivo, aggressione che produce un danno al bene aggredito” e “la violazione di regole sociali ed etiche che produce danno - effetto aggressione - a un bene protetto dalla società e dalla Legge”. Di fatto, l’equazione del crimine è formata da tre elementi interconnessi ma incredibilmente variabili: il bene aggredito, il danno al bene, il superamento del sistema protettivo del bene aggredito. Il bene aggredito è qualunque entità - persone, vita, incolumità, proprietà, oggetti, valori, denaro, processi, informazioni, immagini, quote di mercato, credibilità, posizioni di potere, connessioni, ecc. - che possa essere aggredita e che sia considerata danneggiabile. Il bene aggredito può essere la vita di un bambino, di una donna, di un operaio, di un servitore dello stato, di un padre di famiglia, di un emarginato: in tal caso abbiamo il più grave dei crimini, l’omicidio, la soppressione di una vita umana. Un crimine prodotto da pulsioni irrefrenabili, dalla ricerca di gratificazioni psicologiche e materiali, dalla slatentizzazione di istinti mortali e maligni, da interessi puramente economici, da circostanze che vanno da quelle banali a quelle eccezionali; da stati psichici alterati dall’ira, da perversioni sessuali, da egoismi bestiali, dall’avidità, dalla follia. Il danno è ogni effetto che il criminale ha causato al bene aggredito: è l'effetto del crimine e dell’aggressione; è la perdita del bene aggredito, la sua modifica o la sua distruzione. Ad esempio, distruzione della vita, della incolumità, della proprietà, di oggetti, di valori, di denaro, di processi, di informazioni, di immagini, di quote di mercato, di credibilità, dell'onore, delle posizioni di potere, di collegamenti di qualunque tipo. Il danno è l’effetto aggressione. Il superamento del sistema difensivo è quell’insieme di azioni, strategie e progetti criminali che il delinquente mette in atto per oltrepassare le misure di sicurezza, il controllo sociale, le norme giuridiche e le difese naturali che tutelano ogni bene. Basti pensare che molto difficilmente un bambino possa essere aggredito in mezzo alla folla, proprio perché scattano nell’immediatezza tutte le regole e i principi di solidarietà e di controllo quali la madre che si oppone, il passante che interviene, la folla che si stringe attorno alla vittima. Altro classico esempio è “L’occasione fa l’uomo ladro”, laddove si sostiene (sarà vero?) che, se vi sono la possibilità esecutive di rubare e la possibilità dell’impunità, l’uomo da onesto diviene ladro; ciò significa che l’uomo porterebbe in sé l’istinto predatorio e criminale.
L’elemento essenziale del crimine è il “movente nucleico e malefico”, cioè, la spinta distruttiva, assassina e primordiale del perché l’essere umano aggredisce il proprio simile in modo gratuito e crudele, del perché oltrepassa i limiti della morale, della ragione e della Legge, del perché si fa dominare e determinare dalle passioni, dalle debolezze e dalle emozioni. Questo “nucleo malefico” l’ho individuato nella “triade criminogena” o “triade generativa del crimine”, una combinazione maligna di tre fattori quali (1) l’avidità umana distruttiva, (2) la perdita della ragione e della coscienza umana, (3) la soddisfazione crudele dei bisogni primari a danno di altri esseri umani. A tal proposito faccio riferimento a quattro geni dell’umanità, anche se i riferimenti e i pensatori sono numerosi. Dante Alighieri ci descrisse quella Bestia immonda che è L’AVIDITÀ UMANA con i versi immortali “ch’ella fa mi tremar le vene e i polsi … e ha natura sì malvagia e ria, che mai non empie la bramosa voglia, e dopo il pasto ha più fame che pria”. Francisco Goya nella sua incisione emblematica e geniale “Il sonno della ragione genera mostri” facente parte della serie intitolata “Capricci”, rappresenta un uomo addormentato mentre prendono forma, attorno a lui, inquietanti e sinistri uccelli notturni, minacciosi ed allucinati volti ghignanti, felini diabolici e famelici, che, come suggerisce il titolo, sono il parto della mente umana che ha abbandonato la Ragione e la Coscienza umana, così lasciando ampio spazio agli istinti ed alle parti arcaiche del cervello, agli egoismi, alle sopraffazioni ed alle crudeltà. Bertold Brecht in “L’opera da tre soldi” sigilla: “Prima viene lo stomaco, poi viene la morale”, mentre F. D. Dostoevskij nei Diari scrive: “… in nessun ordine sociale si sfuggirà al male e l’anima umana non muterà: l’aberrazione e il peccato scaturiscono da lei stessa”. L’insegnamento dei due grandi pensatori è ovvio: nell’essere umano la violenza, l’aggressività, l’egoismo e l’autoconservazione sono supremi e dominanti; sono essi che decidono obbiettivi, strategie e vittime; e nessuna norma sociale, etica e giuridica potrà mai debellarle laddove essi perseguano il soddisfacimento di bisogni primari e personali. Dobbiamo convivere con il male e il crimine, sia con quelli (1) interni, personali e soggettivi, sia con quelli (2) esterni, oggettivi e relazionali. Il male e il crimine del primo gruppo sono insiti nella natura umana, con essa si ramificano e si aggrovigliano, in essa traggono linfa e giovamento, su di essa mutano ed esercitano pulsioni e controlli. Fanno parte del nostro corredo biologico, ma possono essere controllati, mediati o filtrati dalla Ragione, dall’etica e dalla logica. Il male e il crimine del secondo gruppo sono del tipo oggettivo, situazionale, sociale, storico, interrelazionale, politico, umano e giudiziario; dipendono da innumerevoli fattori e producono innumerevoli scenari ed eventi, possono essere controllati, inglobati, direzionati, alleviati, frammentati, limitati e disattivati. MALE e CRIMINE bisogna conoscerli, studiarli, non ignorarli, apprezzarli per il loro significato scientifico e biologico, per il loro peso sociale e distruttivo, per le loro qualità intrinseche e magnetiche, per le loro potenzialità: solo conoscendo il nemico lo si può battere, neutralizzare, isolare o integrare, attivando i giusti rimedi a breve, medio e lungo termine, con appositi “strategie, competenze, risorse e sistemi”.
Carmelo Lavorino
criminologo criminalista e investigatore criminale
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