L'ARCHIVIO DI OLTREILCARCERE

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mercoledì 2 aprile 2008

Boselli: intervenire su separazione delle carriere e responsabilità dei magistrati

Il riformista - Elezioni 2008: Enrico Boselli risponde alle domante di radio carcere.

La mancanza di un rispetto rigoroso dei principi costituzionali riguardanti la giustizia nel nostro Paese, in particolare il giusto processo (giudice terzo autonomo ed imparziale, accusa e difesa alla pari ed una ragionevole durata del processo con una effettiva finalità rieducativa della pena) hanno portato il legislatore nell’arco degli anni, ad introdurre nel nostro ordinamento strumenti di sostanziale attenuazione del rigore normativo, con altre norme che di fatto hanno snaturato quelle fondamentali.
È evidente che un giusto processo non può essere senza separazione netta delle carriere, ma anche del contesto culturale, associativo, operativo e di relazione tra giudice e pubblico ministero. La mancata separazione tra chi è giudice e chi è parte, ha provocato il mantenimento – e spesso anche l’esaltazione – di procedure burocratiche ipergarantiste, con la conseguenza di rallentare tutto il processo.
A questo stato di cose si è aggiunta una inadeguatezza degli organici di magistrati, cancellieri e collaboratori amministrativi, l’endemica carenza di mezzi logistici, tecnologici, informatici e di professionalità organizzative, ma anche un deficit di produttività dei singoli magistrati. Tutto ciò ha provocato nel tempo un enorme accumulo di lavoro arretrato, che di fatto ha inceppato la macchina giudiziaria.
A questa occorre poi far seguire un’altra considerazione: ai dieci milioni di processi arretrati si aggiunge quotidianamente l’ormai insostenibile carico derivante dalla mancata regolamentazione dell’obbligatorietà dell’azione penale, che imporrebbe – perché di fatto avviene solo in maniera distorta - l’attivazione del processo per qualsiasi tipo di reato, anche il più irrilevante, e che rappresenta in termini quantitativi il peso maggiore che grava sulla macchina giudiziaria. Tutto ciò, naturalmente, accade a discapito di una giustizia celere e in grado di affrontare prioritariamente i comportamenti criminali più gravi.Accade così che arrivare alla condanna dei colpevoli e all’assoluzione degli innocenti divenga un’impresa improba.
I tempi lunghi dei processi, e spesso delle indagini, consentono poi il consolidarsi di prassi elusive del principio secondo cui per emanare un giudizio di condanna ci vuole un processo con un’efficace azione dell’accusa e della difesa. La riservatezza delle comunicazioni riguardanti i procedimenti giudiziari, accanto alla cultura della non colpevolezza senza la celebrazione di un processo giusto, sono architravi intangibili in una società civile. Così come sacrale è il principio, verso il quale tutto va finalizzato, al rispetto della persona umana – al di là delle sue responsabilità penali – per la rieducazione e il l recupero del condannato.
Anche per questa ragione una particolare attenzione deve essere rivolta ai luoghi di esecuzione delle pene detentive che devono corrispondere al rispetto rigoroso dei diritti del condannato. Un’attenzione particolare va rivolta poi ai provvedimenti riguardanti la carcerazione preventiva, che non può essere utilizzata come strumento per estorcere confessioni ma deve essere utilizzata in maniera eccezionale e quando non vi è altro rimedio per tutelare le tre fattispecie fondamentali: reiterazione del reato, pericolo di fuga e inquinamento delle prove.
Un capitolo a sé è quello riguardante la violazione del segreto e la non pubblicabilità dell’indagine. In un sistema democratico la stampa deve essere sempre libera di pubblicare le notizie di cui viene in possesso a sua esclusiva valutazione. Cosa diversa invece è il sanzionamento di coloro che operando nella funzione di ufficio pubblico diffondono notizie per le quali vi è il segreto o l’obbligo della riservatezza.
Un paese che non è in grado di garantire processi rapidi, giudici imparziali, difese efficaci, sentenze tempestive, pene effettive certe, e soprattutto proporzionate alla gravità dei reati, che tratta in maniera diversa coloro che sono benestanti rispetto a chi versa in condizioni disagiate, non può annoverarsi tra i paesi civili e l’Italia da questo punto di vista, nonostante la sua grande cultura giuridica, se non saprà rapidamente correggere le gravi distorsioni del funzionamento della giustizia, non potrà essere considerata un paese autenticamente tale.
I socialisti, di fronte a questo stato di cose ritengono sia indispensabile realizzare rapidamente un’efficace separazione delle carriere tra giudice e pubblico ministero come d’altra parte è stato fatto in quasi tutta Europa;
- modificare la legge sulla responsabilità civile dei magistrati perché, come si è dimostrato, ad oggi non ha raggiunto gli obiettivi che il legislatore si era prefisso anche a seguito del risultato del referendum;
- introdurre col giusto equilibrio, ma ponendo un filtro alle notizie di reato meno significative, una regolamentazione alla discrezionalità oggi esistente rispetto alla obbligatorietà dell’azione penale.
Infine, una questione non secondaria: non vi può essere un efficiente sistema giudiziario senza la fondamentale acquisizione della cultura dell’organizzazione, strumento fondamentale in qualsiasi processo complesso. Cultura dell’organizzazione che deve saper esprimersi senza la violazione e la rinuncia dei fondamentali principi di garanzia della riservatezza delle notizie e del diritto alla difesa, requisito fondamentale di ogni sistema giudiziario e democratico. Enrico Boselli
candidato premier per il Partito Socialista