Il Coordinamento dei Garanti dei diritti dei detenuti interviene sulle misure in materia di sicurezza pubblica predisposte dal Governo
Il Coordinamento dei Garanti delle persone private delle libertà personale, istituiti a livello locale
(Comuni di Bologna, Brescia, Ferrara, Firenze, Nuoro, Pisa, Torino, Reggio Calabria, Roma, Sassari e Provincie di Milano e Lodi), rappresentativo di aree geografiche interessate in alcuni casi dagli istituti penitenziari che presentano le maggiori criticità per sovraffollamento e carenza di personale, nonché dalla presenza di CPT Centri di permanenza temporanea, a seguito della riunione tenutasi a Bologna in data 9 giugno 2008, chiedono al Parlamento di ripensare, in sede di conversione del decreto-legge 21 maggio 2008 contenente misure urgenti in materia di sicurezza pubblica, nonché in sede di esame del disegno di legge contenente disposizioni in materia di sicurezza pubblica, l’orientamento legislativo teso ad introdurre, tra le molte novità normative, nuove figure di reato, quale l’introduzione irregolare nel territorio, o nuove aggravanti, nel caso in cui il reato sia stato posto in essere da chi è irregolare, senza dimenticare la previsione di ulteriori titoli di reato per cui non è possibile sospendere l’ordine di carcerazione, qualunque sia il comportamento post-delictum del condannato, o ancora a trasformare i CPT in centri di identificazione ed espulsione con tempi di permanenza sino a 18 mesi, rendendo i CPT carceri senza controlli e senza la protezione delle norme dell’ordinamento penitenziario, il Coordinamento, unendosi alle tante voci degli operatori che conoscono il carcere, avvertono che la ricerca doverosa di condizioni di sicurezza soprattutto nei grandi centri urbani non può approdare alla carcerizzazione di tutti coloro che diverranno pericolosi in base non a ciò che in realtà hanno compiuto, ed a condotte realmente offensive, ma in base alla condizione soggettiva della categoria presa in considerazione, nel presente i clandestini, e pone le basi per un inaccettabile diritto penale del nemico, foriero di discriminazione e inutile per la sicurezza pubblica.
La costruzione di grandi contenitori, dove saranno collocati per un tempo inaccettabile migliaia di
stranieri irregolari, sarà possibile sulla mancata informazione all’opinione pubblica che le espulsioniin gran parte non vengono eseguite per la mancanza di accordi di riammissione e che i costi di questa operazione sarebbero ben spesi per incentivare, per esempio, percorsi di rientro nei paesi diorigine.
La preoccupazione è avvertita in modo particolare per le ricadute della nuova legislazione sul
carcere, a cui si aggiunge la proposta di modifica della legge Gozzini, al fine di ridurre l’accesso alle misure alternative.
L’attuale legislatore non pare rendersi conto di quale sia di nuovo la condizione di sovraffollamento el carcere, carente di personale ormai in modo cronico e contro ogni ragionevolezza, e che il possibile aumento di presenze in carcere rischia di paralizzare le attività rieducative in corso, stremare il personale della sicurezza e dell’area trattamentale, trasformare il penitenziario in un ancor più grande contenitore di disagio sociale, dove la reclusione sarà sganciata dal trattamento e dal rispetto delle norme di civiltà che regolano la vita in carcere, con conseguenze inimmaginabili.
Del resto mettere in discussione l’accesso alle misure alternative significa ignorare il dato ormai riconosciuto anche dal Dipartimento dell’amministrazione penitenziaria che la possibilità di intervenire sulla pena in fase esecutiva attraverso percorsi di riabilitazione riduce la recidiva e crea sicurezza collettiva.
I Garanti si appellano al Ministro di Giustizia perché voglia aprire un serio confronto con gli operatori e tutti coloro che nel carcere lavorano e operano e che si dia corso ad una complessiva riflessione sul tema del carcere e della pena, rispetto alla quale dichiarano sin da ora la massima disponibilità per offrire il patrimonio di conoscenze ed esperienze maturate in questi anni.
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