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sabato 6 settembre 2008

Giustizia/Carcere: Favero (Ristretti); applicare di più la legge Gozzini

Giustizia: Favero (Ristretti); applicare di più la legge Gozzini

Redattore Sociale - Dire, 4 settembre 2008

Parla il direttore di Ristretti Orizzonti: "Un terzo dei detenuti è dentro con pene bassissime. I nuovi pacchetti sicurezza stanno già portando in carcere gente che poteva chiedere l’affidamento ai servizi sociali".

"Il dato più recente è che in carcere attualmente ci sono 7.491 persone al di sotto di un anno di pena e oltre 11 mila che devono scontare una pena inferiore a 3 anni: quindi un terzo è dentro con pene bassissime. Si danno pochissime misure alternative e invece l’unica soluzione sarebbe applicare di più la legge Gozzini".

Così Ornella Favero, direttore di Ristretti Orizzonti, la rivista dal carcere e sul carcere, commenta i dati del Dap (Dipartimento Amministrazione Penitenziaria) diffusi oggi dal quotidiano "Repubblica" circa l’affollamento delle carceri italiane: 55.369 detenuti che entro otto mesi potrebbero tornare a quota 63mila, il tetto che nell’estate 2006 portò a imboccare la strada dell’indulto.

"Non ci sono soluzioni alternative all’ampliamento della legge Gozzini - ribadisce Favero. - I 42 mila posti regolamentari sono già stati abbondantemente superati. Al 30 giugno scorso le misure alternative erano solo 9.406 - prosegue - e gli ultimi pacchetti sicurezza porteranno più gente in carcere. Molte fattispecie di reato non possono più usufruire della legge Simeone Saraceni, che permetteva percorsi alternativi al carcere. Inoltre stanno già aumentando gli ingressi in carcere di persone che potevano chiedere l’affidamento ai servizi sociali".

Le speranze della società civile impegnata nella questione carcere nel frattempo sono state deluse. "Dall’indulto a oggi non è cambiato nulla: il lavoro è poco, l’accesso alle misure alternative è più difficile e si respira un clima più pesante". Insomma, conclude Ornella Favero, "bisognerebbe far capire che le misure alternative creano sicurezza. Nel senso che crea sicurezza mettere la gente fuori prima in un percorso controllate: non per essere liberi, ma per riabituarsi gradualmente alla libertà".