Giustizia/Carcere: dal Viminale dubbi sull'affidabilità del "braccialetto"
Il Sole 24 Ore, 3 settembre 2008
Se il braccialetto elettronico finora non è decollato, è anche perché il Viminale ha sempre avuto dubbi sulla sua reale efficacia. Ora il ministro Alfano lo rilancia: serve, sostiene, a decongestionare le carceri e si possono mandare agli arresti domiciliari molte centinaia di detenuti.
Ma la questione non è così semplice ed è noto che il progetto finora non è decollato perché non aveva i requisiti tecnici per garantire l’effettiva rintracciabilità del detenuto. Il braccialetto, insomma, funziona se in ogni momento è possibile sapere dove sta chi lo indossa. Le verifiche fatte finora, su alcuni casi sperimentali, sono state invece un mezzo fallimento. Tra i corridoi del ministero si racconta di prove fatte con l’interessato che, nella vasca da bagno, non mandava più il segnale: l’acqua azzerava il segnale. O di case con i muri troppo spessi che impediscono il passaggio delle onde elettromagnetiche.
Ecco perché le perplessità del ministero dell’Interno e, in particolare, del Dipartimento di pubblica sicurezza, sono sempre state forti e hanno frenato, fino alla scorsa legislatura, un’idea nata sul modello americano ma che non trovava adeguate garanzie (anzi). Dunque: per rilanciare il progetto non basterà solo la volontà politica, ma ci vorrà anche un aggiornamento tecnologico molto robusto.
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