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ARTICOLO 1
Da Corriere della Sera, di Domenico De Masi - 26 agosto 2008
Questa faccenda della sicurezza rappresenta un argomento con il quale siamo stati presi in giro - da destra e da sinistra - molto più di quanto avremmo dovuto tollerare. Chi sta all’opposizione, sostiene che viviamo in un turbine di crescente violenza; chi sta al potere, sostiene che godiamo della massima tranquillità.
Appena l’opposizione diventa maggioranza, subito i pareri spudoratamente si rovesciano. Sia per la destra che per la sinistra, i dati reali non contano: conta la capacità di creare artatamente sensazioni diffuse e infondate, come se fossimo un popolo di imbecilli.
In effetti è sorprendente che questo popolo più studia e viaggia, più diventa vulnerabile alla manipolazione. Questi politici - personcine alle quali, negli anni di De Gasperi e di La Malfa (quello vero) non si sarebbe affidata neppure la portineria del Palazzo - ora dal Palazzo decidono il nostro futuro non in base a fatti accertati, e ce lo impongono per mezzo di supporti mediatici che consentono loro di contrabbandare il nero per bianco e, il giorno successivo, il bianco per nero.
Nel caso della sicurezza, non gli è bastato manipolare smaccatamente i dati: hanno anche inventato di sana pianta la categoria della "realtà percepita", secondo cui non conta quante persone vengono realmente stuprate e da chi. Quel che conta è la quantità di paura collettiva che, in base a quel determinato stupro, si riesce a indurre nelle masse.
Stessa cosa vale per la crisi economica. Andate a Cortina o in Costa Smeralda, dove si raggruma il fior fiore dei miliardari: dai loro discorsi ricaverete che essi "si percepiscono" come pezzenti, appezzentiti dalle tasse esose e dallo Stato invadente.
Più di due secoli fa, proprio per combattere la pericolosissima categoria della "realtà percepita", contrapponendole la realtà scientificamente accertata, Diderot e Voltaire elaborarono il paradigma illuminista. Di che cosa si tratta? Secondo Kant, si tratta della "uscita dell’uomo dalla minorità che va imputata a lui stesso. Minorità è l’incapacità di servirsi del proprio intelletto senza la guida di un altro. Pigrizia e viltà sono le cause per le quali una gran parte degli uomini di buon grado rimangono minorenni per il resto della propria vita; per questo è così facile ad altri erigersi a loro tutori".
Basta, dunque, con questa truffa della "realtà percepita". È ora di liberarsi - criticamente e razionalmente - dai pregiudizi indotti e dai dogmi imposti.
ARTICOLO 2
Giustizia: Reati che calano, paure che restano
18 Agosto 2008 Sole 24 ore
In questi anni ci siamo occupati spesso del tema della sicurezza, o meglio della retorica dominante con la quale un sistema sociale in crisi trasferiva i suoi mali sui capri espiatori di turno. Se dovessi interpretare quest’epoca con un film direi che “Apocalipto” di Mel Gibson è un’utile metafora che, fatti i dovuti paragoni, ben rappresenta la società italiana ed il ruolo che hanno assunto i “sacrifici” dei capri espiatori di turno, categorie queste sulle quali catalizzare tutti i mali della nostra società, per legittimare quella svolta autoritaria che l’ultimo Governo Berlusconi sta percorrendo senza troppi ostacoli. Il PDL e il suo blocco sociale di riferimento si sono costituiti su questo terreno vincendo sul piano dell’egemonia, hanno importato direttamente dagli Usa la tendenza verso il modello di gestione penale della crisi sociale ( un modello che incolpa i poveri della loro condizione sociale e li punisce, che rende il carcere contenitore di disoccupazione e di bisogni sociali), che oggi nella sua versione italiana sostituisce la promessa del sogno neoliberista con la retorica della difesa corporativa dell’esistente. Questo modello in realtà ha vinto e continuerà a farlo, perchè oggi il popolo italiano non si difende dalla irresponsabilità di chi ha portato il nostro paese al declino industriale, non si mobilita contro i poteri forti e la dittatura monetaria che impone la BCE , non gli interessa denunciare la colpa storica di una borghesia decadente e reazionaria che si manifesta solo quando ci sono da difendere privilegi corporativi. Le nostre piazze sono mute, non si alzano barricate contro la triplice infamia della precarietà, del carovita, e dei bassi salari, ma si è pronti a scendere in strada spontaneamente contro i Rom, i lavavetri, i drogati e i clandestini. Mi ha sconvolto tempo fa, sentire un ministro di AN da Vespa affermare che il razzismo non fa parte della nostra storia, una frase questa che troppo spesso abbiamo sentito come autoassoluturia la dice lunga della cultura politica di chi ci governa, come se i macelli del nostro esercito in Etiopia o in Jugoslavia, l’appoggio popolare alle leggi razziali fossero cose marginali.
E quando sento e leggo provvedimenti rivolti non per singole fattispecie di reato ma per categorie penso che da quella storia non ne siamo ancora venuti fuori, cos’è infatti il reato di clandestinità se non una legge razzista che fa di un’intera categoria di persone criminali? In Italia ci troviamo attraversati da un nuovo processo autoritario che si è sviluppato in anni di retorica mediatica mista a demagogia, un processo con il quale sulla pelle degli utlimi si sono costruite le carriere in parlamento. Questa ansia sociale che legittima gli imprenditori della paura però è una derivata di una cosa molto più seria e reale che esiste nel giorno per giorno, la svolta securitaria infatti è una derivata della guerra tra poveri, del costante conflitto dei penultimi contro ultimi, un conflitto che attraversa i ceti popolari orizzontalmente determinato dalla doppia congiuntura della competizione dentro il lavoro tra l’infinito esercito di riserva dei lavoratori globali e quelli garantiti, e nel territorio dal restringimento dello stato sociale. La paura del diverso insomma si crea nelle file per gli asili nido o per le case popolari, poi prende forma nel versante sicurezza. Ma quando il sole che gli strilloni della paura evocano si eclissa per effetto dei numeri reali, essi perdono voce, diventano sommessi. Il paradosso del centro destra insomma è che nel momento in cui le cose che esso evoca si manifestano come tali, esso entra in corto circuito. Senza un livello di coinvolgimento emotivo sostenuto dalla maggioranza dei media infatti sarebbe arduo sostenere fra qualche mese il riutilizzo dell’esercito nelle città a fronte di dati sui crimini che sono calati ancor prima che le nostre truppe diventassero operative. Ed è forse per questo che il ministro Maroni snocciolando i dati il giorno di ferragosto non ha enfatizzato la notizia che i reati sono in calo di circa il 10% e che quindi non c’è emergenza, beccandosi addirittura le critiche del sole 24 ore, che giustamente gli hanno rimproverato il fatto di non aver sfruttato questi dati per ridurre la percezione d’insicurezza tra la popolazione. Insomma in poche parole l’esercito nelle stazioni delle nostre città è inutile sul versante pratico, ma utilissimo sul versante simbolico a patto che il clima sociale lo legittimi, e per legittimare questo occorre che media e politica continuino a tenere alta la tensione anche se i dati non la confermano. Io non so perchè i reati stanno diminuendo dal 2007 e non mi azzardo a fare ipotesi, so che però non diminuiscono per effetto delle leggi di Berlusconi, i trend dei reati infatti e la loro modificazione si formano su tempi medio lunghi, e riguardano la demografia, la spesa sociale, il mercato del lavoro, i tassi di occupazione, gli atti legislativi, l’efficenza delle forze dell’ordine, e le politiche di prevenzione. A sua volta anche la percezione d’insicurezza dipende da più fattori, ma su di essa proprio perchè è una percezione si può intervenire cercando di non alimentarla. Cosa complicata questa per quella casta che ha costruito le proprie fortune politiche fomentando la guerra tra poveri.
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