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venerdì 27 febbraio 2009

SUNAS : Condannata l’attuale dirigente del settore famiglia del Comune di Milano

COMUNICATO STAMPA

Ieri 25 febbraio 09 il Tribunale di Monza, sezione distaccata di Desio, ha condannato l’attuale dirigente del Settore Famiglia, Scuola e Politiche Sociali del Comune di Milano, Carmela Madaffari, per “ Diffamazione a mezzo stampa” in danno degli assistenti sociali dei servizi per i minori (Servizi Sociali della Famiglia del Comune di Milano), avvenuta attraverso due articoli pubblicati sulle pagine nazionali e locali de “Il Giornale” di venerdì 23 marzo 2007.

Il Tribunale ha inflitto alla Dirigente in sede penale una condanna al pagamento di € 300 ; inoltre ha fissato una provvisionale di € 10.000 quale risarcimento in favore dei 34 assistenti sociali, nonché € 1000 in favore del SUNAS (Sindacato Unitario Nazionale Assistenti Sociali), che si sono costituiti parte civile.

Infine la stessa dovrà provvedere a sue spese alla pubblicazione della sentenza su “ll giornale” ed al pagamento delle spese processuali.

Gli avv.ti Ilaria Zanesi e Marta Buti, difensori nominati dalle parti civili, hanno dimostrato l’infondatezza delle accuse, infamanti e generalizzate, nei confronti dell’intero gruppo di professionisti che nella città di Milano si occupano della tutela dei minori all’interno dell’Amministrazione Comunale, in virtù dei compiti che a norma di legge questo ente è chiamato a svolgere .

Gli avvocati, nelle conclusioni della richiesta di rinvio a giudizio della dott.ssa Madaffari, richiamate le frasi salienti degli articoli incriminati (“Sott’accusa i cento assistenti sociali che preparano le relazioni per il Tribunale: Fanno meno fatica a schiaffare i minori nelle strutture”; «A Milano c’è stata un’istituzionalizzazione di massa. Perché è più facile mandare un bambino in istituto che seguirlo direttamente magari in un affido. Ma ora stiamo lavorando per arginare anche questo fenomeno”. «Noi dobbiamo pensare di più alle conseguenze che l’istituto avrà nella vita di questi bambini. È fin troppo facile prenderli e mandarli in istituto. Dobbiamo invece seguire loro e le famiglie affidatarie. Ma questo comporta necessariamente del lavoro in più». «Prediligendo l’affido alle famiglie. A Milano siamo in presenza di una istituzionalizzazione di massa. Senza alternative: si prendono i bambini e li si schiaffa in un istituto». «Troppo facile - continua -. È molto più facile chiudere un ragazzino in una struttura che seguirlo in un percorso di affidamento. Comporta certamente del lavoro in più per gli assistenti sociali».) , riconfermate nei contenuti nel corso dell’interrogatorio avvenuto in data 9.4.08 quando l’imputata dr.ssa Carmela Madaffari ha ribadito la “assoluta legittimità” del suo comportamento, (In particolare alla domanda del PM “perché ci sono così pochi affidi alle famiglie e tanti ricoveri in istituto?” l’imputata ha risposto che “il ricovero in istituto avviene quasi automaticamente, mentre l’affido alla singola famiglia comporta un lavoro degli assistenti sociali più complesso e articolato, in quanto bisogna seguire sia la famiglia d’origine del bambino che quella affidataria”,) ha evidenziato come la Madaffari con le sue affermazioni contenute negli articoli incriminati ha voluto dimostrare che le assistenti sociali prediligerebbero la collocazione dei bambini in istituto piuttosto che l’affido familiare per fare meno fatica.

Sempre nelle conclusioni gli avvocati rammentano che “la stessa, nel corso dell’interrogatorio, dopo aver precisato di non aver rilasciato alcuna “intervista” alla giornalista Pasotti ma di aver avuto una “informale conversazione telefonica” ha affermato che “i fatti narrati corrispondono anche a verità”, elencando i dati sul numero degli affidi rispetto a quello dei collocamenti in comunità a regime di convitto e riferendosi genericamente a “verifiche effettuate sull’operato di alcuni, pochi, assistenti sociali” delle quali peraltro non porta alcuna prova.

“L’imputata infine si è difesa invocando il diritto di critica, senza fare parola alcuna della sua posizione di superiorità gerarchica nei confronti dei “sottoposti criticati” e della propria responsabilità sull’andamento del servizio, che avrebbe richiesto tutt’altro tipi di interventi, se necessari anche di natura disciplinare, ma di certo non una conversazione informale con una giornalista.

Tale circostanza è stata sottolineata in sede di discussione anche dal PM il quale ha fatto notare come una conversazione telefonica tra la dirigente dei servizi sociali e una giornalista, sui temi attinenti al servizio, non potesse che essere trasposta in un articolo di giornale, evidenziando così l’inconsistenza della difesa dell’imputata che si barricava dietro l’informalità della conversazione e il travisamento del suo contenuto da parte della giornalista per giustificare i toni assolutamente offensivi delle proprie affermazioni.

Gli avvocati dele parti civili hanno fatto infine notare come, se da un lato sia del tutto naturale e comprensibile che un genitore cui sia stato tolto un figlio si disperi e faccia di tutto per ottenere l’affido accusando gli altri della situazione venutasi a creare, molto meno comprensibile sia invece l’intento accusatorio nei confronti degli AS che si sono occupati dei casi in questione che ha evidentemente spinto la difesa Madaffari a produrre documentazione dalla quale non si può in nessun modo far discendere una responsabilità in capo a professionisti che dovevano, eventualmente, essere valutati nell’ambito del loro rapporto di lavoro e non già diffamati su un giornale ed in ogni caso dalla quale non si può in alcun modo dedurre una generica problematicità nell’azione degli assistenti sociali del comune Milano, cui invece si riferiscono le critiche contenute nell’articolo del giornale.

La pubblicazione delle motivazioni della sentenza è attesa tra un paio di settimane.

A conclusione di questa vicenda si segnala che in questi anni le interferenze nella gestione tecnico professionale delle situazioni in carico ai servizi sociali da parte della Dirigente condannata e della sua Direzione non sono state infrequenti, anche talora in spregio di quanto disposto con decreti/ sentenze da parte di Tribunali e Corte d’Appello.