Alessandro Margara (Presidente Fondazione Michelucci): illegittimo uso di fondi Cassa ammende per l'edilizia
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Del piano costruzione nuove carceri del Ministro della Giustizia, se lo credete, dirò un’altra volta. Ora, invece, una sola osservazione su un aspetto della sua copertura finanziaria.
Il ministro ha affermato che, in primo luogo, il finanziamento sarà attuato con i fondi della Cassa Ammende, quantificati in 150 milioni di euro. L’annunzio è stato digerito tranquillamente, ma mi sembra egualmente abbastanza indigesto. La destinazione dei fondi della Cassa Ammende, non a caso istituita presso il Dipartimento della Amministrazione Penitenziaria-Dap, erano destinati al Consiglio di aiuto sociale per le attività dello stesso: art. 74 Ord. Penit., comma 5, n.1; attività individuate dai successivi articoli 75 e 76: assistenza penitenziaria e post-penitenziaria ai detenuti e alle loro famiglie, nonché soccorso e assistenza alle vittime del delitto. Pressoché tutte queste funzioni sono transitate agli enti locali per effetto del DPR 616/77, che istituiva un nuovo sistema di tutta l’assistenza pubblica. Per questi motivi, presso la Cassa delle Ammende, si formò una consistente giacenza di fondi non spesi fino a che il Dpr 30 giugno 2000 (nuovo regolamento di esecuzione Ord. Penit.) non diede nuove regole di gestione dei fondi, che restavano necessariamente, però, ancorati alle vecchie funzioni indicate dagli artt. 75 e 76 Ord. Penit.: vedi art. 129, commi 2 e 3 del Regolamento ricordato. Il Dap è molto parco nell’attingere a questi fondi, che sono di non molto superiori ai 150 milioni che il ministro vorrebbe spendere in nuove carceri, funzione che, alla evidenza, è molto diversa e lontana da quelle di cui si è parlato e che richiamo ancora: assistenza penitenziaria e post-penitenziaria e alle famiglie dei detenuti e soccorso e assistenza alle vittime del delitto. Recentemente, dopo la concessione del condono 2006 e la massiccia uscita quasi contemporanea di detenuti, vennero stanziati 3 milioni di euro (pochi, forse e senza forse) per l’assistenza e l’inserimento al lavoro dei c.d. indultati, spesi, per vero, con relativa tempestività.
Ora, intanto, direi che non sta bene che si prosciughi la Cassa ammende, eliminando le risorse esistenti per funzioni essenziali come quelle descritte e che il Dap ha il torto di utilizzare poco e raramente. Quando arrivò il condono si vide chiaramente che non esistevano né un sistema, né specifici programmi di aiuto per chi usciva dal carcere e affrontava il rientro nella società, sistema e programmi necessari e doverosi e per i quali, appunto, erano disponibili le risorse della Cassa ammende di cui stiamo parlando. Anziché attivare l’impiego di queste risorse, si sceglie la via di sopprimerle. Mi sembra molto eccepibile.
Ma bisogna accennare anche a un altro aspetto ed è, credo, ancora più grave. Il Codice penale subisce varie rivisitazioni, ma ho l’impressione che, sia pure attraverso un’altra norma - l’art. 323, anziché l’art. 314 - esista ancora la fattispecie del reato di peculato per distrazione, che consiste, in sostanza, nella utilizzazione di risorse pubbliche per fini diversi da quelli stabiliti dalla legge. In una qualunque rassegna di giurisprudenza si può trovare la conferma che l’elemento materiale del peculato per distrazione, ricompreso nella previsione dell’art. 323 C.p., sta nella procurata divergenza tra la destinazione prestabilita - nella legge o nel regolamento o nello statuto dell’ente - e la destinazione in concreto attuata. E allora? A nessuno è venuto qualche dubbio sulla legittimità della diversa destinazione di tali fondi annunciata dal ministro? A me il dubbio, e non solo quello, è venuto, ma non mi ero reso conto che questa volta il diavolo ha fatto la pentola, ma ha saputo fare anche i coperchi. E così, inserito in apposito decreto c.d. “mille proroghe”, è stata modificata la normativa sulla Cassa Ammende, prevedendo che, con le risorse della stessa, si possano costruire anche le carceri. Il che dimostra che, in precedenza, non si sarebbe potuto assolutamente perché quei fondi, come detto, erano finalizzati alla assistenza penitenziaria e ad altri analoghi scopi.
Morale. Con assoluta disinvoltura si spendono quasi tutti i quattrini che la legge destina a certi scopi, per scopi assolutamente diversi. Si legittima così l’uso delle risorse, che sarebbe stato un reato, dimostrando che la legge c’è per essere accomodata alle proprie esigenze, che soddisfano gli interessi del momento. E così quelli che escono dal carcere si possono arrangiare: il reinserimento sociale è assicurato: in galera appunto.
Il ministro ha affermato che, in primo luogo, il finanziamento sarà attuato con i fondi della Cassa Ammende, quantificati in 150 milioni di euro. L’annunzio è stato digerito tranquillamente, ma mi sembra egualmente abbastanza indigesto. La destinazione dei fondi della Cassa Ammende, non a caso istituita presso il Dipartimento della Amministrazione Penitenziaria-Dap, erano destinati al Consiglio di aiuto sociale per le attività dello stesso: art. 74 Ord. Penit., comma 5, n.1; attività individuate dai successivi articoli 75 e 76: assistenza penitenziaria e post-penitenziaria ai detenuti e alle loro famiglie, nonché soccorso e assistenza alle vittime del delitto. Pressoché tutte queste funzioni sono transitate agli enti locali per effetto del DPR 616/77, che istituiva un nuovo sistema di tutta l’assistenza pubblica. Per questi motivi, presso la Cassa delle Ammende, si formò una consistente giacenza di fondi non spesi fino a che il Dpr 30 giugno 2000 (nuovo regolamento di esecuzione Ord. Penit.) non diede nuove regole di gestione dei fondi, che restavano necessariamente, però, ancorati alle vecchie funzioni indicate dagli artt. 75 e 76 Ord. Penit.: vedi art. 129, commi 2 e 3 del Regolamento ricordato. Il Dap è molto parco nell’attingere a questi fondi, che sono di non molto superiori ai 150 milioni che il ministro vorrebbe spendere in nuove carceri, funzione che, alla evidenza, è molto diversa e lontana da quelle di cui si è parlato e che richiamo ancora: assistenza penitenziaria e post-penitenziaria e alle famiglie dei detenuti e soccorso e assistenza alle vittime del delitto. Recentemente, dopo la concessione del condono 2006 e la massiccia uscita quasi contemporanea di detenuti, vennero stanziati 3 milioni di euro (pochi, forse e senza forse) per l’assistenza e l’inserimento al lavoro dei c.d. indultati, spesi, per vero, con relativa tempestività.
Ora, intanto, direi che non sta bene che si prosciughi la Cassa ammende, eliminando le risorse esistenti per funzioni essenziali come quelle descritte e che il Dap ha il torto di utilizzare poco e raramente. Quando arrivò il condono si vide chiaramente che non esistevano né un sistema, né specifici programmi di aiuto per chi usciva dal carcere e affrontava il rientro nella società, sistema e programmi necessari e doverosi e per i quali, appunto, erano disponibili le risorse della Cassa ammende di cui stiamo parlando. Anziché attivare l’impiego di queste risorse, si sceglie la via di sopprimerle. Mi sembra molto eccepibile.
Ma bisogna accennare anche a un altro aspetto ed è, credo, ancora più grave. Il Codice penale subisce varie rivisitazioni, ma ho l’impressione che, sia pure attraverso un’altra norma - l’art. 323, anziché l’art. 314 - esista ancora la fattispecie del reato di peculato per distrazione, che consiste, in sostanza, nella utilizzazione di risorse pubbliche per fini diversi da quelli stabiliti dalla legge. In una qualunque rassegna di giurisprudenza si può trovare la conferma che l’elemento materiale del peculato per distrazione, ricompreso nella previsione dell’art. 323 C.p., sta nella procurata divergenza tra la destinazione prestabilita - nella legge o nel regolamento o nello statuto dell’ente - e la destinazione in concreto attuata. E allora? A nessuno è venuto qualche dubbio sulla legittimità della diversa destinazione di tali fondi annunciata dal ministro? A me il dubbio, e non solo quello, è venuto, ma non mi ero reso conto che questa volta il diavolo ha fatto la pentola, ma ha saputo fare anche i coperchi. E così, inserito in apposito decreto c.d. “mille proroghe”, è stata modificata la normativa sulla Cassa Ammende, prevedendo che, con le risorse della stessa, si possano costruire anche le carceri. Il che dimostra che, in precedenza, non si sarebbe potuto assolutamente perché quei fondi, come detto, erano finalizzati alla assistenza penitenziaria e ad altri analoghi scopi.
Morale. Con assoluta disinvoltura si spendono quasi tutti i quattrini che la legge destina a certi scopi, per scopi assolutamente diversi. Si legittima così l’uso delle risorse, che sarebbe stato un reato, dimostrando che la legge c’è per essere accomodata alle proprie esigenze, che soddisfano gli interessi del momento. E così quelli che escono dal carcere si possono arrangiare: il reinserimento sociale è assicurato: in galera appunto.
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