L'ARCHIVIO DI OLTREILCARCERE

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lunedì 2 aprile 2007

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Corsi di recupero dell'obiettività
Scritto da Mauro Mellini
sabato 24 marzo 2007

All’Ufficio Servizi Sociali del Comune di Milano è arrivata una nuova direttrice, Carmela Madaffari. E’ iniziato una specie di terremoto, a quel che si legge nel “Giornale” del 23 marzo. Perché la Madaffari ha scoperto che un gran numero di 100 assistenti sociale che lavorano a vanvera e fanno relazioni basate sui loro preconcetti. Troppi bambini sottratti alle famiglie ed affidati ad Istituti, troppe relazioni in favore dell’uno o dell’altro dei genitori contendenti in base ad uno “schieramento” dell’assistente pro padri o pro madri. “Nessuno denunzia, ma in alcuni casi degli assistenti sono stati dirottati ad altre mansioni”.Gli altri dovranno tornare a scuola. Cioè, non proprio a scuola, ma a frequentare “corsi” nei quali, ritiene la Signora Madaffari, “dovranno imparare ad essere obiettivi”.La Signora Madaffari deve essere piuttosto ottimista, se ritiene che l’obiettività si possa apprendere e, soprattutto, si possa recuperare quando non la si possiede e non la si osserva, con un corso, sia pure “di recupero”. Se ne possiede la ricetta non se la tenga tutta per sé e per i suoi assistenti sociali di Milano. Sarebbe il caso di prestarla, ad esempio, al C.S.M. per dei corsi di recupero necessarissimi per molti magistrati.Ma, a proposito di magistrati, occorre dire che quelle relazioni degli assistenti sociali di Milano che una nuova direttrice dell’Ufficio del Comune si è “messa a spulciarle”, trovando che “alcune di esse erano palesemente sbagliate”, “in alcune mancavano elementi che sarebbero stati invece fondamentali per decidere a quale dei genitori affidare il figlio”, erano atti passati al magistrato del Tribunale dei Minorenni o del Tribunale Ordinario. Il quale, secondo una vecchia espressione, è “peritus peritorum” ed, a maggior ragione, più esperto (auspicabilmente) degli assistenti sociali.Ora non risulta che l’allarme della Signora Madaffari sia stato provocato da un gran numero di relazioni di assistenti sociali “respinte al mittente” dai magistrati che ne erano destinatari e tanto meno che a formulare il giudizio collettivamente negativo siano stati i magistrati, il Presidente del Tribunale dei Minori o di quello Ordinario (che è poi, oggi, la Dott. Pomodoro, già Presidente del Tribunale di Minori). Il magistrato che deve tener conto della relazione di un assistente sociale per provvedere, ad esempio, all’affidamento di un minore, deve fare qualcosa di più che “spulciarne” il contenuto, come ha fatto la Signora Madaffari: deve studiarlo e meditarlo. O almeno dovrebbe.Ora se, almeno nelle dichiarazioni alla stampa, la Signora Madaffari ha riscontrato la tendenza al pregiudizio ed al partito preso e la mancanza di attenzione per elementi di giudizio essenziali nelle relazioni dei suoi assistenti sociali, è certo che altrove (ma probabilmente anche a Milano) vi sia anche dell’altro. Dell’altro che consiste in una pretenzione , approssimazione, il sentito dire di concetti e di terminologie della psicologia freudiana o destinata a passare per tale. Una autentica e sconfortante ignoranza che emerge alla semplice lettura.Anni fa mi presi il gusto (si fa per dire) di raccogliere alcune espressioni colte in questi capolavori di orecchianti della psicologia e della pedagogia. Qualcosa che potrebbe spingere ad una raccolta di più ampia mole che avrebbe tutte le buone chances di divenire un best seller dell’umorismo, del tipo dell’oramai famoso: “Io speriamo che me la cavo”. Parole inventate di sana pianta tali da apparire espressioni di un linguaggio scientifico alle orecchie dei più sprovveduti ignoranti. Una sorta di frasario caricaturale da macchiette della pseudo psicologia. Si trattava di relazioni che non avevano affatto provocato reazioni indignate da parte dei magistrati cui erano destinate e che, invece provocavano incontenibile ilarità di chiunque non dovesse fare i conti con il fatto che, invece, venivano prese sul serio e che, magari, in base ad esse si decideva della vita di un bambino e della serenità dei genitori.Quando ero deputato ritenni di dover presentare una interrogazione sui troppo frequenti episodi di bambini sottratti alle loro famiglie in base a cervellotiche relazioni del servizio sociale che descrivevano immaginarie situazioni di degrado e di pericolo dell’ambiente famigliare. Li definì Kidnaping giudiziari.In particolare un caso: un ragazzetto giuocando a pallone nel cortile di casa aveva mandato il pallone a finire sul balcone di un condominio. Invece di andare a bussare alla porta dell’appartamento, il ragazzino si era arrampicato sul balcone per prendere da sé il pallone. Accortosene, il suscettibile inquilino aveva pensato bene di sporgere, nientemeno, querela per violazione di domicilio. Il Tribunale dei minorenni aveva disposto, come previsto, una relazione del servizio sociale sull’”indagato”, credo appena quattordicenne.Il solerte assistente sociale, constatato che il “soggetto in questione” era figlio di un Maresciallo dei Carabinieri, orfano di madre, ne aveva dedotto che il tipo di educazione cui era sottoposto doveva essere di tipo autoritario e militaresco, tale d esercitare una reazione trasgressivistica di cui la scalata al balcone e l’introduzione abusiva nella pertinenza dell’altrui abitazione, era espressione emblematica del bisogno di evasione e di fuoriuscita verso l’atto. Ne concludeva che bisognava affidare subito il ragazzino ad un istituto.Il Tribunale dei Minori, mi pare quello di Bologna, invece di affidare l’insano psicologo ad un istituto di rieducazione, o, magari, alle cure della Signora Madaffari, ritenne di fare opera di saggia moderazione e mediazione, lasciando al padre, benchè Carabiniere e Maresciallo la patria podestà ed il suo esercizio, ma condizionandolo al controllo del Servizio Sociale, cioè dello psicologo analista della fuga verso l’alto del balcone e dei suoi colleghi.Non ebbi alcuna risposta.Auguri, Signora Carmela Madaffari!