L'ARCHIVIO DI OLTREILCARCERE

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mercoledì 17 ottobre 2007

SAPPE

Sappe; classe politica sorda ai problemi del paese
Comunicato stampa, 17 ottobre 2007

"L’allarme lanciato ieri dal Capo Dipartimento Amministrazione Penitenziaria Ettore Ferrara sul grave affollamento delle strutture carcerarie del Paese e sulle negative ricadute che esso produrrà nel sistema penitenziario conferma ciò che il Sindacato Autonomo Polizia Penitenziaria sostiene ormai da troppo tempo. Ed è grave che la classe politica e di Governo non abbiano recepito per tempo i nostri allarmi. Gli stessi dati sull’indulto evidenziano come non siano stati affatto programmati dal Governo quegli interventi strutturali per il sistema carcere - chiesti anche dal Capo dello Stato Napolitano - necessari per non vanificare in pochi mesi gli effetti di questo atto di clemenza. Parliamo di provvedimenti concreti di potenziamento dell’area penale esterna, che tengano in carcere chi veramente deve starci e potenzino gli organici di Polizia Penitenziaria cui affidare i compiti di controllo sull’esecuzione penale. Di un maggior ricorso all’area penale esterna, destinando i soggetti a misure alternative alla detenzione e impiegandoli in lavori socialmente utili non retribuiti. Di una revisione della legge sugli extracomunitari che permetta espulsioni più facili piuttosto che la detenzione in Italia. Era davvero necessario ripensare il carcere, ma dobbiamo constatare che nulla di tutto ciò è stato fatto. E l’allarme lanciato ieri da Ferrara lo conferma".
È il commento della Segreteria Generale del Sindacato Autonomo Polizia Penitenziaria Sappe, l’Organizzazione più rappresentativa del Personale con 12mila iscritti, alle parole di ieri del Capo Dap Ettore Ferrara sul possibile prossimo sovraffollamento dei penitenziari italiani.
"Nessuno ci ha ascoltato e l’allarme carceri è di nuovo una priorità" denuncia Donato Capece, segretario generale Sappe. "Il giorno stesso dell’approvazione dell’indulto da parte del Parlamento chiedemmo alla classe politica e di Governo, in linea con quanto affermò anche il Capo dello Stato Giorgio Napolitano, di adottare con urgenza rimedi di fondo al sistema penitenziario. Nessuno ha fatto nulla. La classe politica e governativa non hanno fatto seguire all’indulto i necessari interventi strutturali sull’esecuzione della pena, che garantiscano la giusta sanzione a chi commette reati soprattutto a tutela delle vittime della criminalità e che rendano la pena uno strumento efficace per ripagare la società del reato commesso. A cominciare dall’individuazione di provvedimenti legislativi che potenzino maggiormente l’area penale esterna e dall’incremento degli organici della Polizia Penitenziaria, unico Corpo di Polizia cui affidare completamente l’esecuzione penale esterna a tutto vantaggio della cittadinanza, destinando le unità di Carabinieri e Polizia di Stato oggi impiegate in tali compiti nella prevenzione e repressione dei reati, specie di quelli di criminalità diffusa".
"Per risolvere i problemi del carcere e dei poliziotti penitenziari" conclude Capece "l’indulto, da solo, non è bastato. Non è bastato nonostante dell’indulto ne avessero beneficiato quasi 35mila persone (27mila quelle ristrette nelle carceri, 8mila già beneficiarie di misure alternative alla detenzione e quindi materialmente fuori dal carcere a scontare una pena). Oggi stiamo tornando alle cifre allarmanti rispetto alle quali venne deciso proprio il provvedimento di clemenza. Ed a pagarne lo scotto maggiore, oltre ai cittadini, sono le donne e gli uomini della Polizia Penitenziaria, 24 ore su 24, 365 giorni all’anno in servizio nelle sezioni detentive delle carceri. La recriminazione maggiore è proprio questa. Non avere nel Paese una classe politica e di Governo in grado di comprendere che era allora, approvato l’indulto, il momento di ripensare il carcere e adottare con urgenza rimedi di fondo al sistema penitenziario, chiesti più volte anche il Capo dello Stato Giorgio Napolitano.