L'ARCHIVIO DI OLTREILCARCERE

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mercoledì 17 ottobre 2007

Sole 24ore

Giustizia: il dilemma; più carcere o più misure alternative?
di Donatella Stasio
17 ottobre 2007
Qual è il volto della nostra giustizia? Quello delle Erinni, le dee vendicatrici, o quello delle Eumenidi, le dee benevole? Con il "pacchetto sicurezza", il Governo fa la faccia feroce e punta sul carcere per arginare un certo tipo di criminalità diffusa (furti, scippi, rapine senza armi, incendi boschivi), che non merita né sconti di pena né misure alternative alla detenzione.
Ma la politica penitenziaria ha una faccia più benevola: dopo l’indulto, si punta proprio sulle misure alternative al carcere sia per evitare il ciclico sovraffollamento delle patrie galere sia per favorire il reinserimento del condannato nella società. Una benevolenza giustificata dall’esperienza, visto che per i detenuti che hanno beneficiato di misure alternative alla detenzione il tasso di recidiva è inferiore al 20%, mentre per gli altri è di circa il 60-65 per cento.
Governo bifronte? Certo è difficile non cogliere una contraddizione. Da un lato si punta al carcere, escludendo la sospensione automatica dell’esecuzione della pena; dall’altro lato si auspica che la magistratura di sorveglianza sia più larga di manica nella concessione ai detenuti delle misure alternative; tanto che, per incoraggiarla, l’amministrazione penitenziaria sta sperimentando l’utilizzo di agenti di polizia penitenziaria per vigilare sui detenuti beneficiari di queste misure.
Dopo l’indulto e le polemiche che si è trascinato dietro, il Governo non può più permettersi una nuova emergenza carceraria. Tuttavia, il rischio è concreto, se è vero che la popolazione carceraria aumenta al ritmo di mille unità al mese, per cui tra un anno potremmo tornare alla quota, pre-indulto, di 60mila detenuti. Un rischio tanto più concreto se il Governo deciderà di andare fino in fondo sulla strada del "pacchetto sicurezza", ovvero di una politica in cui la "certezza della pena" sembra declinata essenzialmente in termini di "più carcere": dalla custodia cautelare "obbligatoria" per tutta una serie di reati, alla possibilità di essere arte-stati subito dopo la condanna di primo grado, fino all’esclusione (per le condanne entro i 3 anni) di ogni misura alternativa alla detenzione.
Non solo. Ieri Mastella ha detto che la parola d’ordine dovrà essere anche "severità", e non ha escluso che si possa abbassare a 16 anni la soglia della punibilità dei minori. Per ora, la sua, è solo un’idea, che forse si ispira alla riforma approvata in Francia il 26 luglio di quest’anno, con cui è stato intaccato uno dei capisaldi posti dal 1945 a tutela dei minori: a partire dai 16 anni, in caso di recidiva non sarà più applicabile l’attenuante della minore età.
Se Sarkozy diventerà l’esempio da imitare, anche per i minori la maggiore severità potrebbe tradursi in "più carcere": un ulteriore contributo al sovraffollamento delle patrie galere...
A chi gli ha chiesto se non vi sia una contraddizione tra una politica della sicurezza che punta in modo inflessibile al carcere e una politica penitenziaria che, per evitare il sovraffollamento e assicurare un minimo di vivibilità, punta invece sulle misure alternative, Mastella ha risposto che il problema va ricercato, semmai, nell’eccessiva presenza di detenuti extracomunitari clandestini, poiché rappresentano il 40% della popolazione carceraria. Quindi, "con una modifica della legge Bossi-Fini la situazione potrebbe essere diversa". Un rimedio parziale, e che comunque stenta a prendere forma.
Ma il problema non è solo il sovraffollamento delle carceri. È capire se il Governo pensa davvero che il carcere sia la risposta migliore all’esigenza di sicurezza avvertita nel Paese e la strada maestra per il reinserimento del detenuto nella società. "I sistemi alternativi possono essere molto più produttivi - ha osservato ieri Gherardo Colombo, l’ex pm di Mani pulite che ha detto addio alla magistratura - e per chi sta in carcere la sanzione non deve essere solo un castigo, ma una strada per ripresentarsi legittimamente agli altri".
In fondo, anche Mastella la pensa così quando ammette che la "certezza della pena può essere garantita anche con modalità alternative al carcere". Allora, bisogna scommettere sulla giustizia, più che sulla vendetta. Come insegna Eschilo nell’Orestea, quando le Erinni placano la loro ira, accettando di trasformarsi nelle più concilianti Eumenidi. "Con questo lieto fine - scrive Francois Ost, filosofo del diritto nonché Direttore dell’Académie européenne de Teorie du droit - Eschilo dimostra che è possibile sottrarsi all’oscura necessità di un destino di colpe e di sventure: anche se per questo occorre che i cittadini coltivino il timore della punizione e il rispetto delle leggi".