Giustizia/Carcere- Beni (Arci):la società affidata ai proclami del leader
Dire, 15 aprile 2008
Parla il Presidente Nazionale dell’Arci: "Prevale l’idea di una società tutta affidata ai proclami del leader, alle soluzioni calate dall’alto. Una strada comunque perdente".
Quale terzo settore si prefigura, alla luce del risultato elettorale e alla luce del fatto che la campagna elettorale ha dato poco spazio al ruolo di anticipazione, denuncia della società civile organizzata? Redattore Sociale lo ha chiesto a Paolo Beni, presidente nazionale dell’Arci.
"Lo scenario è preoccupante, il risultato elettorale dà conferma dei segnali che avevamo visto e denunciato anche durante l’ultima fase del governo Prodi: una pericolosa deriva della politica italiana a chiudersi nella sfera istituzionale e limitare la partecipazione. Questo è stato un grosso limite del governo di centro sinistra, confermato poi da come si è condotta la campagna elettorale".
Una tendenza che il risultato elettorale ha suffragato, secondo Beni: "Prevale l’idea di una società tutta affidata ai proclami del leader, alle soluzioni calate dall’alto". Una strada "comunque perdente" per Beni, secondo il quale "c’è bisogno che si attivino le energie, ci vorrebbe una politica maggiormente attenta a questo, capace di fare un passo indietro e di riconoscere la rappresentanza sociale del terzo settore e della società civile tutta".
La tendenza alla chiusura della politica è stata percepita con forza dall’elettorato di sinistra, sinistra "che ha visto indebolirsi fatalmente il legame con la base". E il risultato delle urne lascia milioni di cittadini senza rappresentanza in Parlamento, "e questa è una deriva pericolosa".
Si riferisce alla possibilità di derive di gruppi extraparlamentari che possono mettere a rischio la democrazia, come ipotizza questa mattina Massimo Cacciari in un’intervista al quotidiano La Repubblica?
"Ci sono anche queste possibilità. È un dato di fatto che le forze che fanno riferimento alle aree socialista e comunista, che hanno una base diffusa e grande capacità di mobilitazione, non sono in Parlamento. Sono movimenti sociali che hanno aiutato la società italiana a interrogarsi positivamente su tanti temi fondamentali. Io credo che si debba porre estrema attenzione a questo, e al Partito democratico in particolare spetta questo compito".
Quali le responsabilità del terzo settore, in questo contesto?
"Aumentano ancora di più le responsabilità dell’associazionismo, del volontariato, del terzo settore tutto. Deve riuscire a darsi strumenti di rappresentanza unitaria".
Per farlo vanno superate tante frammentazioni, ci si può riuscire?
"Per riuscirci deve superare la pericolosa tendenza alla lobby e alla frammentazione di chi si relaziona in modo subalterno con la politica, perché tutto questo non è utile al Paese".
C’è chi sostiene che il maggiore problema del Paese sia quello culturale.
"C’è un grosso problema culturale, altrimenti non si spiegherebbe la vittoria di una destra populista e reazionaria e fortemente condizionata dalla Lega. Il successo della Lega si sta estendendo oltre il Nord, registra un buon risultato anche in Emilia Romagna, e questo deve preoccupare. I cittadini hanno difficoltà a manovrare gli strumenti della conoscenza e a elaborarli per costruirsi autonomia di pensiero e di giudizio. Questo è alla base della crisi della politica".
Parla il Presidente Nazionale dell’Arci: "Prevale l’idea di una società tutta affidata ai proclami del leader, alle soluzioni calate dall’alto. Una strada comunque perdente".
Quale terzo settore si prefigura, alla luce del risultato elettorale e alla luce del fatto che la campagna elettorale ha dato poco spazio al ruolo di anticipazione, denuncia della società civile organizzata? Redattore Sociale lo ha chiesto a Paolo Beni, presidente nazionale dell’Arci.
"Lo scenario è preoccupante, il risultato elettorale dà conferma dei segnali che avevamo visto e denunciato anche durante l’ultima fase del governo Prodi: una pericolosa deriva della politica italiana a chiudersi nella sfera istituzionale e limitare la partecipazione. Questo è stato un grosso limite del governo di centro sinistra, confermato poi da come si è condotta la campagna elettorale".
Una tendenza che il risultato elettorale ha suffragato, secondo Beni: "Prevale l’idea di una società tutta affidata ai proclami del leader, alle soluzioni calate dall’alto". Una strada "comunque perdente" per Beni, secondo il quale "c’è bisogno che si attivino le energie, ci vorrebbe una politica maggiormente attenta a questo, capace di fare un passo indietro e di riconoscere la rappresentanza sociale del terzo settore e della società civile tutta".
La tendenza alla chiusura della politica è stata percepita con forza dall’elettorato di sinistra, sinistra "che ha visto indebolirsi fatalmente il legame con la base". E il risultato delle urne lascia milioni di cittadini senza rappresentanza in Parlamento, "e questa è una deriva pericolosa".
Si riferisce alla possibilità di derive di gruppi extraparlamentari che possono mettere a rischio la democrazia, come ipotizza questa mattina Massimo Cacciari in un’intervista al quotidiano La Repubblica?
"Ci sono anche queste possibilità. È un dato di fatto che le forze che fanno riferimento alle aree socialista e comunista, che hanno una base diffusa e grande capacità di mobilitazione, non sono in Parlamento. Sono movimenti sociali che hanno aiutato la società italiana a interrogarsi positivamente su tanti temi fondamentali. Io credo che si debba porre estrema attenzione a questo, e al Partito democratico in particolare spetta questo compito".
Quali le responsabilità del terzo settore, in questo contesto?
"Aumentano ancora di più le responsabilità dell’associazionismo, del volontariato, del terzo settore tutto. Deve riuscire a darsi strumenti di rappresentanza unitaria".
Per farlo vanno superate tante frammentazioni, ci si può riuscire?
"Per riuscirci deve superare la pericolosa tendenza alla lobby e alla frammentazione di chi si relaziona in modo subalterno con la politica, perché tutto questo non è utile al Paese".
C’è chi sostiene che il maggiore problema del Paese sia quello culturale.
"C’è un grosso problema culturale, altrimenti non si spiegherebbe la vittoria di una destra populista e reazionaria e fortemente condizionata dalla Lega. Il successo della Lega si sta estendendo oltre il Nord, registra un buon risultato anche in Emilia Romagna, e questo deve preoccupare. I cittadini hanno difficoltà a manovrare gli strumenti della conoscenza e a elaborarli per costruirsi autonomia di pensiero e di giudizio. Questo è alla base della crisi della politica".
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