L'ARCHIVIO DI OLTREILCARCERE

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martedì 13 maggio 2008

Giustizia/Carcere: Una "soluzione carceraria" nel paese senza carceri



Il Riformista, 12 maggio 2008

Ci racconta la nostra Anna Chimenti, reduce da una settimana a Londra, che lì la destra al governo già si vede. Boris Johnson ha comprato le mountain bike ai suoi agenti municipali e li ha messi a pedalare davanti alle scuole, nei parchi, intorno ai play-ground.
Ci raccontano le cronache italiane che qui la destra al governo prepara una stretta legislativa per introdurre nuovi reati, aumentare le pene e mettere più gente in galera. La prima soluzione è preventiva, evitare che il delitto si compia; la seconda è carceraria, punire il delitto già compiuto. Abbiamo l’impressione che la seconda non funzionerà.
La via carceraria è ovviamente percorribile. La seguono paesi democratici come gli Stati Uniti. Negli Usa si calcola che l’un per cento della popolazione sia in galera. Qualcuno dice che è anche una politica sociale: da un rancio ai disoccupati cronici e riduce le statistiche dei senza lavoro. Però negli Usa ci sono le carceri private. Severe ma pulite, dure ma civili. Sono un business in attivo, perché gli imprenditori che le gestiscono ci guadagnano, con la retta e il lavoro dei carcerati. Può piacere o non piacere, ma è un sistema che funziona.
Invece, in Italia, dove metteremo tutti i delinquenti che arresterà l’avvocato Ghedini, autore del Disegno di Legge con cui Berlusconi vuole iniziare la sua terza era? Noi ce lo ricordiamo, l’avvocato Ghedini, votare da Senatore insieme con tutto il gruppo di Forza Italia per l’indulto. Il motivo era che le carceri scoppiavano, che erano sull’orlo di una rivolta, che vi si viveva in condizioni disumane, più volte sanzionate dalla Corte Europea dei diritti dell’uomo.
Motivi nobili. (Poi dentro c’erano anche un po’ di clienti dei numerosi avvocati eletti in Parlamento. Ma questo è un altro argomento e non va usato). Gli avvocati dell’indulto suggerivano come soluzione del sovraffollamento carcerario la depenalizzazione dei reati minori. Ora leggiamo che propugnano l’arresto anche per chi guida brillo. Quando avranno svuotato i Ctp e riempito le carceri di clandestini, nelle celle invece che in quattro dormiranno in otto. E siccome chi sta in carcere prima o poi esce, delinquerà il doppio quando uscirà: il 70% dei recidivi è tra coloro che scontano la pena dietro le sbarre, solo il 10% tra chi la sconta fuori.
Di carceri nuove non ce ne sono, Poggioreale è sempre Poggioreale: ci dicono di grazia in che cosa consiste questa gran trovata? Tutto ciò che previene il crimine va bene. Più poliziotti e carabinieri sulle strade, più vigili urbani armati, più agenti di quartiere, più vigilantes, anche più ronde, che poi altrove si chiamano "sorveglianza di comunità".
Vanno bene anche più carceri. Ma tutte queste cose costano, sono difficili da fare, richiedono tempo. Invece di partire di là, allora sipario di qua. Va bene anche prevenire l’immigrazione clandestina. Ma questo vuoi dire più guardacoste, più controlli dei documenti, più incursioni a sorpresa nelle fabbriche del nord o nelle campagne del sud. Siccome è difficile e costoso, dicono più espulsioni. Ma prima di espellerli, i clandestini devono scovarli.
Con la soluzione carceraria non ce la faranno. Perché neanche Super-Silvio può ordinare per telefono a ogni magistrato in ferie di non lasciar scadere i termini di carcerazione; ne può fermare a uno a uno i romeni che arrivano senza dare qualcosa in cambio alla Romania per non farli partire (a proposito, che cosa ha già promesso a Gheddafi per farlo stare zitto su Calderoli?).
Diciamo queste cose con un minimo di imbarazzo. Al momento, criticare il governo non è molto trendy. È tutto uno scambio di amorosi sensi. Con l’eccezione del valoroso Sartori, solo noi abbiamo segnalato che è un governo composto di professionisti della politica, spesso incompetenti, né più né meno di quelli precedenti. Realacci applaude la Prestigiacomo, che a sua volta "ringrazia tantissimo Alfonso", il suo famigerato predecessore. Morando dice che la ricetta presentata da Tremonti non differisce molto da quella di Bersani. Finocchiaro e Soro promettono che in Parlamento non faranno certo l’opposizione che l’opposizione fece a loro.
Si sa chi farà il governo ombra, ma non si capisce chi farà l’opposizione. Responsabile certo, e costruttiva, ma pur sempre opposizione. Se quello varato da Veltroni è davvero il governo in waiting, com’è nel prototipo britannico, devono convincerci al più presto che Marco Minniti è davvero il prossimo Ministro dell’Interno e Lanfranco Tenaglia il prossimo Ministro della Giustizia, e non solo i temporanei segnaposto del patto di San Ginesio tra i numeri due delle correnti. Per convincerci, devono opporre la loro soluzione a quella carceraria di Maroni e Alfano. Ma qual è la loro soluzione? È paradossale che si debba esser noi a ricordare i doveri dell’opposizione. Ma il buon governo ha bisogno di buona opposizione. C’è una giusta via di mezzo, tra Travaglio e il nulla.