L'ARCHIVIO DI OLTREILCARCERE

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domenica 13 luglio 2008

Carcere/Giustizia- Desi Bruno, garante dei diritti dei detenuti di Bologna: Se il carcere perde la speranza

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Il 21 maggio 2008, contestualmente alla emanazione del decreto legge recante misure urgenti in materia di sicurezza pubblica, è stato presentato, d’iniziativa dei senatori Berselli e Balboni, un disegno di. legge recante modifiche all’ordinamento penitenziario e al codice di procedura penale, in materia di permessi premio e di misure alternative alla detenzione, che intende modificare e in gran parte sopprimere gli strumenti rieducativi previsti dalla ed. legge Gozzini, rendendo sempre più lontano il tempo in cui sarà possibile uscire dal carcere , a prescindere dal percorso del singolo detenuto, vanificando il contenuto dell’articolo 27 Costituzione che stabilisce il carattere rieducativo della pena.

Questo disegno di legge è il prodotto di una concezione miope della sicurezza e di politiche che dell’esclusione sociale fanno il fulcro della risposta sicuritaria. Nella relazione di accompagnamento al progetto si legge che l’obiettivo è il recupero della ed. certezza ed effettività della pena. Si vuole i-gnorare che la certezza della pena è legata alla definitività della sentenza, e non è in contrasto, come autorevolmente più volte ribadito dalla Corte Costituzionale, preoccupata di salvaguardare la finalità di reinserimento della sanzione, con il principio della flessibilità dell’esecuzione della pena, cioè la possibilità di modularla in relazione ai progressi comportamentali dei singoli detenuti, unica strada perché il carcere non sia un luogo di non ritorno e consenta il recupero e la riabilitazione di autori di reato.

Il progetto di legge ignora de tutto le statistiche ufficiali del Dipartimento dell’Amministrazione Penitenziaria, che confermano in modo inoppugnabile che il tasso di recidiva è molto più alto con l’applicazione della pena certa che con la pena flessibile.

I risultati complessivi smentiscono la necessità di rivedere il sistema delle misure alternative alla detenzione: meno del 20% di chi è in misura alternativa reitera il reato (e la maggior parte sono persone tossicodipendenti per le quali per ovvie ragioni hanno più ricadute di altri), mentre la recidiva passa al 68% quando le persone scontano tutta la pena in carcere e si ritrovano in libertà senza un progetto di reinserimento.

D’altra parte bisogna ricordare che l’accesso alle misure alternative non è automatico, ma viene disposto dalla

Magistratura di Sorveglianza dopo un’accurata valutazione del singolo caso. Si giunge a poterne beneficiare dopo un graduale percorso presidiato da una rigorosa osservazione penitenziaria e da una severa valutazione dei requisiti oggettivi di accesso. Ma ora entriamo nel merito della proposta. Si propone di raddoppiare da dieci a vent’anni il periodo di pena che deve essere espiata da un condannato all’ergastolo che abbia tenuto condotta meritoria prima di poter accedere al permesso premio. L’affidamento fuori dall’istituto per un periodo uguale a quello della pena, che può oggi essere disposto se la pena detentiva da scontare non supera tre anni, viene limitato ai casi in cui la pena non supera il singolo anno.

Per quanto riguarda la detenzione domiciliare: viene alzata da 70 a 75 anni l’età per accedervi per motivi di anzianità, in considerazione del lieto allungarsi della vita umana, riporta la relazione di accompagnamento; viene portata da quattro a due anni la pena residua da potersi scontare presso la propria abitazione in specifici casi previsti e da due anni a un anno nella ordinari età dei casi. Si allungano i tempi per accedere alla semilibertà (vanno scontati almeno i due terzi della pena e in alcuni casi i tre quarti), del tutto inibita agli ergastolani.

Viene soppressa integralmente la liberazione anticipata, ossia la riduzione di 45 giorni a semestre prevista per chi ha regolare condotta in carcere, istituto premiale che ha avuto il merito di costituire deterrente ai conflitti interni e di costituire uno stimolo ad un buon comportamento.

Il rischio concreto, se si venisse ad adottare tale criterio del carcere come unica risposta, è quello di avere ricadute drammatiche in termini prima di tutto sovraffollamento, in una situazione che è già prossima ai numeri del periodo pre-indulto, ma soprattutto toglierà ogni speranza ai detenuti, soprattutto ai condannati a pene detentive lunghe, con inevitabili ricadute negative sulla vita carceraria.

Se il Parlamento voterà questa proposta si assumerà la pesante responsabilità di far retrocedere il carcere a quello che era prima degli anni settanta e, a garantire quel trattamento inumano e degradante che è vietato dalla nostra Costituzione e dalle Convenzioni internazionali.