L'ARCHIVIO DI OLTREILCARCERE

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giovedì 18 settembre 2008

Carceri. Sono 85 i detenuti morti in meno di un anno mentre si pensa ai "braccialetti"

Nella indifferenza più totale, così si consuma la vita nelle carceri italiane. Siamo al collasso, ma si pensa di abolire la legge Gozzini
giovedì 18 settembre 2008, di Adriano Todaro

Un detenuto agli arresti domiciliari presso una clinica psichiatrica di Viterbo, si è tolto la vita martedì 16 settembre. L’uomo, 42 anni, era stato arrestato in seguito al furto di alcuni oggetti dal duomo di Civita Castellana, in provincia di Viterbo.

E’ l’ultimo suicidio in ordine di tempo che interessa i detenuti. Molte volte, come in questo caso, non si conosce neppure il nome del detenuto. In altri casi il nome lo si conosce e così veniamo a sapere che nel carcere di Opera (Milano) un 33enne, Gianni Montenegrini, è stato trovato impiccato. Gli inquirenti pensano al suicidio, ma molti fanno notare che un paraplegico avrebbe difficoltà ad impiccarsi. Gianni Montenegrini era in carcere dal giugno scorso in attesa di giudizio.

Nel carcere di Velletri, invece, Stefano Brunetti, 41 anni, prima di morire ha accusato gli agenti penitenziari di averlo ridotto in gravi condizioni. Arrestato per il tentato furto di una bicicletta, Brunetti aveva avuto prima una colluttazione con il proprietario e poi, nel commissariato di Anzio, aveva distrutto alcune suppellettili della camera di sicurezza. Per questo motivo era stato sedato e portato nel carcere di Velletri. La mattina seguente l’uomo, con il torace gonfio a causa probabilmente di lesioni interne, è stato trasferito all’ospedale di Velletri e sottoposto a Tac. Poco prima di morire al medico che gli chiedeva chi lo avesse ridotto in questo modo, aveva risposto “Le guardie!”.

Un detenuto marocchino si è suicidato per inalazione di gas a Badu ‘e Carros, in provincia di Nuovo. Senza nome e senza storia, come tanti suoi connazionali. Il 25 agosto scorso, invece, è morto Franco Paglioni, trovato riverso sul pavimento della cella tra le sue feci dopo aver inutilmente denunciato forti dolori. Mentre le istituzioni parlano di cause naturali, il cappellano del carcere, don Dario Ciani, scrive che le condizioni di salute del detenuto erano note, tanto che in passato aveva sempre ottenuto misure alternative a causa della sua incompatibilità con la detenzione.

Questa volta non è accaduto e Franco Paglioni è morto. L’autorità giudiziaria non ha chiarito le cause esatte dalla morte. Del resto a chi mai può interessare un Franco Paglioni qualsiasi affetto, per giunta, da una sieropositività conclamata? A nessuno. Se in carcere ci va qualche potente, comincia la sfilata dei deputati per andarlo a trovarlo, si parla di garantismo. Se poi si toglie la vita o muore… Paglioni non era nessuno, era malato, non aveva nessun potere, non faceva parte dei poteri forti di questa società. E’ morto fra le sue feci e nessuno si è accorto.

Nelle carceri italiane dal 1° gennaio al 12 settembre 2008 sono morti 85 detenuti. Di questi, almeno 33, per suicidio. Rispetto allo stesso periodo del 2007, il numero dei suicidi tra i detenuti è aumentato dell’11 per cento. Se continua questo andamento, alla fine dell’anno i suicidi potrebbero arrivare a quota 50 (nel 2007 erano stati 45) e il totale dei decessi a 128 (contro i 123 del 2007). In totale, dal 2000 ad oggi, i detenuti morti in carcere sono stati 1.298, di cui 468 suicidi accertati.

E mentre in carcere si muore, il duo Alfano-Maroni straparla di braccialetti elettronici. I 400 utilizzati finora con scarso successo, sono costati, a tutti noi, 11 milioni di euro l’anno, fin dal 2003 con un contratto stipulato con la Telecom che scade nel 2011. In pratica pagheremo senza usare i 400 braccialetti anche perché, tecnicamente, sono stati un flop. Il segnale si perdeva oltre i 200 metri come si perdeva se il detenuto andava in cantina o nella vasca da bagno. Per l’affitto dei 400 braccialetti, abbiamo accumulato un debito di 7 milioni di euro.

Ora si parla di spendere altri 20 milioni di euro. Ma come? Hanno sempre detto che non c’erano soldi. Perché, di grazia, sono stati tagliati 150 milioni di euro per le strutture carcerarie e per la traduzione dei detenuti? La domanda se l’ha fatta Francesco Quinti, responsabile nazionale Comparto Sicurezza della Cgil. Sì, bella domanda. Dubitiamo che Quinti avrà delle risposte. I nostri governanti sono tutti presi a convincere gli italiani che c’è un problema sicurezza e in carcere debbono andare tutti (almeno coloro che non sono potenti): da chi fa pipì in strada a chi adesca, da chi si sdraia sulle panchine a chi legge un libro nel parco, da chi usa gli zoccoli a chi usa le borse di plastica. E in più, naturalmente, i “diversi”, siano essi gay, neri o rom. In realtà le carceri scoppiano di nuovo, c’è un sovraffollamento spaventoso.

Ogni mese entrano in carcere circa mille persone. Alla fine dello scorso agosto in carcere c’erano 55.831 persone per 43.262 posti, Al momento dell’indulto c’erano in carcere 60.710 detenuti. Secondo le stime del Dap (Dipartimento amministrazione penitenziaria) fra poco si potrebbe arrivare alla cifra esplosiva di 67 mila persone incarcerate.

Ci sono sempre più conflitti con gli agenti, fra gli stessi detenuti perché quando si dorme in sette in una cella di pochi metri, certamente non si può essere rilassati e contenti. E qualcuno propone di abolire la legge Gozzini. Così torneremo indietro e ricominceranno le rivolte nelle carceri. E questo che vogliono i nostri ministri?

Ogni detenuto ci costa 300 euro al giorno e la Gozzini (legge 663 del 1986) andava nel senso del recupero del condannato, quindi anche del risparmio economico. D’altronde un detenuto recuperato e reinserito non costituisce più un pericolo e i dati dimostrano che non si delinque più. E’ questa la vera sicurezza, non l’altra, quella “percepita”, quella strombazzata dai media servili, dai giornalisti proni agli ordini del potente del momento.

Se approveranno l’abolizione o la modifica della Gozzini, se l’obiettivo sarà solo quello della repressione, delle pene inasprite, si toglierà ai detenuti la speranza per una vita migliore e diversa. Se non c’è possibilità di riscatto perché mai dovrei tenere buona condotta? Le carceri saranno in balìa dei rivoltosi e la società continuerà ad avere paura. Più di prima.