L'ARCHIVIO DI OLTREILCARCERE

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lunedì 15 settembre 2008

Giustizia: 50 milioni di € spesi per 400 "braccialetti" fantasma

di Andrea Scaglia

Libero, 15 settembre 2008

Braccialetto sì, braccialetto no. E mica è questione di stile, qui si tratta di sicurezza. Il discorso è quello sul dispositivo elettronico utile per controllare a distanza i condannati agli arresti domiciliari o all’obbligo di dimora. Recentemente, il ministro della Giustizia Alfano ha dichiarato che po’ di spazio vitale nelle prigioni al collasso. Progetto interessante che, come si dice, è allo studio. Di certo c’è che la legge che ne prevede l’uso esiste. E anche braccialetti e apparecchiature sono lì, a disposizione. E i contratti con le aziende incaricate di gestire l’operazione pure. Tanto che, da quando nel 2001 è stata avviata la sperimentazione, che però ha riguardato poche decine di casi, lo Stato ha già speso 50 milioni di euro. Cinquanta milioni! Una storia che vale la pena di raccontare.

Legge e sperimentazione

La vicenda comincia a fine 2000. Elezioni politiche alle porte, l’Ulivo deve arginare l’avanzata del Cavaliere. Così, il governo presieduto da Giuliano Amato emana il decreto 341/2000, convertito in legge nel gennaio 2001, che appunto prevede l’uso del braccialetto: otto mesi di sperimentazione "e poi si vedrà". E allora, via alla distribuzione: 75 braccialetti - 34 ai Carabinieri, altrettanti alla Polizia e 7 alla Finanza - per ognuna delle cinque città campione (Milano, Torino, Roma, Napoli, Catania). Trecentocinquanta apparecchi in tutto. A ognuna delle cinque società private da cui il Viminale affitta dispositivi e relative centraline vanno 870 milioni di vecchie lire, dunque la spesa complessiva è di circa 2 milioni di euro.

La prima applicazione avviene a Milano, il 20 aprile 2001. Tra fotografie interviste, il peruviano Augusto Cesar Tena Albirena - 5 anni e 8 mesi di condanna per traffico di droga - dichiara che ha deciso di accettare il braccialetto (la legge prevede il benestare del detenuto) perché "è un po’ umiliante, ma piuttosto che il carcere ne avrei portato uno anche al collo". Nelle settimane successive ne vengono "accesi" altri 50 (dunque 51 su 350). Per la cronaca, Augusto Cesar evade il 26 giugno, quando al governo è passato il centro-destra. "Sembrava una buona soluzione - commenta il ministro della Giustizia Roberto Castelli -, ma evidentemente qualcosa non va".

Circolari e contenziosi

Si arriva al dicembre 2001, scadenza della fase sperimentale. Nonostante le perplessità, e anche perché alcuni impianti sono ancora in funzione, braccialetti e centraline restano a disposizione delle forze dell’ordine. E le imprese fornitrici continuano a emettere fatture. A metà maggio 2002, il Viminale informa le aziende che, "in merito al pagamento dei braccialetti ancora in uso... è stato chiesto... di comunicare al ministero della Giustizia l’improrogabile necessità di sospendere tutte le misure cautelari in corso". Circolare che cade nel vuoto: il 27 luglio l’ergastolano mafioso Antonino De Luca fugge dall’ospedale milanese Sacco dove si trovava sotto controllo elettronico. Viene ripreso il 29 ottobre. Ma il pasticcio continua.

Nel febbraio 2003, il ministero indirizza un’altra circolare a Polizia, Carabinieri e Finanza delle cinque città-campione. Si dice di far presente all’autorità giudiziaria che i braccialetti non bisogna più usarli. E poi: "Al fine di dirimere il contenzioso insorto, è in stato di approfondimento l’esame dei rapporti con le ditte fornitrici". D’altro canto, nel marzo 2003 un giudice milanese ordina l’applicazione di un braccialetto. La società chiamata in causa fa presente che non viene pagata da tempo, ma il rischio è che possa essere citata per interruzione di pubblico servizio. Lo stesso a Catania: il giudice dispone il controllo elettronico, la polizia risponde che di braccialetti non ne ha. Un caos.

L’ingresso di Telecom

In ogni caso, i contenziosi con le società vengono risolti. Ma la telenovela prosegue. L’idea è di organizzare una struttura degna di questo nome, per applicare la legge senza altri problemi. Viene firmato un contratto con Telecom, che si prende in carico la gestione su tutto il territorio nazionale - centrale unica di controllo a Roma e centraline in ogni provincia italiana - appoggiandosi a tre società specializzate per la fornitura degli apparecchi. Costo: circa undici milioni di euro all’anno fino al 2011. La fase di rodaggio di questa seconda (falsa) partenza sarebbe finita nel 2005. Per quanto riguarda il suo utilizzo, poco o niente.

Ed eccoci al 2006. Prodi torna al governo. E la convenzione con Telecom viene confermata. Ma, di fatto, il braccialetto elettronico resta un oggetto-fantasma. Mentre i costi no, quelli sono reali: gli apparecchi ci sono, anche se non vengono usati. E comunque, due milioni per la prima sperimentazione, poi undici milioni all’anno dal 2003. I termini del contratto non vengono resi noti, ma il calcolo non è difficile: a fine 2007, il costo dell’operazione raggiunge i 50 milioni di euro. Attualmente, secondo il Viminale ci sono sei braccialetti in funzione. Sei.

Favorevoli e dubbiosi

Ora, come detto, la questione è tornata in auge. E c’è chi spera che sia la volta buona. Il Sappe, sindacato della Polizia penitenziaria, è fra questi: "A fine anno le carceri supereranno i 63mila detenuti, una situazione insostenibile. Il braccialetto elettronico permetterebbe poi di liberare molti agenti da mansioni di sorveglianza domiciliare. E le nuove tecnologie permettono di superare i problemi di un tempo". D’altra parte, il sottosegretario all’Interno Mantovano conferma che "in sé è utile e oggi può funzionare tecnicamente".

Aggiungendo però qualche controindicazione: "I magistrati di sorveglianza restano un po’ di scettici", e poi "ne abbiamo a disposizione 400, se si vuole arrivare all’utilizzo di cui si è parlato [circa 4mila detenuti, ndr] bisognerà comprarne molti altri: c’è sproporzione fra disponibilità e obiettivi. Senza contare che una spesa del genere non può gravare sul ministero dell’Interno, tra l’altro in un momento in cui c’è da risolvere il problema degli straordinari delle forze dell’ordine". E quindi? "E quindi, il contratto con Telecom esiste e va onorato. Ci vuole una soluzione che faccia fruttare i soldi spesi, ma che non aggiunga spreco a spreco". Bene, purché si faccia in fretta. Perché, nel frattempo, il tassametro continua a correre. Con o senza braccialetto.