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venerdì 12 settembre 2008

Giustizia: contro il "tintinnar di manette" la ragione non vale


di Giancarlo Dotto

La Stampa, 12 settembre 2008

Ricetta infallibile. Manette (e gogna) agli ultras di ogni tipo, a quelli del sesso a pagamento sulle strade e a quelli della violenza gratuita negli stadi. Gli uni e gli altri liquidati come scarto sociale, delinquenti da mettere al bando. Vecchia storia. La politica che mostra i muscoli confessa pubblicamente due cose, il suo fallimento strategico oltre che il suo deficit intellettuale. Ovvero, l’incapacità di meditare sul tema. Se poi a mostrare i muscoli non è Ignazio La Russa ma Antonio Matarrese, l’effetto esilarante è garantito. Da tempo i comizi di Tonino surclassano quelli di Totò in quanto a comicità. La gente fa la fila come al cabaret. Nella smania di mostrarsi più duro del duro Maroni, il presidente della Lega stavolta ha esagerato.

Matarrese ha detto: "Se necessario mettiamo delle celle negli stadi. O siamo forti o ci arrendiamo, noi non ci arrendiamo". Attorno a lui, tutto un darsi di gomito e di risatina, a cominciare dallo stupefatto Roberto Maroni che, fino a un attimo prima, era convinto di essersi seduto a un tavolo istituzionale.

Tonino a parte, il clima che si respira oggi un po’ ovunque è questo: bastonare uguale semplificare. Gli stadi non sono ancora sicuri? Lungo i marciapiedi dilaga il vizio? Chiudere gli stadi, perimetrare i marciapiedi. Totale sintonia tra Mara, intesa come Carfagna, e Maroni. Matarrese a parte, non sono al sicuro nemmeno i comici. Ritornano divise, pagelle e insegnati unici. A quando il ripristino della censura al cinema per decreto regio? Il modello politico imperante è Giorgio Bracardi in versione Catenacci: tutti in galera!

Se la politica è occupata a bastonare e ad amputare, proviamo noi a ragionare. E a distinguere. Meretricio e violenza. Nel primo caso c’è la pena, ma non esiste il delitto. Nel secondo c’è il delitto, ma non si capisce bene quale sia la pena. Si chiamavano cortigiane e poi lucciole, puttane, prostitute, ma quella del sesso mercenario è storia che va avanti da millenni. Dalla legge Merlin ai giorni nostri è tutta una pirotecnica di proposte, uno strepitare di proclami, purché nulla accada.

Incapaci di regolamentare e di educare, non ci resta che stroncare. Stroncare il racket? No, criminalizzare il cliente. Si alza la voce per negare il problema. Tutti in galera! Ottimo. Riapriamo allora i bordelli? C’inventiamo i quartieri a luci rosse, recintiamo l’orrida pulsione? Macché. Zero.

Si finge di non sapere che appiccicare la lettera scarlatta a prostitute e clienti è solo un modo per fuorviare la meditazione sulla donna offesa. La donna che si prostituisce forse, ma anche quella spesso degradata a macchina di riproduzione, umiliata a schiava del sesso, condizione sancita e prescritta dall’alibi di un contratto matrimoniale.

E ancora. Sono davvero tutti patologici gravi i nove milioni d’italiani che, secondo i dati forniti dallo stesso dipartimento delle Pari Opportunità, il ministero della Carfagna, cercano sesso a pagamento? La Mara si sente certo bene quando si dice dentro il suo impeccabile tailleur "Come donna le case chiuse mi fanno rabbrividire...".

Fosse per lei, avrebbe schiaffato in galera miliardi di malafemmine e di uomini depravati, inclusi Baudelaire, Picasso e Simenon, per non parlare di Fellini. Più illuminata di Solone, che istituì le prime case di piacere ad Atene, e di Camillo Benso conte di Cavour, che per arruffianarsi i francesi autorizzò le prime case di tolleranza in Italia.

Dovere di un ministro è identificarsi con i suoi cittadini. Ha mai provato la leggiadra Mara a identificarsi con il ripugnante settantenne ancora sessualmente vispo, disgrazia sua, anche perché, dalla farmacia oggi gli passano di tutto, tra Viagra e Cialis, e nelle promozioni televisive gli spiegano che la vecchiaia non esiste, che è un pregiudizio e lui poveraccio ci crede?

Ancora scorciatoie. Blindare gli stadi, vietare le trasferte, risultato garantito. Ma a che prezzo? E quale la prospettiva? Vincenzo Paparelli fu trapassato da un razzo ostile il 28 ottobre del 1979, quasi trent’anni fa. Una vita. Da allora, solo la spettacolare resa delle istituzioni rispetto a un fenomeno che si poteva e si doveva controllare. Solo polizia e muro contro muro. Lo Stato che fa concorrenza al teppista, nella sfida del "odia il prossimo tuo almeno quanto odi te stesso".