L'ARCHIVIO DI OLTREILCARCERE

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martedì 9 settembre 2008

Giustizia: il piano svuota-carceri? molto fumo e poco arrosto

di Stefano Anastasia (Associazione Antigone)

Aprile on-line, 9 settembre 2008

Braccialetti elettronici per mandare a casa sotto controllo i detenuti a meno di due anni dalla fine della pena; espulsione per gli stranieri nelle stesse condizioni. Si tratta di misure già previste nel nostro ordinamento e che non hanno finora dato alcun effetto significativo, meno che mai in termini di riduzione della popolazione detenuta

Molto fumo e poco arrosto. Questo in sintesi il cosiddetto "piano svuota-carceri" elaborato dal Ministero della giustizia. Molto fumo: braccialetti elettronici per mandare a casa sotto controllo i detenuti a meno di due anni dalla fine della pena; espulsione per gli stranieri nelle stesse condizioni. Poco arrosto: si tratta di misure già previste nel nostro ordinamento e che non hanno finora dato alcun effetto significativo, meno che mai in termini di riduzione della popolazione detenuta.

Le espulsioni dei detenuti sono soggette alle incertezze di qualsiasi altra espulsione di immigrati irregolari: come è difficile effettuare queste, non si fanno neanche quelle, non perché gli immigrati scappano, ma perché noi non abbiamo mezzi e soldi per espellerli e i loro paesi d’origine non vogliono prenderseli.

Quanto al braccialetto, poi, i detenuti se lo metterebbero anche al collo, pur di uscire, ma in anni di sperimentazione si è capito solo che costa tanto e aggiunge poco alle capacità di controllo delle forze di polizia.

Molto fumo e poco arrosto anche sui risultati attesi: se il Governo dovesse trovare i fondi necessari (quanti? dove?), se i giudici si decidessero ad applicare più di quanto non facciano norme già esistenti, se - infine - il Governo riuscisse a convincere i principali Paesi di provenienza degli stranieri detenuti a riprenderseli quando e come vogliamo noi, e se tutto questo accadesse domattina, uscirebbero dalle carceri italiane circa settemila persone, lasciando in galera cinquemila persone più del consentito, che rapidamente tornerebbero a moltiplicarsi, come dopo l’indulto.

A ben guardare, quel po’ d’arrosto di cui si sente l’odore sotto la coltre nebbiosa degli annunci del Governo è più nel riconoscimento del problema che nelle soluzioni proposte. Abbacinati dalla propria stessa propaganda, nei primi mesi di legislatura Governo e maggioranza hanno minacciato fuoco e fiamme contro qualsiasi forma di devianza e di irregolarità, usando qualsiasi strumento per rassicurare un’opinione pubblica terrorizzata dalla loro stessa propaganda.

Oggi, finalmente, il Ministro della giustizia deve aver fatto un giro per le carceri e avrà scoperto dove vanno a finire le parole in libertà spese sulla sicurezza e la certezza della pena.

Il problema dell’indulto non è stato quello che abbia fatto uscire troppe persone di galera (ne sono uscite il giusto, quante erano necessarie per riportare la legalità nelle carceri), ma che a esso non abbia fatto seguito una politica conseguente, fatta di riduzione del ricorso alla giustizia penale di fronte a gravi problemi sociali e di ordinario ricorso alle alternative al carcere.

Per questo (e non per la recidiva degli indultati, che rimane ancora oggi ampiamente al di sotto delle medie abituali), le carceri sono tornate ad affollarsi, sotto la spinta di una cattiva propaganda politica che spinge a incarcerare chiunque appaia fuori dalla norma prima ancora che pericoloso.

Dunque, il piano svuota-carceri del Ministro della giustizia merita di essere preso in considerazione per quel tanto di aperta contraddizione vi è in esso, rispetto alle politiche e alla propaganda del Governo in carica. Non a caso il Ministro dell’Interno, che finora - con il suo partito - ha dato la linea in materia di sicurezza, non ne vuole sentire parlare: il piano Alfano non solo è in contraddizione con le scelte di politica criminale fin qui compiute, ma ne è anche una aperta denuncia di insostenibilità.

Maroni se la cava dicendo che bisogna costruire più carceri, ma anche lui lo sa che il suo slogan è l’ultimo vessillo degli imprenditori politici della paura. Prima o poi bisognerà far qualcosa, e qualcosa di radicalmente diverso, se non si vuole far precipitare l’Italia nell’abisso delle pene e dei trattamenti inumani.