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martedì 9 settembre 2008

Giustizia/Giustizia: "braccialetto", come renderlo coerente con le norme


Il Velino, 9 settembre 2008

In seguito alle polemiche degli ultimi giorni sull’eventualità di ricorrere al braccialetto elettronico per aumentare il numero di detenuti agli arresti domiciliari, liberando così le carceri sovraffollate, senza però aggravare il lavoro per le forze dell’ordine responsabili del controlli, al ministero di via Arenula sono stati rimessi "all’ordine del giorno" analisi e studi che già negli anni scorsi vennero realizzati sull’ipotesi braccialetto elettronico.

In attesa di una proposta articolata da parte dell’Ufficio legislativo che indichi le possibili modifiche normative per garantire un’effettiva applicazione del controllo a distanza, anche riducendo la discrezionalità dei tribunali di sorveglianza, la squadra di giuristi che affianca il Guardasigilli Angelino Alfano ha fatto il punto sui molti dubbi relativi all’efficacia dell’iniziativa. "Lasciando da parte eventuali problemi tecnici - dicono al ministero - che negli ultimi anni si possono definire in gran parte risolti, come dimostra l’esempio della Francia, che ha adottato con un buon successo il braccialetto elettronico, il nodo centrale del problema resta quello normativo". Attualmente infatti il braccialetto può essere applicato soltanto con il consenso del detenuto "e una prima modifica - sottolineano i tecnici di via Arenula - dovrà riguardare l’eliminazione di questa condizione". "Inoltre - precisano le stesse fonti - bisogna chiarire che i benefici penitenziari riconosciuti dall’ordinamento italiano sono di gran lunga superiori a quelli previsti in qualsiasi altro ordinamento, almeno in quei Paesi che hanno adottato il braccialetto elettronico". Una circostanza, a parere dei tecnici, che spiega perché negli Stati Uniti, ad esempio, sia così stretto il nesso tra concessione della libertà vigilata e l’uso del braccialetto elettronico.

"Anzitutto il diritto anglosassone - aggiungono i magistrati di via Arenula - non prevede l’istituto delle detenzione domiciliare ma solo quello della semilibertà, che viene scontata in istituti convenzionati diversi dalle strutture carcerarie, o della libertà vigilata". In entrambi i casi il braccialetto elettronico è la condizione essenziale: "viene applicato automaticamente per effetto della decisione che concede la scarcerazione".

"In secondo luogo - dicono ancora in via Arenula - le sanzioni previste per chi mette fuori uso il braccialetto o si allontana oltre il raggio previsto, sono molto pesanti e vengono applicate direttamente dall’amministrazione penitenziaria, senza passare, almeno in alcuni Paesi, per un processo o una qualunque procedura giurisdizionale che invece, in Italia, sarebbe obbligatoria perché il nostro ordinamento non consente in nessun caso all’autorità amministrativa di limitare la libertà personale".

Una condizione questa, a parere degli uffici giuridici del ministero della Giustizia, che "costituisce un fortissimo deterrente contro le evasioni". A ciò bisogna aggiungere, dicono gli esperti di relazioni internazionali in servizio a via Arenula, che "soprattutto negli Stati Uniti il libero vigilato è affidato ad un garante, spesso titolare di associazioni che svolgono questo ruolo per diverse decine di persone, che ha il potere di ricercare e catturare l’evaso senza gravare sulle forze dell’ordine, se non vuole rischiare le somme che sono state vincolate a garanzia della libertà vigilata dell’ex detenuto". In altri casi, inoltre, "è possibile vincolare le proprietà dell’ex detenuto o dei suoi familiari al rispetto delle condizioni di libero vigilato o semilibero".

La situazione sarebbe invece "del tutto diversa in Italia, dove da un lato non esistono norme che consentono di vincolare somme o beni al rispetto delle regole da parte del semilibero o del detenuto in casa, e dall’altro già attualmente tutti i detenuti ai quali resta da scontare metà della pena possono beneficiare, a seconda dei casi, della semilibertà, del lavoro esterno, dell’affidamento in prova ai servizi sociali o degli arresti domiciliari. In tutte queste circostanze - spiegano al ministero - aggiungere un braccialetto elettronico costituirebbe soltanto un notevolissimo aggravio di costi tecnologico senza alcun beneficio pratico sul piano dell’affollamento carcerario".

Sarebbe allora necessario, secondo le prime analisi dell’Ufficio legislativo del ministro Alfano, "introdurre norme che da un lato considerino la detenzione extracarceraria con braccialetto elettronico qualcosa di diverso e più grave della semplice detenzione domiciliare, e a maggior ragione della semilibertà".

Una sorta di "carcere fuori le mura", al quale ricorrere nei casi di minore pericolosità sociale. "Seguendo questa logica - ipotizzano al ministero - si potrebbe anche prevedere che in tali casi il ricorso alla detenzione extramuraria con dispositivo di controllo a distanza sia obbligatoria".

Ma, si affrettano a precisare in via Arenula, "si dovrebbe comunque agganciare questa procedura ad un giudizio di minore pericolosità sociale e un giudizio simile deve necessariamente darlo o il giudice che procede se il detenuto è in attesa di giudizio, o il tribunale di sorveglianza se è condannato definitivo". Una precisazione che fa comprendere come "non sarebbe comunque garantito il ricorso al braccialetto elettronico: i tribunali di sorveglianza potrebbero motivare in modo diverso anche a seconda dei contesti sociali nei quali il provvedimento deve essere adottato". Un’ipotesi che finirebbe comunque per incidere negativamente sulla "diffusione" del braccialetto.

Dalle analisi che sono state condotte al ministero della Giustizia nelle ultime ore emergerebbe, in sostanza, che se da un lato il ricorso al braccialetto elettronico potrebbe essere non solo possibile ma anche utile, dall’altro sarebbe comunque impossibile fare previsioni certe sui numeri interessati all’eventuale applicazione del dispositivo.

Su un punto in via Arenula sono tutti d’accordo: "Non ha alcun senso l’obiezione dei sindacati di polizia circa la presunta necessità di assumere nuovi agenti per controllare gli allarmi dei braccialetti, perché si tratta di un compito che spetterebbe alle autorità penitenziarie e non alle forze dell’ordine, che invece dovrebbero essere allertate soltanto in caso di evasione, proprio come succede oggi, con la differenza che per coloro che hanno il braccialetto non servono i controlli periodici al domicilio da parte di polizia e carabinieri". "Certo è però - concludono - che se è vero che non servono nuovi agenti, sarebbe necessario nuovo personale penitenziario addetto alle centrali di controllo satellitare".