L'ARCHIVIO DI OLTREILCARCERE

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lunedì 8 settembre 2008

Giustizia: suicidi e rischio di rivolte, una situazione esplosiva

di Alberto Custodero

La Repubblica, 8 settembre 2008

Franco Paglioni è morto in carcere qualche giorno fa, a Forlì, "abbandonato alla sua malattia e tra le sue feci", come segnala "Ristretti Orizzonti", rivista on-line dedicata alla vita dietro le sbarre. I compagni di cella e il volontariato carcerario hanno denunciato "la sua fine assurda: stava male, ma nessuno l’ha curato. Episodi come questi, non devono succedere. Neanche i cani si abbandonano così, si curano. E lui era una persona".

Paglioni è una delle 72 persone detenute decedute quest’anno in prigione (31 per suicidio, le altre per altre cause). Uno di questi decessi - ancora da chiarire - avvenuto il 27 agosto, ha scatenato nel carcere di Trento una rivolta dei detenuti che nella notte hanno incendiato tutto quel che avevano a disposizione. E occupato i cortili. Ma in quei "ristretti orizzonti" dietro le sbarre si consumano ogni giorno violenze di ogni tipo. A fine agosto, a Cosenza - lo ha denunciato il leader del Movimento diritti civili, Franco Corbelli - un detenuto sieropositivo è stato stuprato, picchiato e minacciato. Ed è successo (lo ha dichiarato Leo Beneduci, dell’Osapp, il sindacato della Polizia penitenziaria), "che un transessuale sia finito nella stessa cella di uno stupratore", "che i detenuti usino i fornelletti dei cucinini per scaldare l’olio e tirarselo addosso quando litigano fra loro".

"E che i poliziotti - ha aggiunto - subiscano in media due aggressioni al giorno, più di 700 all’anno". Nelle carceri, spiega il leader dell’Osapp, i detenuti sono "stipati" alla rinfusa, senza tenere conto "delle differenze etniche, religiose, e gli odi che ci possono essere fra malavitosi di mafie fra loro in concorrenza".

Beneduci: "A San Vittore si registra un aumento preoccupante di risse fra albanesi, magrebini e romeni". E c’è chi dice che siano gli albanesi ad avere qui il controllo dei bracci del carcere. Ma a Bologna, secondo Valerio Guizzardi, di Papillon (associazione di detenuti o ex), "manca l’acqua calda perché l’impianto termico è per 400 detenuti, non per i 1.100 che ci sono attualmente".

"E i carcerati - dice ancora Guizzardi - si lamentano del cibo causa di gastriti e altre patologie che, a detta loro, neppure un maiale mangerebbe. Le condizioni igieniche nel carcere della Dozza sono talmente precarie che il sindaco Sergio Cofferati ha emesso un’ordinanza per ripristinare l’igiene".

Per Vittorio Antonini, vicepresidente nazionale di Papillon, ergastolano (entrò in carcere nell’aprile del 1985), il sovraffollamento delle prigioni "disattende la finalità rieducativa della reclusione prevista dalla Costituzione: il rapporto fra educatori e psicologi di uno ogni 200 rende impossibile, per questi operatori, svolgere la loro funzione fondamentale, che è avviare il reinserimento esterno della popolazione carceraria".

Sulla stessa linea Beneduci, secondo il quale "il sistema carcerario, dove la sicurezza non è garantita, è diventata una scuola di crimine. Ma come si fa a rispondere alla finalità rieducativa di Cesare Beccaria se in condizioni normali c’è un agente ogni dieci detenuti? E in alcune situazioni, come ad esempio di notte, si arriva anche a uno ogni 150?". Su questo punto il tam-tam carcerario diffonde notizie allarmanti, come quella secondo cui a Napoli, Poggioreale, durante l’ora d’aria, 200 detenuti siano controllati da appena due agenti.