Cgil Trentino: dare sostegno agli Uepe, alternativa al carcere
L’Adige, 12 agosto 2009
"I gravi fatti avvenuti nelle carceri di Trento e Rovereto, le condizioni di grave sovraffollamento e di rilevante disagio umano che interessano tutti gli Istituti penitenziari, ci hanno consentito di approfondire una volta di più la conoscenza di una realtà "estrema" presente nel nostro paese, quella carceraria, appunto". Lo dice in una nota la Cgil del Trentino, che punta sulla rieducazione prevista dalla pena detentiva, troppo spesso trascurata.
"L’alternativa al carcere? La comprensione delle condizioni in cui operano gli Uffici istituzionalmente preposti a collaborare con l’autorità giudiziaria e con le direzioni degli Istituti penitenziari per realizzare percorsi di reinserimento e di recupero sociale con le misure alternative al carcere pare altrettanto necessaria, se non addirittura prioritaria.
Queste strutture, istituite nel 1975 e più recentemente denominate Uffici per l’Esecuzione Penale Esterna (Uepe), costituite da assistenti sociali supportati da personale amministrativo, sono state interessate negli ultimi anni da una sempre maggiore restrizione di risorse umane ed economiche, tanto da rischiare oggi una definitiva debacle.
Di fronte alla dimostrata efficacia del sistema misure alternative, anche in relazione alle positive ricadute sulla recidiva e sulla conseguente sicurezza dei cittadini, ci si chiede quali siano la logica e le finalità che l’Amministrazione dello Stato persegue attuando il sistematico svuotamento di mezzi e di risorse in un ambito così delicato e rilevante per il benessere della collettività. Altro che ronde".
"I gravi fatti avvenuti nelle carceri di Trento e Rovereto, le condizioni di grave sovraffollamento e di rilevante disagio umano che interessano tutti gli Istituti penitenziari, ci hanno consentito di approfondire una volta di più la conoscenza di una realtà "estrema" presente nel nostro paese, quella carceraria, appunto". Lo dice in una nota la Cgil del Trentino, che punta sulla rieducazione prevista dalla pena detentiva, troppo spesso trascurata.
"L’alternativa al carcere? La comprensione delle condizioni in cui operano gli Uffici istituzionalmente preposti a collaborare con l’autorità giudiziaria e con le direzioni degli Istituti penitenziari per realizzare percorsi di reinserimento e di recupero sociale con le misure alternative al carcere pare altrettanto necessaria, se non addirittura prioritaria.
Queste strutture, istituite nel 1975 e più recentemente denominate Uffici per l’Esecuzione Penale Esterna (Uepe), costituite da assistenti sociali supportati da personale amministrativo, sono state interessate negli ultimi anni da una sempre maggiore restrizione di risorse umane ed economiche, tanto da rischiare oggi una definitiva debacle.
Di fronte alla dimostrata efficacia del sistema misure alternative, anche in relazione alle positive ricadute sulla recidiva e sulla conseguente sicurezza dei cittadini, ci si chiede quali siano la logica e le finalità che l’Amministrazione dello Stato persegue attuando il sistematico svuotamento di mezzi e di risorse in un ambito così delicato e rilevante per il benessere della collettività. Altro che ronde".
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