L' O.S. RDB SCRIVE AL CAPO DIPARTIMENTO AMMINISTRAZIONE PENITENZIARIA
LETTERA APERTA AL PRESIDENTE IONTA
Questa organizzazione Sindacale intende far sentire il proprio avviso in ordine alle problematiche che si stanno evidenziando in questi ultimi tempi. Per questo va fatta una minima cronistoria perché, come sempre accade, per capire il presente bisogna far riferimento al passato.
Sono 15 anni che l’Amministrazione Penitenziaria è allo sbando, perché non è più stata, nel tempo, portatrice di un progetto coerente con il dettato costituzionale. L’avvicendarsi dei molti Capi del Dipartimento, portatori di interessi sicuramente diversificati, che non riportavano ad unità l’Amministrazione Penitenziaria, hanno fatto sì che prendessero vigore le varie istanze soggettive dettate soprattutto dal consolidamento del proprio potere personale: non sempre nell’interesse dell’Amministrazione, perché quest’ultimo molto spesso non coincide con il proprio.
Il consolidarsi di questo stato di cose negli anni ha fatto sì che tra i vari uffici si determinasse uno scollamento indubbiamente non costruttivo, perché ciascun Dirigente Generale, ciascun Dirigente, finanche ciascun operatore dei livelli più bassi trovasse la strada, nelle maglie di un sistema sfilacciato e personalistico, per raggiungere i propri obiettivi, che andavano dall’avvicinamento alla famiglia ( peraltro interesse da tutelare) all’acquisizione di piccole porzioni di un piccolo potere, che non andavano oltre ( e non vanno oltre ) il far cadere dall’alto quelli che sono i fondamentali diritti di ciascuno.
Ed è alla ricerca di questi piccoli spazi di potere che si sono inserite le Organizzazioni sindacali. In assenza di qualunque idea dell’Amministrazione Penitenziaria queste hanno imposto il proprio punto di vista, sollecitando non tanto la corretta attuazione della legge (penitenziaria e di riforma del corpo) ma andando a richiedere per i propri iscritti un graduale allontanamento dall’impegno nella struttura Penitenziaria. E la loro alleanza è stata il prezzo pagato dai molti Dirigenti ( generali e non ) di turno per ottenere la pax evitando qualunque forma di conflittualità. Tale alleanza ha significato che la stragrande maggioranza dei poliziotti penitenziari, ma anche educatori, assistenti sociali, operatori in genere si allontanassero dagli Istituti dove, quelli che avevano meno raccomandazioni o semplicemente credevano nella valenza sociale del proprio lavoro,languivano in un rapporto impotente con il detenuto e venivano stritolati dai dirigenti che, anziché creare presupposti di promozione professionale da parte di chi, nonostante tutto, lavorava indefessamente, creavano le condizioni perché gli stessi fossero aggrediti dal burn - out,.
E questa corsa ad andare fuori dal carcere nasce soprattutto dalla cultura sindacale della Polizia che non lo vuole cambiare nella direzione della sua umanizzazione,ma vede esclusivamente nelle “funzioni di polizia”quelle significative per il Corpo, dimenticando che esso stesso ha come obiettivo finale il mandato costituzionale. Per cui, nonostante la grave carenza di personale, continua a fare ordine pubblico, mentre invece fa tregende per mandare in missione per 15 giorni i poliziotti a Perugia.
Va detto inoltre che altri segmenti dell’Amministrazione stanno facendo rilevazioni negli UEPE per introdurvi i poliziotti, anche in assenza di una chiara individuazione di possibili compiti coerenti con il profilo istituzionale e professionale, incuranti che la S.V. sta facendo una serie di tentativi per ricondurre i poliziotti negli Istituti ai loro incarichi istituzionali.
Questa O.S. da sempre è stata contraria a questa eventualità, ma saremmo comunque disposti a discuterne. Quello che indigna è il fatto che si sta facendo tutto questo sotto silenzio, senza che “ la mano destra sappia ciò che fa la sinistra”, ma soprattutto senza che l’Amministrazione nel suo complesso ne sia coinvolta, come è giusto che sia.
La ricerca di impegni, pur importanti sul piano del riconoscimento del ruolo, in qualità di forza di Polizia, non deve far dimenticare l’impegno istituzionale che lo caratterizza: è come se la Guardia di Finanza sospendesse la lotta contro le evasioni fiscali per andare allo stadio a fare ordine pubblico. Si ha la sensazione che il fine dell’Amministrazione sia esclusivamente il governo del personale e la presenza dei detenuti un corollario, non già invece il trattamento del detenuto, ai sensi dell’art.27 della Costituzione.
Ma non basta: settori dell’Amministrazione, anziché impegnarsi nei compiti loro affidati, si stanno impegnando per andare ad individuare le buone prassi negli istituti e negli UEPE, dimenticando che per questo vi sono le Direzioni Generali. L’esperienza passata, peraltro, non ci garantisce sull’obiettività del giudizio.
Ancora: è mai Possibile che su più di 500 Dirigenti, non ve ne siano a sufficienza per coprire i 220 Istituti? Non parliamo poi della distribuzione del personale sul territorio nazionale…… Ma non basta, la Polizia Penitenziaria deve essere addestrata anche a fare il trattamento, perché questo è uno dei suoi compiti istituzionali. E’ mai possibile che nel corso di preparazione al servizio la materia concernente il trattamento del detenuto non sia oggetto di esame finale?
E’ tutto questo lo scollamento che questa O.S. vuole denunciare, ma non solo.
Troviamo emblematici esempi nei PRAP: vogliamo ricordare la situazione di quell’ Assistente Sociale inviso al Provveditore che, secondo lo stesso, non avrebbe più dovuto lavorare nell’UEPE e che, per questa ragione, non ha dato corso alla disposizione del Dipartimento che ve lo assegnava. Abbiamo anche l’episodio dell’altro Provveditore che, in barba alle disposizioni del Dipartimento prende accordi completamente diversi da queste con le Organizzazioni Sindacali. O ancora l’altro Provveditore che insisteva, unitamente ad alcune sigle, che in un certo istituto la scuola doveva essere formalmente presente, ma poi i detenuti non dovevano essere messi in grado di frequentare. Qualcuno ha poi controllato le modalità con le quali è stata trasmessa l’ultima Circolare “ Avvento della Stagione estiva….”da parte dei Provveditori? Potrebbe darsi che qualcuno abbia fatto delle “interpretazioni autentiche”….
Vi è poi la corsa alle Dirigenze generali. E’ noto che il prossimo anno vi è un buon numero di Dirigenti Generali che va in pensione….ebbene la corsa consiste nel raccatto di tutti pezzi di carta utili a dimostrare di essere l’uno più bravo dell’altro. Ma queste cose non sono fatte onestamente, perché si chiede ad incompetenti di dimostrare la propria competenza.
Tutto questo, Signor Presidente deriva dal fatto che tutti, nessuno escluso, si è creato la propria nicchia, dove fare quello che più conviene a lui stesso ( o più aggrada), senza rispondere a nessuno, e purtroppo i conti non si chiedono a nessuno…….
Ma questo non è possibile né lo si può permettere, perché la china oggi è senza ritorno.
Da ultimo vorrei ricordarle quello che sta avvenendo in questi ultimi giorni: si dichiara la necessità di avere più Polizia Penitenziaria e si rifiutano i rimedi proposti perché si vuole dire ad ogni costo, anche contro l’evidenza, che chi governa non ha competenza. La competenza che proviene dall’esperienza ci ha portato alla situazione odierna, con la quale dobbiamo fare i conti, ma rispetto alla quale vogliamo dare un segno di discontinuità, se si vuole cambiare ed andare verso una corretta conduzione del sistema carcere.
D’altro canto oramai l’esperienza che il trattamento funziona anche per soddisfare istanze di sicurezza, è ben presente in molti Istituti, ma sono in pochi a volerlo ammettere perché farlo significherebbe cambiare gli stereotipi. Va da sé che l’opposizione fatta all’ultima Circolare da Lei emanata, vuole soprattutto evidenziare che i detenuti devono state chiusi, sia pure in celle sovraffollate, perché è solo la chiusura che – secondo una corrente di pensiero diffusa - “paga”sul piano operativo. Nessuno invece ha pensato che l’attuale Regolamento di Servizio forse è superato perché l’uso eccessivo del personale deriva direttamente dalla sua applicazione e sarebbe il caso non solo di rivederlo, ma anche di usare gli strumento che la moderna tecnologia offre.
Pretendere una chiusura indiscriminata non significa conoscere il carcere, significa soltanto creare le condizioni perché lo sfascio sia totale e chi tiene a bordone a quanti si spendono per questa opzione evidentemente propugnano la teoria del “tanto peggio, tanto meglio.
E, Signor Presidente non ce lo possiamo proprio permettere.
Va detto, per onor di verità che questa O.S. non condivide nel modo più assoluto la politica del governo che riempie le carceri di poveri cristi, ma al di là di questo, non si rifiuterà di collaborare costruttivamente perché questo sistema cambi, sia più attento e meno autoreferenziale
Questa organizzazione Sindacale intende far sentire il proprio avviso in ordine alle problematiche che si stanno evidenziando in questi ultimi tempi. Per questo va fatta una minima cronistoria perché, come sempre accade, per capire il presente bisogna far riferimento al passato.
Sono 15 anni che l’Amministrazione Penitenziaria è allo sbando, perché non è più stata, nel tempo, portatrice di un progetto coerente con il dettato costituzionale. L’avvicendarsi dei molti Capi del Dipartimento, portatori di interessi sicuramente diversificati, che non riportavano ad unità l’Amministrazione Penitenziaria, hanno fatto sì che prendessero vigore le varie istanze soggettive dettate soprattutto dal consolidamento del proprio potere personale: non sempre nell’interesse dell’Amministrazione, perché quest’ultimo molto spesso non coincide con il proprio.
Il consolidarsi di questo stato di cose negli anni ha fatto sì che tra i vari uffici si determinasse uno scollamento indubbiamente non costruttivo, perché ciascun Dirigente Generale, ciascun Dirigente, finanche ciascun operatore dei livelli più bassi trovasse la strada, nelle maglie di un sistema sfilacciato e personalistico, per raggiungere i propri obiettivi, che andavano dall’avvicinamento alla famiglia ( peraltro interesse da tutelare) all’acquisizione di piccole porzioni di un piccolo potere, che non andavano oltre ( e non vanno oltre ) il far cadere dall’alto quelli che sono i fondamentali diritti di ciascuno.
Ed è alla ricerca di questi piccoli spazi di potere che si sono inserite le Organizzazioni sindacali. In assenza di qualunque idea dell’Amministrazione Penitenziaria queste hanno imposto il proprio punto di vista, sollecitando non tanto la corretta attuazione della legge (penitenziaria e di riforma del corpo) ma andando a richiedere per i propri iscritti un graduale allontanamento dall’impegno nella struttura Penitenziaria. E la loro alleanza è stata il prezzo pagato dai molti Dirigenti ( generali e non ) di turno per ottenere la pax evitando qualunque forma di conflittualità. Tale alleanza ha significato che la stragrande maggioranza dei poliziotti penitenziari, ma anche educatori, assistenti sociali, operatori in genere si allontanassero dagli Istituti dove, quelli che avevano meno raccomandazioni o semplicemente credevano nella valenza sociale del proprio lavoro,languivano in un rapporto impotente con il detenuto e venivano stritolati dai dirigenti che, anziché creare presupposti di promozione professionale da parte di chi, nonostante tutto, lavorava indefessamente, creavano le condizioni perché gli stessi fossero aggrediti dal burn - out,.
E questa corsa ad andare fuori dal carcere nasce soprattutto dalla cultura sindacale della Polizia che non lo vuole cambiare nella direzione della sua umanizzazione,ma vede esclusivamente nelle “funzioni di polizia”quelle significative per il Corpo, dimenticando che esso stesso ha come obiettivo finale il mandato costituzionale. Per cui, nonostante la grave carenza di personale, continua a fare ordine pubblico, mentre invece fa tregende per mandare in missione per 15 giorni i poliziotti a Perugia.
Va detto inoltre che altri segmenti dell’Amministrazione stanno facendo rilevazioni negli UEPE per introdurvi i poliziotti, anche in assenza di una chiara individuazione di possibili compiti coerenti con il profilo istituzionale e professionale, incuranti che la S.V. sta facendo una serie di tentativi per ricondurre i poliziotti negli Istituti ai loro incarichi istituzionali.
Questa O.S. da sempre è stata contraria a questa eventualità, ma saremmo comunque disposti a discuterne. Quello che indigna è il fatto che si sta facendo tutto questo sotto silenzio, senza che “ la mano destra sappia ciò che fa la sinistra”, ma soprattutto senza che l’Amministrazione nel suo complesso ne sia coinvolta, come è giusto che sia.
La ricerca di impegni, pur importanti sul piano del riconoscimento del ruolo, in qualità di forza di Polizia, non deve far dimenticare l’impegno istituzionale che lo caratterizza: è come se la Guardia di Finanza sospendesse la lotta contro le evasioni fiscali per andare allo stadio a fare ordine pubblico. Si ha la sensazione che il fine dell’Amministrazione sia esclusivamente il governo del personale e la presenza dei detenuti un corollario, non già invece il trattamento del detenuto, ai sensi dell’art.27 della Costituzione.
Ma non basta: settori dell’Amministrazione, anziché impegnarsi nei compiti loro affidati, si stanno impegnando per andare ad individuare le buone prassi negli istituti e negli UEPE, dimenticando che per questo vi sono le Direzioni Generali. L’esperienza passata, peraltro, non ci garantisce sull’obiettività del giudizio.
Ancora: è mai Possibile che su più di 500 Dirigenti, non ve ne siano a sufficienza per coprire i 220 Istituti? Non parliamo poi della distribuzione del personale sul territorio nazionale…… Ma non basta, la Polizia Penitenziaria deve essere addestrata anche a fare il trattamento, perché questo è uno dei suoi compiti istituzionali. E’ mai possibile che nel corso di preparazione al servizio la materia concernente il trattamento del detenuto non sia oggetto di esame finale?
E’ tutto questo lo scollamento che questa O.S. vuole denunciare, ma non solo.
Troviamo emblematici esempi nei PRAP: vogliamo ricordare la situazione di quell’ Assistente Sociale inviso al Provveditore che, secondo lo stesso, non avrebbe più dovuto lavorare nell’UEPE e che, per questa ragione, non ha dato corso alla disposizione del Dipartimento che ve lo assegnava. Abbiamo anche l’episodio dell’altro Provveditore che, in barba alle disposizioni del Dipartimento prende accordi completamente diversi da queste con le Organizzazioni Sindacali. O ancora l’altro Provveditore che insisteva, unitamente ad alcune sigle, che in un certo istituto la scuola doveva essere formalmente presente, ma poi i detenuti non dovevano essere messi in grado di frequentare. Qualcuno ha poi controllato le modalità con le quali è stata trasmessa l’ultima Circolare “ Avvento della Stagione estiva….”da parte dei Provveditori? Potrebbe darsi che qualcuno abbia fatto delle “interpretazioni autentiche”….
Vi è poi la corsa alle Dirigenze generali. E’ noto che il prossimo anno vi è un buon numero di Dirigenti Generali che va in pensione….ebbene la corsa consiste nel raccatto di tutti pezzi di carta utili a dimostrare di essere l’uno più bravo dell’altro. Ma queste cose non sono fatte onestamente, perché si chiede ad incompetenti di dimostrare la propria competenza.
Tutto questo, Signor Presidente deriva dal fatto che tutti, nessuno escluso, si è creato la propria nicchia, dove fare quello che più conviene a lui stesso ( o più aggrada), senza rispondere a nessuno, e purtroppo i conti non si chiedono a nessuno…….
Ma questo non è possibile né lo si può permettere, perché la china oggi è senza ritorno.
Da ultimo vorrei ricordarle quello che sta avvenendo in questi ultimi giorni: si dichiara la necessità di avere più Polizia Penitenziaria e si rifiutano i rimedi proposti perché si vuole dire ad ogni costo, anche contro l’evidenza, che chi governa non ha competenza. La competenza che proviene dall’esperienza ci ha portato alla situazione odierna, con la quale dobbiamo fare i conti, ma rispetto alla quale vogliamo dare un segno di discontinuità, se si vuole cambiare ed andare verso una corretta conduzione del sistema carcere.
D’altro canto oramai l’esperienza che il trattamento funziona anche per soddisfare istanze di sicurezza, è ben presente in molti Istituti, ma sono in pochi a volerlo ammettere perché farlo significherebbe cambiare gli stereotipi. Va da sé che l’opposizione fatta all’ultima Circolare da Lei emanata, vuole soprattutto evidenziare che i detenuti devono state chiusi, sia pure in celle sovraffollate, perché è solo la chiusura che – secondo una corrente di pensiero diffusa - “paga”sul piano operativo. Nessuno invece ha pensato che l’attuale Regolamento di Servizio forse è superato perché l’uso eccessivo del personale deriva direttamente dalla sua applicazione e sarebbe il caso non solo di rivederlo, ma anche di usare gli strumento che la moderna tecnologia offre.
Pretendere una chiusura indiscriminata non significa conoscere il carcere, significa soltanto creare le condizioni perché lo sfascio sia totale e chi tiene a bordone a quanti si spendono per questa opzione evidentemente propugnano la teoria del “tanto peggio, tanto meglio.
E, Signor Presidente non ce lo possiamo proprio permettere.
Va detto, per onor di verità che questa O.S. non condivide nel modo più assoluto la politica del governo che riempie le carceri di poveri cristi, ma al di là di questo, non si rifiuterà di collaborare costruttivamente perché questo sistema cambi, sia più attento e meno autoreferenziale
IL COORDINAMENTO RdB PENITENZIARI
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