Carcere, sovraffollamento, diritti: un incontro con Mauro Palma
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di Redazione
È previsto per il prossimo sabato 17 ottobre alle ore 10.00 al Palazzo Farnese di Gradoli, in provincia di Viterbo, l’incontro dal titolo “Dalla parte dei diritti umani. Il monitoraggio dei luoghi di detenzione come tecnica di tutela dei diritti umani”. L’incontro – che è organizzato all’interno della scuola di formazione annuale dell’associazione Antigone – sarà presieduto da Mauro Palma, presidente del Comitato europeo per la Prevenzione della Tortura, l’organismo del Consiglio d’Europa deputato a monitorare le condizioni di vita all’interno dei luoghi di privazione della libertà dei 47 stati membri. L’Italia, nel luglio scorso, è stata oggetto di una visita ad hoc del Comitato, interessato a esaminare le politiche governative di intercettazione e respingimento degli immigrati. All’incontro di sabato parteciperanno tra gli altri Luigi Manconi e Luigi Nieri, insieme a esponenti dell’Osservatorio sulle condizioni di detenzione di Antigone. Lo scorso settembre si è tenuta a Edimburgo la quindicesima Conferenza dei Direttori delle Amministrazioni Penitenziarie sul tema “Prigioni sovraffollate: cercando soluzioni”, promossa dal Consiglio d’Europa. Il sovraffollamento penitenziario è alla radice di tante violazioni dei diritti dei detenuti, come anche riconosciuto di recente dalla Corte Europea dei Diritti dell’Uomo proprio in relazione all’Italia. Riportiamo parte dell’intervento tenuto da Mauro Palma alla conferenza di Edimburgo (per testo integrale in inglese dell’intervento clicca qui):
“Da parte del Comitato Europeo per la Prevenzione della Tortura e delle pene o trattamenti inumani o degradanti, vi ringrazio molto per questa opportunità di scambiarci considerazioni su quel che costituisce uno dei maggiori problemi nei sistemi di detenzione europei. Le discussioni dei giorni scorsi sono state fruttuose, e ciascuno ha confermato l’importanza dei principi e delle misure raccomandate dal Consiglio d’Europa nelle sue Raccomandazioni. Queste Raccomandazioni – che andrebbero lette nella loro organicità e che vanno a disegnare il profilo di un sistema penitenziario in una società democratica – hanno come obiettivi: la lotta al sovraffollamento penitenziario e alla crescita eccessiva della popolazione detenuta; l’aumento delle sanzioni e delle misure di comunità; la riduzione della lunghezza delle pene detentive e l’accompagnamento del detenuto lungo il suo percorso di reintegrazione attraverso il ricorso a forme condizionali di liberazione come uno degli strumenti migliori per prevenire la recidiva e promuovere il reinserimento. Esse mirano a limitare la custodia cautelare – che non dovrebbe mai essere usata a scopi punitivi – al periodo strettamente necessario e come misura di ultima ratio, con appropriate garanzie. Infine, mirano a offrire condizioni di detenzione pienamente rispettose dei diritti fondamentali e della dignità delle persone (…).
Tuttavia, sfortunatamente la situazione che gli organismi di monitoraggio del Consiglio d’Europa rinvengono nel corso delle loro visite agli Stati membri è spesso lontana dal confermare il quadro dato nelle conferenze e negli impegni ufficialmente presi al momento dell’adozione di documenti e raccomandazioni. La detenzione non è una misura di ultima ratio in tanti Paesi europei. Al contrario, in molti è la sanzione principale, se non l’unica, prevista dal codice penale. Contraddicendo il principio generale affermato nella Raccomandazione sull’utilizzo della custodia cautelare, questa misura è obbligatoria in alcuni Paesi nei confronti delle persone accusate di certi reati o di alcune categorie di queste persone. In alcuni Paesi, inoltre, la liberazione condizionale è una misura prevista per legge ma non adottata di fatto e in vari Paesi non è ammissibile per alcune categorie di condannati: il problema degli ‘actual lifers’, vale a dire degli ergastolani che non hanno accesso alla liberazione condizionale, sta diventando un problema serio nello scenario europeo (…).
Il livello di cooperazione sperimentato dalle delegazioni del Cpt nel corso delle visite è soddisfacente, in particolare per quel che riguarda l’ambito della detenzione. Tuttavia, la cooperazione di un Paese con il Comitato non può dirsi soddisfacente in assenza di azioni volte a rafforzare la difesa delle persone private della libertà dai maltrattamenti o a migliorare condizioni non rispettose della dignità della persona.
Purtroppo si è riscontrato che molti Paesi visitati in anni recenti non avevano messo in pratica raccomandazioni su aspetti essenziali ripetutamente mosse dal Cpt dopo precedenti visite. Uno di questi aspetti essenziali è strettamente legato alle condizioni di detenzione: celle piccole, cibo scarso, scarsa attenzione prestata alle categorie vulnerabili di detenuti e altro, tutti elementi che ancora sussistono in molte prigioni europee, come dimostrano i rapporti pubblici del Cpt. Spesso queste condizioni sono, almeno in parte, connesse al persistente sovraffollamento, con presenze che in alcuni casi doppiano la capienza regolamentare (…).
Il sovraffollamento non è solo un problema di spazio vitale individuale, ma ha effetti negativi sul processo di reintegrazione e di conseguenza sulla recidiva e sulla sicurezza della comunità esterna. Ciò è paradossale, poiché il sovraffollamento è spesso la conseguenza di una richiesta mai soddisfatta di sicurezza che viene da una società paurosa che guarda ai cancelli chiusi del carcere come alla risposta al proprio allarme e alle proprie difficoltà sociali mentre, al contrario, questa richiesta si ritorce in una situazione meno sicura. Poiché le risorse non vengono investite per un bersaglio limitato e davvero potenzialmente pericoloso per la società, ma sono sprecate in un sistema generalizzato di detenzione usata come misura di controllo del territorio.
Come cercare soluzioni per questa situazione?
Per affrontare il problema del sovraffollamento, alcuni Paesi hanno imboccato la strada dell’accrescimento del numero dei posti letto nelle prigioni. Da parte sua, il Cpt è assai poco convinto che nuovi posti letto offriranno da soli una soluzione duratura: la risposta al sovraffollamento non sta nel costruire nuove prigioni, visto che la popolazione carceraria tende a crescere parallelamente alle nuove strutture. Vari Stati europei hanno infatti intrapreso ampli programmi di edilizia penitenziaria, per veder crescere la loro popolazione detenuta parallelamente all’aumentata capienza del patrimonio carcerario. Viceversa, politiche che limitano o modulano il numero di persone mandate in carcere ha dato in alcuni Stati un importante contributo al mantenimento della popolazione detenuta a livelli gestibili (…)”.
(traduzione dall’inglese di Susanna Marietti)
(13 ottobre 2009)
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