L'ARCHIVIO DI OLTREILCARCERE

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giovedì 15 ottobre 2009

il Dpef 2010 "taglia" 900 milioni, di cui 143 al Dap


di Marco Lillo

Il Fatto Quotidiano, 14 ottobre 2009

Quando il sottosegretario del Pdl, Giacomo Caliendo, si è presentato ieri in Commissione Giustizia del senato per presentare i progetti del Governo per l’annata 2010, si è capito qual è la sua idea di giustizia. Nulla a che vedere con l’accorciamento dei tempi dei processi e con la qualità del servizio. Il Governo ha deciso una serie impressionante di tagli: 143 milioni in meno al Dipartimento dell’Amministrazione Penitenziaria (ben 73 milioni tolti al "trattamento" dei detenuti).

Anche Giancarlo Caselli è servito. Il procuratore generale di Torino, sulle poltrone di Ballarò, aveva tentato di spiegare a Maurizio Gasparri (mentre il capogruppo del Pdl inveiva contro i giudici fannulloni) che gli uffici chiudono alle 14 perché non ci sono i cancellieri. E che i cancellieri non ci sono perché mancano i soldi. Per tutta risposta il Governo ha ridotto di 356 milioni le spese per il personale. Non basta. Avendo appena varato una legge sull’immigrazione clandestina che porterà un aumento del ricorso alla difesa d’ufficio, la scure di Tremonti ha colpito proprio sul gratuito patrocinio: meno 246 milioni di euro.

Se si aggiungono i 350 milioni tolti alle spese correnti, si arriva alla somma mostruosa di 900 milioni in meno. Secondo il senatore Luigi Li Gotti, dell’Italia dei Valori, "con questi tagli, i tribunali non riusciranno ad andare oltre il giugno del 2010. E la cosa strana", continua Li Gotti, "è che c’è un solo aumento, del 15 per cento, proprio per il fondo degli stipendi del ministro e dei sottosegretari".

Una scelta in linea con l’approccio al problema della maggioranza. Il centro dei tavoli tecnici che si succedono tra Palazzo Grazioli e via Arenula, il cuore dei conciliaboli tra l’avvocato Niccolò Ghedini e il ministro Angelino Alfano, non è certo il destino dei milioni di italiani che attendono risarcimenti civili, condanne o assoluzioni in tribunale.

Ma il destino dei pochi processi di Silvio Berlusconi, quelli che - dopo la bocciatura del Lodo Alfano - impegnano giorno e notte le migliori menti del Pdl. Al Consiglio dei ministri di domani, per esempio, era atteso un provvedimento in materia di carceri che doveva portare una boccata di ossigeno nelle celle dove sono accatastati 64mila esseri umani in spazi angusti. Ma il sottosegretario Caliendo ha fatto capire che il "Piano Ionta" (dal nome del pm scelto da Alfano per dirigere il Dipartimento dell’Amministrazione Penitenziaria) non è ancora pronto.

I ventimila posti derivanti dal promesso ampliamento delle carceri, possono attendere. Sono altre le priorità. Si parla di Immunità, separazione delle carriere, ma non bisogna crederci troppo. Sono fuochi di artificio lanciati in aria per distrarre e dividere il campo avverso. Mentre Marco Follini agita il Pd con le sue dichiarazioni a favore del ripristino dell’autorizzazione a procedere, al ministero si pensa ad altro.

Per cambiare l’articolo 68 della costituzione o per dividere davvero i pm dai gip bisognerebbe avere una maggioranza di due terzi in parlamento e nessuno oggi può sognare di avere l’appoggio del Pd (Follini a parte) su temi simili. I veri obiettivi sono altri. Il primo è l’approvazione immediata della norma che impedisce di usare una sentenza definitiva come prova in un altro processo. È una norma contenuta nella riforma della procedura penale che sembra fatta apposta per l’imputato più famoso d’Italia.

Se il Pdl, come appare probabile, stralciasse questa norma dal disegno di legge, potrebbe riuscire ad approvarla entro dicembre. In modo da chiudere per sempre il processo per la corruzione del testimone David Mills a carico di Silvio Berlusconi. I pm dovrebbero rifare tutto da capo e l’orizzonte penale del premier diverrebbe improvvisamente azzurro.

L’altro provvedimento destinato a ricevere nuovo slancio dopo la bocciatura del Lodo Alfano è il disegno di legge sulle intercettazioni. Il niet dei giudici della Consulta ha fatto saltare gli ultimi freni inibitori del premier. Appena è tornato sotto le forche caudine dei pm, Silvio Berlusconi è ritornato su una sua vecchia idea: cambiare il disegno di Alfano in modo da spuntare ancora di più le unghie ai pm.

"Le intercettazioni devono restare solo per i reati gravi", ha detto il presidente del Consiglio. Nel mondo sognato dal Cavaliere, solo i terroristi e i mafiosi starebbero in ansia al telefono mentre fanno i loro traffici. Mentre corrotti e corruttori potrebbero iscriversi finalmente al Partito della Libertà di trafficare al telefono. Un emendamento potrebbe introdurre questa modifica subito al Senato. Così, prima di Natale, il regalo sarà già impacchettato sotto l’albero di Palazzo Grazioli.