L'ARCHIVIO DI OLTREILCARCERE

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lunedì 4 gennaio 2010

SocialNews- La filosofia della pena

SocialNews- Dicembre 2009
centralità della persona
Ciò che è importante e a cui si deve tendere è creare dei presupposti di vita sociale necessari per accogliere e recuperare seriamente gli autori di reato in un vero processo di cambiamento, tale da modificare le condizioni che precedentemente avevano favorito le azioni criminose che hanno determinato la sanzione ovvero la condanna.
Nel corso dell’evoluzione legislativa del settore penitenziario italiano, è mutato totalmente il significato dell’istituzione “carcere”. I contenuti insiti nell’Ordinamento penitenziario (L. 354/75), con le successive modificazioni, la riforma e le riforme delle riforme, hanno introdotto un insieme di principi e valori nel sistema penitenziario riformando in termini rivoluzionari il significato dello stesso carcere, arricchendo di contenuti il termine sanzione e trasformando in maniera sostanziale l’esecuzione penale esterna. Il carcere assume un’ottica diversa nel nuovo contesto sociale. Non è più concepito quale mero controllo basato su principi custodialistici e di sanzione fine a se stessa, ma si identifica quale sistema di intervento volto alla prevenzione attraverso processi trattamentali di recupero, individualizzati nei confronti dei soggetti condannati.Questo valore, contenuto nelle norme, chiama in causa tutti gli operatori penitenziari ed i servizi dislocati sul territorio, pubblici e privati, affinché l’operatività degli uni e l’attività degli altri confluisca nella realizzazione degli obiettivi che si identificano nel processo di recupero e reinserimento dei condannati. Il raggiungimento dei risultati, rispetto al nuovo contesto legislativo, nella sua evoluzione trentennale ha sempre più fortificato un duplice aspetto afferente alla punizione-sanzione ed al recupero-reinserimento. Pertanto, nella detenzione e nella libertà, per i condannati, il processo d’intervento aderente al dettato normativo deve contemplare sia la sicurezza - garantendo l’adempimento del controllo in virtù della pena comminata rispetto alle regole stabilite -, sia il trattamento, che deve essere assicurato al soggetto attraverso attività di recupero intramurarie, propedeutiche al suo percorso extramurario, nonché attraverso programmi individualizzati volti unicamente al processo di reinserimento sociale del soggetto condannato.
La filosofia della pena oggi ha un significato diverso. Ha in sé un contenuto olistico, in virtù dell’interprofessionalità agente nell’azione penale stessa; ha un significato giuridico-sociale; ha un significato rigenerizzante perché si attua innovativamente attraverso processi di cambiamento per progetti d’intervento; ha un significato preventivo perché il fine è di restituire alla società una nuova persona, che è cambiata perché ha modificato il suo comportamento attraverso la maturazione di una scelta di vita, di condivisione di un progetto che ne ha favorito l’autodeterminazione. Si tratta, dunque, di azioni dirette di coinvolgimento istituzionale partecipe e consapevole dei bisogni rappresentativi dei soggetti autori di reato che, in esecuzione di condanna, devono essere considerati parte inclusa nella società che si governa.
Ciò che è importante e a cui si deve tendere è creare dei presupposti di vita sociale necessari per accogliere e recuperare seriamente gli autori di reato in un vero processo di cambiamento, tali da modificare le condizioni che precedentemente avevano favorito le azioni criminose che hanno determinato la sanzione ovvero la condanna. La norma stabilisce che il trattamento rieducativo “deve tendere anche attraverso i contatti con l’ambiente esterno, al reinserimento sociale dei condannati”. Prevede la partecipazione della comunità esterna all’azione rieducativa e tutto l’impianto giuridico è impostato e proiettato al reinserimento sociale dei condannati. Sono previsti specifici interventi dell’Ente locale all’interno e all’esterno del carcere, in favore dei soggetti in espiazione di pena, con finalità di assistenza e di formazione professionale degli stessi. L’Ordinamento penitenziario prevede, inoltre, interventi dell’Ente locale in relazione all’assistenza alle famiglie dei detenuti e ai condannati stessi durante le misure alternative o come assistenza post-penitenziaria.
Tali indicazioni vanno integrate con le competenze già attribuite all’Ente locale, il quale deve svolgere interventi finalizzati alla prevenzione sociale della criminalità e delle situazioni di degrado. È quindi necessario che le azioni siano rivolte a porre in atto interventi che colgano i primi sintomi del disagio per eliminare le eventuali patologie latenti e gli squilibri di carattere economico-sociale che possano fungere da incentivi alla messa in atto di comportamenti devianti e criminali. La prevenzione può essere attuata mediante l’organizzazione e l’erogazione di risorse e servizi da offrire alla comunità sociale. Le risorse del volontariato, spesso conferite dagli Enti locali e dalla Regione, costituiscono un grande aiuto per i progetti rivolti ai condannati, frequentemente l’unica possibilità alternativa alla condanna in detenzione.
Le associazioni di volontariato, dunque, quale giusta risposta di un circuito penale esterno che ha assicurato e assicura risultati di integrazione sociale soddisfacenti. Un’entità presente in tutto il territorio nazionale, attiva e prolifera di iniziative sempre più adeguate ad affrontare le problematiche dell’esecuzione penale esterna. La finalità principale del diritto penitenziario è la prevenzione della criminalità e, dunque, della recidiva. Questo sta a significare che la pratica professionale di tutti gli operatori di settore - da quelli della giustizia agli enti istituzionali e del privato sociale - è mirata alla prevenzione, oltre che all’accoglienza fine a se stessa. L’impegno è rivolto esclusivamente alla cura dei progetti di reinserimento dei soggetti condannati, sia detenuti sia in libertà. Ciò che importa è tenere ben presente la vulnerabilità dell’utenza a cui è rivolto l’intervento, che si basa sul principio di centralità della persona nel processo d’aiuto.
Rossana Carta
Dirigente Ufficio Esecuzione Penale Esterna della Sardegna