L'ARCHIVIO DI OLTREILCARCERE

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lunedì 4 gennaio 2010

SocialNews- L'area penale esterna

Dicembre 2009
Per una nuova politica rieducativa
Il dettato costituzionale afferma che le pene devono tendere alla rieducazione del condannato e, pertanto, la funzione della pena non è solo sanzionatoria. Sarebbe auspicabile quindi una nuova articolazione delle pene non detentive, accanto a quelle detentive previste per i reati più gravi.
Attraverso l’attività degli Uffici di Esecuzione Penale Esterna (denominati, prima del 2005, Centri di Servizio Sociale per Adulti), l’area penale esterna ha garantito per anni una maggiore vivibilità delle carceri, riducendo anche la recidiva. Negli ultimi tempi, invece, la politica penale ha progressivamente privilegiato l’applicazione di pene detentive, mostrando di tenere in scarsa considerazione la valenza trattamentale e risocializzante delle cosiddette misure alternative alla detenzione, in particolare quella meno restrittiva dell’affidamento in prova al servizio sociale. Il dettato costituzionale afferma che le pene devono tendere alla rieducazione del condannato. Pertanto, la funzione della pena non è solo sanzionatoria: da ciò si deduce che il rischio di marginalità sociale e, conseguentemente, di recidiva nella commissione di reati non può essere contenuto solo attraverso politiche di controllo sociale di natura repressiva, le quali non tengono in debito conto la complessità del fenomeno della devianza.
Tale complessità richiede che, prima di adottare linee di intervento in ambito penale, vengano approfonditi gli aspetti salienti delle problematiche socio-penitenziarie, nonché analizzati e monitorati i bisogni “trattamentali” di particolari categorie di condannati (tossicodipendenti, soggetti con doppia diagnosi, sex-offenders, donne con figli piccoli...). Si pone, quindi, la necessità di una ricerca scientifica e professionale svolta adeguatamente, anche in collaborazione con il mondo della ricerca e dell’Università. Premesso ciò, è ormai ora che all’area penale esterna venga riconosciuta un’identità autonoma, diversa e non in opposizione al carcere. I risultati raggiunti nel corso dei più di 30 anni dalla riforma dell’ordinamento penitenziario e l’impegno profuso dai suoi operatori per favorire un continuo miglioramento della qualità del servizio fornito rappresentano i punti di forza per riuscire a ribaltare l’idea diffusa nella società civile che la pena scontata in comunità, fuori dal carcere, significhi impunità per il reo. L’ulteriore sviluppo dell’esecuzione penale esterna, sotto il duplice profilo quantitativo e qualitativo, necessita principalmente di un cambiamento culturale, indispensabile per determinare un clima socio-politico favorevole ad una riforma dell’attuale sistema sanzionatorio
. Sarebbe auspicabile una nuova articolazione delle pene non detentive, accanto a quelle detentive previste per i reati più gravi. In Italia, il potere di determinare la pena e la sua entità è attribuito unicamente al giudice di cognizione, mentre la concessione delle misure alternative alla detenzione sono di competenza della magistratura di sorveglianza. Una riforma del sistema sanzionatorio dovrebbe prevedere: altre tipologie di pene principali, diverse dalla detenzione in carcere (tra cui il lavoro di pubblica utilità o percorsi di giustizia riparativa), che siano erogate direttamente dal giudice di cognizione, ovvero “in sentenza”. Naturalmente, il giudice di cognizione, all’inizio del processo, dovrà essere in possesso di tutti gli elementi utili a valutare le concrete opportunità esistenti per un’effettiva presa in carico del soggetto da parte degli uffici preposti allo scopo; il differimento dell’azione penale per i reati minori, con la messa alla prova dell’imputato per un determinato periodo di tempo, durante il quale, se lo stesso manterrà il comportamento prescritto, il giudice potrà rinunciare ad esercitare l’azione penale.
Una riforma orientata verso pene differenti dal carcere potrebbe rappresentare il punto di mediazione tra l’esigenza di controllo e difesa sociale e quella di rieducazione degli autori di reato, senza togliere vigore al sistema punitivo. Tutto ciò richiede che gli uffici preposti all’esecuzione penale esterna siano messi in condizione di erogare un servizio di alta qualità professionale, con elevati livelli di efficienza, destinando loro maggiori risorse umane, finanziarie e strumentali ed adottando un modello organizzativo rinnovato che preveda, oltre alla piena valorizzazione delle competenze professionali già presenti, anche l’apporto di altre figure professionali esperte nel campo dello studio e del trattamento del disagio sociale.
Mariantonietta Cerbo
Direttore dell'Ufficio E.P.E. - Provveditorato Regionale delle Marche