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venerdì 30 aprile 2010

DdL "Messa alla prova" Magistrati sorveglianza,dubbi costituzionalita'

News ordine avvocati Agrigento

Non convince i magistrati di sorveglianza il ddl del governo che prevede la detenzione domiciliare per chi deve scontare un anno di pena e l'introduzione dell'istituto della messa alla prova per gli imputati di reati fino a tre anni.
Le nuove regole sulla detenzione domiciliare appaiono poco chiare e sono diffusi i dubbi, da parte di chi dovra' applicarle se diventeranno legge, sulla loro costituzionalita', per contrasto con l'articolo 27 della suprema Carta, e cioe' con il principio che le pene devono tendere alla rieducazione del condannato.
Dubbi esternati davanti alla Sesta Commissione del Csm, che sta preparando un parere sul ddl.



L'occasione per il confronto sul provvedimento, un seminario di studi al quale hanno partecipato la maggioranza dei presidenti dei tribunali di sorveglianza, 18 sui 26 dislocati su tutto il territorio nazionale.
E se le riserve sul provvedimento sono state soprattutto di natura di tecnica, diffusa e' stata la critica di fondo: non e' chiaro se questa detenzione domiciliare vada considerata una misura alternativa alla detenzione (ma in questo caso i magistrati di sorveglianza dovrebbero avere gli elementi per valutare se ammettere o no i singoli condannati alla concessione) oppure se si tratta di una sorta di 'indulto mascherato': un beneficio che dovrebbe essere applicato automaticamente a tutti coloro che sono nelle condizioni previste dal disegno di legge.
Ma in questa seconda ipotesi, hanno fatto notare in tanti, il ddl rischierebbe di finire nel nulla sotto la scure della Corte Costituzionale. Si' perche' esiste uno specifico precedente: nel 2006 la Consulta boccio' il cosiddetto 'indultino', il provvedimento introdotto tre anni prima che prevedeva come automatica e obbligatoria la sospensione condizionata dell'esecuzione della pena, per chi doveva scontare al massimo ancora due anni, e che non consentiva al giudice di sorveglianza alcuna valutazione di merito.
E questo nonostante la legge non fosse stata approvata secondo le modalità prescritte dalla Costituzione per l'emanazione di un provvedimento di indulto.
La Consulta dichiaro' l'illegittimita' per contrasto con gli articoli 3 e 27 , ritenendo 'evidente' che 'la generalizzata applicazione del trattamento di favore, nell'assegnare un identico beneficio a condannati che presentino fra loro differenti stadi di percorso di risocializzazione, compromette, non soltanto il principio di uguaglianza, finendo per omologare fra loro, senza alcuna plausibile ratio, situazioni diverse, ma anche la stessa funzione rieducativa della pena'.