Anm: cambiare ddl su messa in prova altrimenti fallirà
Agi, 30 aprile 2010
Il disegno di legge che prevede la messa in prova i detenuti che hanno compiuto reati puniti con pena inferiore a 3 anni di reclusione e la detenzione domiciliare per chi deve scontare una pena residua di un anno deve essere in parte modificato, altrimenti le nuove norme non avranno gli effetti sperati.
Lo sostiene l’Associazione nazionale magistrati, che oggi pomeriggio è stata ascoltata in audizione dalla Commissione Giustizia della Camera. "L’impianto del provvedimento - spiega Luca Palamara, presidente dell’Anm - è condivisibile, ma se non verranno attuate alcune modifiche rischia di togliere potere di valutazione al giudice e di avere un impatto negativo sui tribunali di sorveglianza".
Il sindacato delle toghe, dunque, esprime "perplessità" sulla scelta, contenuta nel ddl, di "sottrarre al magistrato di sorveglianza ogni valutazione sulla idoneità della misura" della detenzione domiciliare: si passerebbe, sottolinea Palamara, "da un automatismo all’altro: oggi è vietato in ogni caso, anche in assenza di pericolosità, concedere la detenzione domiciliare al recidivo, domani sarebbe obbligatoria l’applicazione del nuovo istituto anche ad un soggetto al quale siano state già rigettate istanze di applicazione di benefici, in quanto ritenuto, in concreto, pericoloso".
Inoltre, appare "necessaria - rileva l’Anm - una valutazione sull’impatto della riforma sui tribunali di sorveglianza, i quali, nella fase immediatamente successiva all’entrata in vigore della legge, saranno chiamati a far fronte, in un brevissimo termine, a oltre 10mila istanze".
Più positivo il giudizio dei magistrati sull’istituto della messa in prova: "questa - ricorda Palamara - era già stata proposta come strumento per deflazionare il dibattimento e per ridurre gli eccessi di carcerazione per fatti di minore gravità e per pene brevi". Secondo il sindacato delle toghe, però, l’introduzione del nuovo istituto "va tempestivamente accompagnata da misure efficaci di dotazione delle strutture pubbliche di mezzi e professionalità idonei a rendere effettiva la misura e adeguati i controlli sulla sua esecuzione. La effettiva possibilità di rendere concretamente applicabile l’istituto - conclude l’Anm - rappresenta una condizione ineludibile senza la quale si rischia di condannare al fallimento una misura di civiltà e di razionalità".
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