RDB-USB Penitenziari scrive al Ministro Alfano sulla grave situazione dei penitenziari
Al Sig. Ministro della Giustizia
On.le Angiolino Alfano
Al Sig. Capo del Dipartimento
dell’Amministrazione Penitenziaria
Pres. Franco IONTA
LORO SEDI
Questa Organizzazione Sindacale vuole denunciare lo stato di abbandono in cui versa il sistema penitenziario: le cause sono molteplici e tutte per lo più riconducibili alla politica che i responsabili di questa Amministrazione ha fatto e sta facendo, a partire dalle decisioni operate nella scelta dei Loro Collaboratori .
A causa di tale politica, che ha visto succedersi al vertice dell’Amministrazione magistrati sicuramente valenti in quanto tali, ma altrettanto incapaci di portare avanti in modo corretto la gestione complessiva del sistema, seguendo le giuste logiche che avrebbero – da una parte - dovuto tendere alla rieducazione, così come recita la Costituzione e dall’altra creare le condizioni strutturali e ambientali perché ciò avvenisse. Invece abbiamo un assalto alla diligenza nei confronti del sistema che ha costituito l’unica vera realtà degli ultimi quindici anni, dove magistrati assolutamente inconsapevoli della realtà carceraria si sono fatti strumentalizzare da questo o quel dirigente che, assetato di potere, ne ha tratto esclusivamente il proprio tornaconto. Va doverosamente detto che qualche magistrato, rispettoso della legge e della legalità si è impegnato nella giusta direzione, ma altri suoi colleghi disfacevano quello che questi costruivano.
Non ci risulta che nei tagli che il governo operava si sia tenuto conto della necessità almeno di dare da mangiare ai detenuti. Oggi essi sono arrivati a quota 68.000, e per ciascuno di loro si spende solo 4 € al giorno complessivamente per il pranzo e la cena… e tutte quelle carenze che pure esistevano anche in tempi passati anche se non in modo così eclatante, venivano integrate con gli acquisti fatti dagli stessi detenuti al sopravvitto. Ma ora – a causa della carenza di lavoro – non è più possibile ed il risultato è che i detenuti hanno fame e sete, oltre che stare ammassati come sardine in spazi sempre più angusti, condannati a fare niente dalla mattina alla sera.
Di queste scelte scellerate ne stanno facendo le spese finanche i bambini loro malgrado detenuti … Ma lei sa che per i bambini al seguito delle mamme in carcere quest’anno sono stati tagliati ben 300.000 euro al già magro bilancio dell’anno precedente?
Vogliamo poi parlare della distribuzione del personale nelle sedi periferiche e al DAP? Signor ministro, l’ultima ristrutturazione, ancora in fieri, vede individuare i servizi per collocare i dirigenti e non muoverli dai posti comodi in cui si trovano, mentre gli istituti della periferia – in particolare al nord - languono senza Dirigenti con il risultato che nei posti centrali di responsabilità l’Amministrazione non chiede loro contributi responsabili perché la maggior parte di loro non conosce assolutamente la realtà del carcere per due ordini di motivi: o vi ha prestato opera per troppo poco tempo, oppure addirittura non vi ha mai prestato servizio.
Ci troviamo pertanto per lo più di fronte a persone, che come apprendisti stregoni, pensano di usare un “giocattolo” sensibile come l’Amministrazione Penitenziaria che ha avuto il suo momento di crescita per tutti: operatori e detenuti nel periodo in cui è stata declinata la filosofia della pena e si è cercato in ogni modo di trovare modalità operative detentive che realizzassero il dettato costituzionale, soddisfacendo anche le giuste esigenze del personale.
Al momento, nella migliore delle ipotesi, si cerca di mettere “pezze” ad un sistema completamente sfasciato che non dà più i suoi effetti, anzi i cui unici risultati che dà sono messaggi di morte per l’incuria, per l’indifferenza, e la risposta a tutte le direttive che promanano dal centro costituiscono solo repliche burocratiche, vissute come fastidio.
La corsa è allo scarico di responsabilità in un gioco al massacro che vede far ricadere sulle categorie di personale più deboli le responsabilità di quanto accade o può accadere.
Ad esempio tutti sanno che non serve, a chi è individuato come soggetto a rischio suicidarlo, che si disponga la cosiddetta “grande sorveglianza”, in modo da individuare formalmente chi non ha grandemente sorvegliato – nel malaugurato caso succedesse qualcosa - per poi giustamente assolverlo a causa della carenza di organico…… e poi anche dire con indifferente fatalismo, che se uno vuole fermamente suicidarsi prima o poi lo fa…..
La responsabilità di ogni gesto viene ricondotta in capo all’operatore della periferia, sia esso Poliziotto, Dirigente, Educatore, Assistente Sociale……… Purtroppo al centro sono troppo pochi i funzionari sensibili che si prendono carico – comprendendole – delle situazioni della periferia. Ed a fronte delle innumerevoli morti in carcere si risponde con disposizioni dal centro che servono solo a far ricadere sull’anello più debole della catena le responsabilità.
E questo vale per tutto: dal servizio Sanitario, al lavoro dei detenuti, alle attività scolastiche e ricreative……
Oramai si possono contare sulle dita di una mano le persone che seguono la logica della cultura penitenziaria, la grande assente di questi anni. Sono quasi completamente scomparsi gli stimoli, le teorizzazioni dei vari Tartaglione, Minervini, Di Gennaro…… e, al momento, non pare esserci, ad eccezione di qualche eletto che però viene inesorabilmente azzittito, nessuno che possa quanto meno ispirarsi a loro.
La preoccupazione di tutti è quella di apparire più che essere, di dare messaggi – il più delle volte non corretti gestiti da chi - alla ricerca di visibilità - dimentica che il DAP è una struttura alla quale fare riferimento e gestisce il proprio lavoro non al servizio della struttura, ma al servizio di se stesso. In questo modo la ricerca di consensi che non permette una corretta immagine dell’Amministrazione, ma piuttosto dà visibilità a questo o quel funzionario, piuttosto che al servizio che - per fortuna - trascende i singoli operatori.
Analogamente da anni oramai l’Ufficio del personale è diventato un collettore di raccomandazioni, con l’unico risultato che il nord continua ad essere sguarnito, e voi sono sacche del sud che non ridono quanto a carenza di personale.
Va detto che la logica della gestione del personale risponde più a criteri clientelari, che ad un servizio da rendere all’Amministrazione, ma non può continuare perché il personale in questo modo viene umiliato e non compreso, perché emergono solo le esigenze di pochi, ma non di tutti, perché emerge la logica del più forte e di chi ha più potere politico…. E serve solo a mettere l’un contro l’altro i lavoratori. E’ il divide et impera che si vuole? Ma non è sicuramente questo il modo per gestire correttamente l’amministrazione ed il personale, perché poi lo scontento dei singoli si riversa inevitabilmente sulla qualità del lavoro.
. Sono anni che si dice che il 30% di chi entra nel giro dell’esecuzione penale ne esce dopo al massimo una settimana… è ora di smettere di usare logiche carcerarie anche per chi in carcere non ci dovrebbe stare, che umiliano chi le subisce, ma soprattutto gli operatori che sono costretti a vivere la loro operatività con impotenza. Ma è proprio impossibile pensare che queste persone – che fino a giudizio definitivo sono innocenti – possano non entrare in carcere? Quali interessi sottende tale non scelta, che invece potrebbe essere la più ovvia, per realizzare una effettiva politica deflattiva.
Ci siamo scordati che esistono le misure alternative alla detenzione…. perché non potenziarle? Perché umiliare gli operatori degli Uffici dell’Esecuzione penale esterna a soli organi di controllo, senza rispettare la loro peculiarità che parla anche di aiuto?
Perché non dare loro i mezzi che servono per una corretta gestione della loro professionalità?
Signor ministro, è necessario riconsiderare tutto il sistema penitenziario e ridare vitalità ed efficacia all’azione amministrativa ed alla mission istituzionale e soprattutto creare le condizioni perché il personale sia messo in grado di correttamente operare, ma soprattutto ricreare un clima culturale costruttivo, che permetta di collaborare pur nelle differenti peculiarità.
IL COORDINAMENTO USB PENITENZIARI
Roma, 15 febbraio 2011
On.le Angiolino Alfano
Al Sig. Capo del Dipartimento
dell’Amministrazione Penitenziaria
Pres. Franco IONTA
LORO SEDI
Questa Organizzazione Sindacale vuole denunciare lo stato di abbandono in cui versa il sistema penitenziario: le cause sono molteplici e tutte per lo più riconducibili alla politica che i responsabili di questa Amministrazione ha fatto e sta facendo, a partire dalle decisioni operate nella scelta dei Loro Collaboratori .
A causa di tale politica, che ha visto succedersi al vertice dell’Amministrazione magistrati sicuramente valenti in quanto tali, ma altrettanto incapaci di portare avanti in modo corretto la gestione complessiva del sistema, seguendo le giuste logiche che avrebbero – da una parte - dovuto tendere alla rieducazione, così come recita la Costituzione e dall’altra creare le condizioni strutturali e ambientali perché ciò avvenisse. Invece abbiamo un assalto alla diligenza nei confronti del sistema che ha costituito l’unica vera realtà degli ultimi quindici anni, dove magistrati assolutamente inconsapevoli della realtà carceraria si sono fatti strumentalizzare da questo o quel dirigente che, assetato di potere, ne ha tratto esclusivamente il proprio tornaconto. Va doverosamente detto che qualche magistrato, rispettoso della legge e della legalità si è impegnato nella giusta direzione, ma altri suoi colleghi disfacevano quello che questi costruivano.
Non ci risulta che nei tagli che il governo operava si sia tenuto conto della necessità almeno di dare da mangiare ai detenuti. Oggi essi sono arrivati a quota 68.000, e per ciascuno di loro si spende solo 4 € al giorno complessivamente per il pranzo e la cena… e tutte quelle carenze che pure esistevano anche in tempi passati anche se non in modo così eclatante, venivano integrate con gli acquisti fatti dagli stessi detenuti al sopravvitto. Ma ora – a causa della carenza di lavoro – non è più possibile ed il risultato è che i detenuti hanno fame e sete, oltre che stare ammassati come sardine in spazi sempre più angusti, condannati a fare niente dalla mattina alla sera.
Di queste scelte scellerate ne stanno facendo le spese finanche i bambini loro malgrado detenuti … Ma lei sa che per i bambini al seguito delle mamme in carcere quest’anno sono stati tagliati ben 300.000 euro al già magro bilancio dell’anno precedente?
Vogliamo poi parlare della distribuzione del personale nelle sedi periferiche e al DAP? Signor ministro, l’ultima ristrutturazione, ancora in fieri, vede individuare i servizi per collocare i dirigenti e non muoverli dai posti comodi in cui si trovano, mentre gli istituti della periferia – in particolare al nord - languono senza Dirigenti con il risultato che nei posti centrali di responsabilità l’Amministrazione non chiede loro contributi responsabili perché la maggior parte di loro non conosce assolutamente la realtà del carcere per due ordini di motivi: o vi ha prestato opera per troppo poco tempo, oppure addirittura non vi ha mai prestato servizio.
Ci troviamo pertanto per lo più di fronte a persone, che come apprendisti stregoni, pensano di usare un “giocattolo” sensibile come l’Amministrazione Penitenziaria che ha avuto il suo momento di crescita per tutti: operatori e detenuti nel periodo in cui è stata declinata la filosofia della pena e si è cercato in ogni modo di trovare modalità operative detentive che realizzassero il dettato costituzionale, soddisfacendo anche le giuste esigenze del personale.
Al momento, nella migliore delle ipotesi, si cerca di mettere “pezze” ad un sistema completamente sfasciato che non dà più i suoi effetti, anzi i cui unici risultati che dà sono messaggi di morte per l’incuria, per l’indifferenza, e la risposta a tutte le direttive che promanano dal centro costituiscono solo repliche burocratiche, vissute come fastidio.
La corsa è allo scarico di responsabilità in un gioco al massacro che vede far ricadere sulle categorie di personale più deboli le responsabilità di quanto accade o può accadere.
Ad esempio tutti sanno che non serve, a chi è individuato come soggetto a rischio suicidarlo, che si disponga la cosiddetta “grande sorveglianza”, in modo da individuare formalmente chi non ha grandemente sorvegliato – nel malaugurato caso succedesse qualcosa - per poi giustamente assolverlo a causa della carenza di organico…… e poi anche dire con indifferente fatalismo, che se uno vuole fermamente suicidarsi prima o poi lo fa…..
La responsabilità di ogni gesto viene ricondotta in capo all’operatore della periferia, sia esso Poliziotto, Dirigente, Educatore, Assistente Sociale……… Purtroppo al centro sono troppo pochi i funzionari sensibili che si prendono carico – comprendendole – delle situazioni della periferia. Ed a fronte delle innumerevoli morti in carcere si risponde con disposizioni dal centro che servono solo a far ricadere sull’anello più debole della catena le responsabilità.
E questo vale per tutto: dal servizio Sanitario, al lavoro dei detenuti, alle attività scolastiche e ricreative……
Oramai si possono contare sulle dita di una mano le persone che seguono la logica della cultura penitenziaria, la grande assente di questi anni. Sono quasi completamente scomparsi gli stimoli, le teorizzazioni dei vari Tartaglione, Minervini, Di Gennaro…… e, al momento, non pare esserci, ad eccezione di qualche eletto che però viene inesorabilmente azzittito, nessuno che possa quanto meno ispirarsi a loro.
La preoccupazione di tutti è quella di apparire più che essere, di dare messaggi – il più delle volte non corretti gestiti da chi - alla ricerca di visibilità - dimentica che il DAP è una struttura alla quale fare riferimento e gestisce il proprio lavoro non al servizio della struttura, ma al servizio di se stesso. In questo modo la ricerca di consensi che non permette una corretta immagine dell’Amministrazione, ma piuttosto dà visibilità a questo o quel funzionario, piuttosto che al servizio che - per fortuna - trascende i singoli operatori.
Analogamente da anni oramai l’Ufficio del personale è diventato un collettore di raccomandazioni, con l’unico risultato che il nord continua ad essere sguarnito, e voi sono sacche del sud che non ridono quanto a carenza di personale.
Va detto che la logica della gestione del personale risponde più a criteri clientelari, che ad un servizio da rendere all’Amministrazione, ma non può continuare perché il personale in questo modo viene umiliato e non compreso, perché emergono solo le esigenze di pochi, ma non di tutti, perché emerge la logica del più forte e di chi ha più potere politico…. E serve solo a mettere l’un contro l’altro i lavoratori. E’ il divide et impera che si vuole? Ma non è sicuramente questo il modo per gestire correttamente l’amministrazione ed il personale, perché poi lo scontento dei singoli si riversa inevitabilmente sulla qualità del lavoro.
. Sono anni che si dice che il 30% di chi entra nel giro dell’esecuzione penale ne esce dopo al massimo una settimana… è ora di smettere di usare logiche carcerarie anche per chi in carcere non ci dovrebbe stare, che umiliano chi le subisce, ma soprattutto gli operatori che sono costretti a vivere la loro operatività con impotenza. Ma è proprio impossibile pensare che queste persone – che fino a giudizio definitivo sono innocenti – possano non entrare in carcere? Quali interessi sottende tale non scelta, che invece potrebbe essere la più ovvia, per realizzare una effettiva politica deflattiva.
Ci siamo scordati che esistono le misure alternative alla detenzione…. perché non potenziarle? Perché umiliare gli operatori degli Uffici dell’Esecuzione penale esterna a soli organi di controllo, senza rispettare la loro peculiarità che parla anche di aiuto?
Perché non dare loro i mezzi che servono per una corretta gestione della loro professionalità?
Signor ministro, è necessario riconsiderare tutto il sistema penitenziario e ridare vitalità ed efficacia all’azione amministrativa ed alla mission istituzionale e soprattutto creare le condizioni perché il personale sia messo in grado di correttamente operare, ma soprattutto ricreare un clima culturale costruttivo, che permetta di collaborare pur nelle differenti peculiarità.
IL COORDINAMENTO USB PENITENZIARI
Roma, 15 febbraio 2011
<< Home page