Tamburino(Capo Dap) : serve un patto di responsabilità con i detenuti
ansa- 12.4.2012
"Un patto di responsabilità tra i detenuti e l'amministrazione, che da un lato assicuri ai detenuti dei vantaggi e che dall'altro comporti un'assunzione di responsabilità rispetto all'osservanza delle regole, utile ad abituare il detenuto al ritorno alla società".
È questa la ricetta del capo del Dipartimento di amministrazione penitenziaria, Giovanni Tamburino, per la gestione delle carceri italiane. Occorre un sistema "diverso da come è adesso", ha affermato Tamburino, che non si basi tanto "sul controllo che in qualche modo blocchi il detenuto, ma che dia ragionevole fiducia, sempre nella massima prudenza, che occorre a tutela delle condizioni di sicurezza".
A tal proposito, intervenendo alla Scuola di perfezionamento per le forze di polizia a Roma, Tamburino ha portato ad esempio i sistemi adottati in Spagna e Germania: "possono essere una linea, percorsi per realizzare una sicurezza dinamica". E nel costruirli, ha concluso, "possiamo anche commettere errori, anche perché l'errore misurato aiuta ed è necessario per fare passi avanti".
Polizia penitenziaria anche per misure alternative
"La Polizia penitenziaria potrebbe assumere un ruolo di custodia e vigilanza anche per i condannati che scontano la loro pena con misure alternative al carcere".
Così il capo del Dipartimento di amministrazione penitenziaria, Giovanni Tamburino, in merito al ruolo della Polizia penitenziaria rispetto alle nuove misure alternative al carcere proposte dal Governo. Anche in questi casi, ha sottolineato Tamburino, "ci sono esigenze di controllo e vigilanza e bisogna valutare se questo compito potrebbe essere svolto dalla Polizia penitenziaria o dalle forze di polizia sul territorio. Bisogna valutare se tutto ciò che riguarda l'esecuzione della pena potrebbe essere affidato alla Polizia penitenziaria. Ciò richiederebbe una ristrutturazione". Secondo il capo del Dap questa impostazione "potrebbe avere una logica", ma bisogna evitare di fare "scelte confuse".
Il 41 bis ha dato buoni risultati contro la mafia
Il regime di detenzione secondo il 41 bis "ha dato buona prova", rivelandosi "un sistema di prevenzione rispetto al rischio di reati mafiosi. Da quando c'è, dagli anni 90, ha dato un risultato buono". Lo ha detto il capo del Dipartimento di amministrazione penitenziaria, Giovanni Tamburino, intervenendo alla Scuola di perfezionamento per le forze di polizia, oggi a Roma.
"Non possiamo dire che la mafia è stata sconfitta - ha aggiunto - ma un certo tipo di mafie sono state tagliate anche per merito del 41 bis". Tamburino ha quindi portato l'esempio di altri reati come "il sequestro di persona e il terrorismo, che hanno trovato sul piano carcerario un forte sostegno alla sconfitta".
Moretti (Ugl): bene Tamburino su ruolo Polizia penitenziaria
"Accogliamo con soddisfazione le indicazioni fornite dal capo del Dap in merito ad un diverso ruolo della Polizia Penitenziaria nell'esecuzione penale. Da oltre tre anni, infatti, l'Ugl chiede di modificare il sistema penitenziario, dando nuova collocazione operativa al Corpo". Così in una nota il segretario nazionale dell'Ugl Polizia Penitenziaria, Giuseppe Moretti, commenta le dichiarazioni del capo del Dipartimento di amministrazione penitenziaria, Giovanni Tamburino, in merito al compito di custodia e vigilanza che potrebbe avere la Polizia Penitenziaria rispetto alle nuove misure alternative al carcere proposte dal Governo. "La Polizia Penitenziaria - spiega il sindacalista - oggi svolge compiti che potrebbero essere superati dall'attuazione di un diverso sistema di gestione della detenzione, ma anche da un incremento della tecnologia nei sistemi di controllo, consentendo agli agenti di occuparsi delle misure alternative alla reclusione e, più in generale, del controllo di tutta l'esecuzione penale, sia essa interna che esterna". "Siamo consapevoli che il recupero del reo non può più essere soddisfatto da una carcerazione che ne prevede la permanenza in cella per oltre 20 ore al giorno - continua Moretti - ma una maggiore mobilità dei detenuti nelle sezioni può portare ad un aumento delle risse o di situazioni critiche. Perciò, crediamo che la modifica del sistema di gestione dei detenuti debba presupporre interventi atti anche a diminuire il carico di responsabilità che ricade, in base all'attuale normativa, sugli agenti di Polizia Penitenziaria". "I modelli come quello spagnolo o tedesco - conclude il sindacalista - possono essere una soluzione, fermo restando la necessità di ridurre i carichi di lavoro estremi che ora ricadono sul personale".
È questa la ricetta del capo del Dipartimento di amministrazione penitenziaria, Giovanni Tamburino, per la gestione delle carceri italiane. Occorre un sistema "diverso da come è adesso", ha affermato Tamburino, che non si basi tanto "sul controllo che in qualche modo blocchi il detenuto, ma che dia ragionevole fiducia, sempre nella massima prudenza, che occorre a tutela delle condizioni di sicurezza".
A tal proposito, intervenendo alla Scuola di perfezionamento per le forze di polizia a Roma, Tamburino ha portato ad esempio i sistemi adottati in Spagna e Germania: "possono essere una linea, percorsi per realizzare una sicurezza dinamica". E nel costruirli, ha concluso, "possiamo anche commettere errori, anche perché l'errore misurato aiuta ed è necessario per fare passi avanti".
Polizia penitenziaria anche per misure alternative
"La Polizia penitenziaria potrebbe assumere un ruolo di custodia e vigilanza anche per i condannati che scontano la loro pena con misure alternative al carcere".
Così il capo del Dipartimento di amministrazione penitenziaria, Giovanni Tamburino, in merito al ruolo della Polizia penitenziaria rispetto alle nuove misure alternative al carcere proposte dal Governo. Anche in questi casi, ha sottolineato Tamburino, "ci sono esigenze di controllo e vigilanza e bisogna valutare se questo compito potrebbe essere svolto dalla Polizia penitenziaria o dalle forze di polizia sul territorio. Bisogna valutare se tutto ciò che riguarda l'esecuzione della pena potrebbe essere affidato alla Polizia penitenziaria. Ciò richiederebbe una ristrutturazione". Secondo il capo del Dap questa impostazione "potrebbe avere una logica", ma bisogna evitare di fare "scelte confuse".
Il 41 bis ha dato buoni risultati contro la mafia
Il regime di detenzione secondo il 41 bis "ha dato buona prova", rivelandosi "un sistema di prevenzione rispetto al rischio di reati mafiosi. Da quando c'è, dagli anni 90, ha dato un risultato buono". Lo ha detto il capo del Dipartimento di amministrazione penitenziaria, Giovanni Tamburino, intervenendo alla Scuola di perfezionamento per le forze di polizia, oggi a Roma.
"Non possiamo dire che la mafia è stata sconfitta - ha aggiunto - ma un certo tipo di mafie sono state tagliate anche per merito del 41 bis". Tamburino ha quindi portato l'esempio di altri reati come "il sequestro di persona e il terrorismo, che hanno trovato sul piano carcerario un forte sostegno alla sconfitta".
Moretti (Ugl): bene Tamburino su ruolo Polizia penitenziaria
"Accogliamo con soddisfazione le indicazioni fornite dal capo del Dap in merito ad un diverso ruolo della Polizia Penitenziaria nell'esecuzione penale. Da oltre tre anni, infatti, l'Ugl chiede di modificare il sistema penitenziario, dando nuova collocazione operativa al Corpo". Così in una nota il segretario nazionale dell'Ugl Polizia Penitenziaria, Giuseppe Moretti, commenta le dichiarazioni del capo del Dipartimento di amministrazione penitenziaria, Giovanni Tamburino, in merito al compito di custodia e vigilanza che potrebbe avere la Polizia Penitenziaria rispetto alle nuove misure alternative al carcere proposte dal Governo. "La Polizia Penitenziaria - spiega il sindacalista - oggi svolge compiti che potrebbero essere superati dall'attuazione di un diverso sistema di gestione della detenzione, ma anche da un incremento della tecnologia nei sistemi di controllo, consentendo agli agenti di occuparsi delle misure alternative alla reclusione e, più in generale, del controllo di tutta l'esecuzione penale, sia essa interna che esterna". "Siamo consapevoli che il recupero del reo non può più essere soddisfatto da una carcerazione che ne prevede la permanenza in cella per oltre 20 ore al giorno - continua Moretti - ma una maggiore mobilità dei detenuti nelle sezioni può portare ad un aumento delle risse o di situazioni critiche. Perciò, crediamo che la modifica del sistema di gestione dei detenuti debba presupporre interventi atti anche a diminuire il carico di responsabilità che ricade, in base all'attuale normativa, sugli agenti di Polizia Penitenziaria". "I modelli come quello spagnolo o tedesco - conclude il sindacalista - possono essere una soluzione, fermo restando la necessità di ridurre i carichi di lavoro estremi che ora ricadono sul personale".
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