L'ARCHIVIO DI OLTREILCARCERE

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mercoledì 26 settembre 2012

Sindacato USB: Situazione penitenziaria oggi, 24 settembre 2012


Questa O.S. intende denunciare lo stato di degrado in cui versa l’Amministrazione Penitenziaria, sia sul fronte dei detenuti che su quello del personale. Questi due aspetti sono fortemente interdipendenti e, nei loro possibili sviluppi, non lasciano intravedere nulla di positivo né per l’oggi né, tantomeno per il futuro.

Si sta ponendo mano ad una riforma complessiva dell’Amministrazione Penitenziaria, con la scusa della cosiddetta “spending review”, azzerando di fatto gli istituti giuridici ed amministrativi previsti dalle leggi del 1975, del 1986, e dalla legge di riforma del Corpo di Polizia Penitenziaria.

Si stanno scientemente azzerando le misure alternative, attraverso l’annullamento della struttura UEPE, a partire dall’annullamento della Direzione Generale dell’Esecuzione Penale Esterna, dall’azzeramento degli Uffici EPE dei PRAP, i per giungere infine all’abbandono dei singoli Uffici , per far probabilmente posto a Commissariati che si dovranno occupare esclusivamente di controllo di polizia, nonostante sia recentemente intervenuta la raccomandazione del CSM di potenziare detti uffici.

Ci viene spontaneo domandare …e la messa alla prova, chi la curerà? La Polizia penitenziaria? Con quali strumenti tecnico – professionali? Quelli caratteristici delle forze di polizia? Non dimentichiamo che la mancata recidiva nella misure alternative è del 19%, mentre quella per chi esce dal carcere è del 68%. E in carcere è preponderante la cultura della polizia penitenziaria che solo pochi illuminati vogliono veramente cambiare. Si pensi soltanto alla opposizione che le loro Organizzazioni Sindacali stanno facendo sulla cosiddetta “sorveglianza dinamica”: un nuovo modello di gestione del carcere che spaventa perché è fin troppo facile chiudere a chiave, più difficile rendere responsabili gli utenti.

Analogamente il trattamento intramurale oramai da tempo è stato abbandonato , ed i principali artefici della proposta rieducativa sono stai ridotti a burocrati privi di qualsiasi potere di intervento. Si sta pensando di fare a meno dei Dirigenti di Area 1, in particolare di quanti provengono dal ruolo dei “funzionari giuridico pedagogici” (e non è un caso che l’Amministrazione abbia proposto il cambio del nome in tal senso), mentre per i funzionari di ragioneria i posti , per ovvii motivi, non verranno meno.

E tutto questo sta avvenendo senza che i lavoratori del Comparto Ministeri e le loro Organizzazioni Sindacali possano dire la loro. E’ vero che la legge cosiddetta Brunetta ha tolto loro ogni possibilità di intervento reale, ma nei fatti è rimasto almeno l’obbligo, per l’Amministrazione, di informare. Le proposte di tagli, i silenzi, le ipotesi non comunicate riguardano solo il personale del Comparto Ministeri.

Le Organizzazioni Sindacali della Polizia penitenziaria hanno ben altro ascolto e sono depositarie di un potere enorme, non giustificato perché alla base c’è la tutela di un potere non sempre limpido. Infatti queste riescono a far saltare Dirigenti penitenziari, Dirigenti Generali, possono ottenere per i lavoratori del Comparto Ministeri quelle movimentazioni, che le loro Organizzazioni Sindacali non riescono ad conseguire. Si consentono il lusso di sbeffeggiare – sui loro siti internet -quei Dirigenti che sono stati colpiti. E questo troppo spesso è accaduto perché essi non hanno voluto derogare dalla legge ed hanno tenuto in debito conto le compatibilità, sulle quali talune Organizzazioni Sindacali della Polizia penitenziaria cercano di non andare troppo per il sottile.

Ma se i vertici dell’Amministrazione non hanno saputo o voluto difendere i propri dirigenti dagli attacchi di chi cercava coperture non possibili, come si può pensare che possa farlo nei confronti dell’impiegato che ogni giorno, sul posto di lavoro, si trova a combattere tra una mole di impegni sempre più pesanti e una ormai insostenibile carenza di risorse? A maggior ragione come possono prendersi cura dei condannati che vengono presi in carico perché con essi si faccia un lavoro “ricostruttivo della loro esistenza”?

Né si possono tollerare, Signor Ministro le battute infelici fatte dal Capo del personale, che di fronte ad O.S. che discutevano animatamente sulla destinazione dei pochissimi euro del Fondo Unico di Amministrazione, ha avuto il coraggio di affermare che tale personale è fortunato a percepire ancora lo stipendio, e questo lo fa dall’alto della sua retribuzione molto alta e sicuramente non in linea con le miserie che mensilmente percepiscono i lavoratori.

Ci aspettavamo, Signor Ministro, che l’essere, la S.V. esponente di un governo tecnico, non avesse bisogno dell’imprimatur di quelle Organizzazioni Sindacali, perché non ha bisogno di essere riconfermata dall’autorità politica che interverrà, quando cambierà la situazione. La smania, invece, di essere riconfermati da parte di taluni Dirigenti generali che gestiscono il DAP, porta a scelte scellerate, sia dal punto di vista locale che da quello generale.

Il fatto che il carcere costituisca un budget per chi se ne occupa è un dato incontrovertibile: budget costituito dalla circostanza che gli Enti Locali, in particolare, erogano contributi che vanno ai detenuti solo in minima parte. Abbiamo una pletora di corsi di formazione, di interventi di prevenzione e di quant’altro, che poco servono ai detenuti, ma servono soprattutto a guadagnare chi li fa. Se un Dirigente si frappone a questo andazzo, allora viene colpito dal potere politico, che su questo troppo spesso foraggia la propria sopravvivenza.

Si parla tanto di lavoro per i detenuti, ma l’Amministrazione non ne produce, si fa affidamento sulle cooperative e sul privato sociale, ma nessuno ha mai verificato quante e quali cooperative sono sopravvissute, dopo un primo impegno e dopo aver utilizzato fondi pubblici erogati dagli Enti Locali. Nessuno ha mai verificato la reale possibilità, per queste di stare sul mercato e di essere effettiva occasione di lavoro e di servizio al più debole. Che fine hanno fatto tali organismi una volta finiti i contributi? Per molti è stato un modo per prendere soldi pubblici altrimenti non spendibili, ma – ad eccezione di un numero limitato di interventi - queste stesse cooperative si sono sciolte come neve al sole e nessuno ha preso in considerazione i motivi per cui ciò è accaduto. E possiamo dire che non sempre chi ha gestito questo andazzo sia stato immune da “contaminazioni colpevoli”.

Per queste ragioni, Signor Ministro, le chiediamo di aprire un tavolo di trattativa, al fine di informare in ordine alle decisioni prese e di ascoltare anche le nostre proposte, che rappresentino l’altra faccia della medaglia e permettano decisioni quantomeno consapevoli e non esclusivamente destinate al raggiungimento di un bene personale, che non si concilia affatto con il raggiungimento del fine istituzionale, in nome del quale migliaia di operatori, ogni giorno, sul posto di lavoro, ancora non disperano di credere.

Si porgono distinti ossequi

p. IL COORDINAMENTO USB PENITENZIARI

Augusta Roscioli

Roma,24 settembre 2012