L'ARCHIVIO DI OLTREILCARCERE

Dal 2007 al 2014 sono stati pubblicati più di 1300 documenti che hanno trattato argomenti riferiti al Servizio Sociale della Giustizia, agli Uffici per l'Esecuzione Penale Esterna, al Sistema dell'Esecuzione Penale Esterna attraverso solidarietaasmilano.blocspot.com

venerdì 28 febbraio 2014

FP CGIL LOMBARDIA: RIFLESSIONI SUL RIORDINO DELL'AMMINISTRAZIONE PENITENZIARIA


 
FP CGIL Lombardia




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In questo cambio di gestione politica per la Giustizia, dopo avere sentito l’opinione di ogni soggetto sociale, più o meno competente del contesto penitenziario, esprimersi sui rimedi da adottare per affrontare l’emergenza carceri, è giusto riferire anche da parte degli operatori direttamente interessati il fallimento delle politiche finora adottate perché inadatte, in assenza di interventi normativi, a gestire la complessità del sistema dell’esecuzione penale, il carcere e il territorio dove, occorre ricordare, si scontano le pene alternative alla detenzione, ad oggi circa 15.000 misure alternative tra affidamenti, detenzioni domiciliari, lavori di pubblica utilità e liberi vigilati.
 
I lavoratori penitenziari hanno subito in questi anni la recrudescenza dell’istanza punitiva offerta come unica cura all’insicurezza sociale.
Questa cosa non ha prodotto maggior sicurezza ma solo l’aumento esponenziale del numero dei reclusi e l’intervento della Corte Europea con l’ormai famosa "sentenza Torreggiani", che ha condannato l’Italia al pagamento di una sanzione, se non vengono trovati rimedi al perdurante sovraffollamento penitenziario descritto come situazione ai limiti della civiltà giuridica e trattamento inumano e degradante, invitando il sistema della giustizia italiana a tornare a quote compatibili con il rispetto dovuto a ogni persona umana In questa realtà complessa, la Ministra uscente ha espresso alla Commissione Giustizia alcune proposte volte ad una diversa gestione del penitenziario, auspicando il potenziamento degli organici e delle risorse dedicate al trattamento, ipotizzando anche diversi rimedi in relazione alle distinte tematiche.
Tutto perfetto e coerente, fino alla presentazione di una bozza di riordino del Ministero della Giustizia dove, per l’Amministrazione Penitenziaria, viene proposto il taglio degli organici dei dirigenti e degli operatori con formule generiche e approssimative, sostenendo che i tagli sarebbero stati fatti nei soli uffici centrali. A conti fatti questo non è vero. Ad esempio i dirigenti UEPE, dimezzati nel numero, basteranno appena per gli Uffici di Esecuzione Penale Esterna, con buona pace dei decentramenti regionali presso i Provveditorati che verranno meno e non caratterizzeranno l’intervento territoriale a livello regionale; si eliminerà di fatto il coordinamento dei servizi territoriali e il raccordo con gli altri uffici dell'amministrazione e dei livelli territoriali regionali, dove si programmano le politiche penali e sociali del territorio, marginalizzando ancora di più l'area penale esterna.
Rispetto al personale trattamentale altri tagli, altre compressioni di risorse, altri limiti.


Eppure, nella relazione alla Commissione Giustizia, la ministra uscente aggiungeva che "L'amministrazione penitenziaria, tenuto conto dello stato di emergenza oggetto del messaggio del Presidente della Repubblica alle Camere, ha per tempo manifestato l'incompatibilità dell'ulteriore riduzione della dotazione organica stabilita dalla citata legge n. 135/2012 anche al settore penitenziario, ritenendosi opportuna una specifica deroga alla applicazione della spending review al personale dell'amministrazione penitenziaria".e proponeva nuove sanzioni sostitutive e potenziamento delle misure alternative al carcere.


Riteniamo che non sia possibile, contemporaneamente, investire sulle misure alternative e tagliare l'organizzazione che si occupa delle stesse. Il potenziamento dell'area penale nelle sue proiezioni esterne ed interne al carcere è il vero presupposto per cambiare rotta nell'esecuzione e nella riduzione delle pene detentive.
In una situazione di carenza di risorse, se non si può pensare di aumentare la spesa globale, si deve almeno ricorrere allo investimento di una percentuale consistente di spesa all'interno ed all'esterno delle aree socio educative, e al fine di avere un efficace sistema di misure alternative non si può pensare di spostare semplicemente gli operatori che operano all'interno del carcere all'esterno (direttori di istituto che dirigono UEPE o polizia penitenziaria che sostituisce gli assistenti sociali nel controllo sul territorio).
Si chiamano infatti misure alternative (i documenti e direttive europee lo dicono chiaramente) perché sono diverse nei presupposti e nei metodi usati: non solo detenzione ma responsabilizzazione, non dipendenza ma attivazione, non solo controllo ma aiuto al rientro in società.
Se non si comprende la natura vera di queste misure, non si fa altro che spostare il carcere nel territorio, addirittura con spreco di maggiori energie e con un'efficacia minore.
Oggi sembra che in discussione non sia solo la questione carceraria nel suo complesso, ma la questione carceraria che rincorre la sentenza Torreggiani, che scadrà il 28 maggio 2014: celle aperte senza alcuna sicurezza per il personale, sorveglianza dinamica "obbligata" dagli scarsi numeri presenti.


Chi paga, come sempre in questo contesto, è situato nel front office trattamentale: assistenti sociali, educatori e poliziotti penitenziari, che devono ottemperare alle richieste senza aver contribuito in alcun modo a formare la proposta, graziosamente calata dagli uffici ministeriali ai Prap e poi ad istituti e servizi.
 
Non è lamentela, è rabbia espressa più volte compostamente con comunicati ed iniziative sempre rimasti lettera morta ad un’Amministrazione incapace di ascoltare chi è direttamente impegnato nella quotidianità detentiva.

Non si conosce lo stato dei tre livelli di intervento proposti dall’esecutivo uscente: a) la riduzione del numero complessivo dei detenuti attraverso innovazioni di carattere strutturale; b) l'aumento della capienza complessiva degli istituti penitenziari; c) il ricorso a rimedi straordinari.
 
Allo studio del Parlamento giacciono: l’introduzione di meccanismi di probation, le pene detentive non carcerarie, la riduzione dell'area applicativa della custodia cautelare in carcere, l’espiazione della pena nel Paese di origine, l’attenuazione degli effetti della recidiva, la depenalizzazione, la delega al Governo per l'introduzione di pene principali detentive non carcerarie ovvero da eseguire presso il domicilio, l'introduzione della probation (messa alla prova) nel processo penale, una nuova disciplina del processo a carico di imputati irreperibili... azioni utili, ma insieme alle risorse umane e ad un loro reale riconoscimento, ad una diversa gestione dell’esecuzione penale.
Nell’attualità invece resta, in uno Stato cosiddetto di diritto, il quaranta per cento circa di detenuti in attesa di giudizio e le difficoltà a livello internazionale nel dare seguito ai protocolli che consentirebbero, almeno per i reati meno gravi, di far espiare la pena all'estero per gli stranieri non appartenenti all'Unione Europea. Gli stessi stranieri che, nella maggioranza dei casi, sono destinati al trattenimento nei CI
Non basta la sola depenalizzazione dei reati, è necessario evidenziare che la soluzione del problema sovraffollamento non consiste solo nell'aumento dei posti delle strutture carcerarie, ma nella necessità di recuperare l'intero sistema penitenziario gravemente impoverito in termini di risorse umane ed economiche, tanto da mettere in seria crisi le opportunità trattamentali.


Citando sempre dichiarazioni politiche del responsabile uscente, condivisibili in toto ma incongruenti con la proposta di riordino dell’amministrazione penitenziaria «si registrano significative carenze nel profilo professionale degli assistenti sociali e dei funzionari giuridico pedagogici c.d. educatori. Tale aspetto si presenta ancora più problematico a fronte della diffusione di modelli di funzionamento delle strutture caratterizzate da una maggiore apertura che il Dipartimento già da tempo sta cercando di realizzare. Per quanto riguarda la Polizia penitenziaria, la carenza di organico è particolarmente grave per i ruoli intermedi dei sovrintendenti e degli ispettori, di minore entità nel ruolo agenti-assistenti…………omissis………….. analoga complessità è determinata dalla mancanza di un contratto della dirigenza penitenziaria e dalla possibile applicazione di ulteriori tagli a seguito della spending review».
 
Nonostante le belle e significative dichiarazioni di intenti, ad oggi, per l’amministrazione penitenziaria resta vigente il blocco delle assunzioni previsto dalla Spending Review e vengono proposte bozze di riordino con tagli e compressioni di uffici e persone…
Il fondo è toccato e non si comprende perché non sia possibile assicurare al paese un sistema dell’esecuzione penale interna ed esterna utile a gestire la sicurezza sociale anche attraverso più utili e più efficaci forme differenziate di strategie di controllo sociale e cioè forme di trattamento in ambiente esterno almeno per il controllo della criminalità medio-piccola che sempre più sta popolando le patrie galere.
Questa l’analisi che offriamo a chi verrà ed avrà potestà di scelta ed orientamento della politica penale nel nostro paese, questi alcuni interventi fatti sul contesto penitenziario e sociale ad esso collegato.
Aldilà dei proclami, serve l’integrazione delle risorse di personale, in deroga alle misure di blocco delle assunzioni disposte dai vari esecutivi e dalla spending review, la reintroduzione del profilo professionale di Direttore di Servizio Sociale e il definitivo allontanamento dalle logiche sensazionalistiche che hanno finora guidato l’agire politico su carcere ed esecuzione penale.
Noi non siamo i fantasiosi equilibristi della giustizia penale che qualcuno vorrebbe e per questo non ci stancheremo di lavorare per un ritorno autentico e non di facciata, alla civiltà ed alla sicurezza sociale, quella vera.
Barbara Campagna
Coordinatrice Regionale Ministero Giustizia DAP
Milano, 28.2.2014