L'ARCHIVIO DI OLTREILCARCERE

Dal 2007 al 2014 sono stati pubblicati più di 1300 documenti che hanno trattato argomenti riferiti al Servizio Sociale della Giustizia, agli Uffici per l'Esecuzione Penale Esterna, al Sistema dell'Esecuzione Penale Esterna attraverso solidarietaasmilano.blocspot.com

mercoledì 12 febbraio 2014

Regolamento del Ministero della Giustizia - Documento FP CGIL presentato all'incontro odierno presso il Ministero della Giustizia

La storia del regolamento del Ministero della Giustizia vede la FP CGIL come protagonista di alcuni dei rilievi sollevati dal Consiglio di Stato alle precedenti bozze. Difatti, grazie al nostro intervento, peraltro citato in un parere del Consiglio di Stato,  venne bloccato e furono evitati errori madornali.
Lo stesso regolamento posto oggi in discussione dichiara di aver scelto di non procedere all'accentramento degli uffici della Giustizia Minorile proprio recependo il parere del Consiglio di Stato.
Allo stato attuale, però, malgrado taluni rilievi siano stati recepiti, il regolamento de quo presenta - a giudizio della scrivente O.S. - ancora palesi incongruenze in pressoché tutti i dipartimenti.


Sui tagli agli Uffici delle Amministrazioni centrali e degli Archivi Notarili

Per quanto riguarda i tagli di cui al D.l. 95, si registra una gravissima incongruenza in tutti dipartimenti, con il taglio alle posizioni dirigenziali e al personale delle Amministrazioni Centrali.
E' nota la gravissima carenza di organico del Dipartimento dell'Organizzazione Giudiziaria, e l'insufficienza di personale che caratterizza quelli degli altri Dipartimenti impedendogli di svolgere correttamente il proprio mandato istituzionale; a maggior ragione se, poi, si considerano le attuali gravi condizioni in cui versano le strutture penitenziarie e dell'esecuzione penale, anche alla luce dell'approvazione del d.l. "svuota carceri" che, con ogni probabilità, finirà per aumentare in maniera esponenziale le competenze del personale.
Per quanto ci riguarda, il legislatore, probabilmente distratto nell'occasione, ha scritto male la norma, citando nella deroga solo 'il personale amministrativo che opera negli uffici giudiziari', e ciò ci costringe a porre in evidenza diverse contraddizioni.
Abbiamo già avuto modo di affermarlo anche pubblicamente: se tale intento fosse attuato letteralmente, come avviene nel regolamento, si creerebbe una gravissima e inaccettabile sperequazione tra personale delle Amministrazioni centrali e quello in servizio negli uffici periferici: difatti, il personale dell'Amministrazione centrale, pur non rischiando alcun licenziamento, considerato che il taglio si opera su una carenza preesistente, avrebbe, proprio ai sensi del D.l. 95, accesso ai benefici previsti dallo stesso, ovvero la possibilità di andare in pensione con i benefici pre legge Fornero.
Lo stesso non potrebbe fare, nell'ambito dello stesso Ministero e delle stesse Amministrazioni, il personale degli uffici periferici. Ciò darebbe certamente adito ad un pesante contenzioso per la istituenda direzione degli Affari Legali.
Inoltre, con riferimento ai tagli decisi sulla dirigenza e alle Amministrazioni centrali di tutti i dipartimenti, ci domandiamo come sia possibile che in taluni altri Ministeri, come ad esempio quello degli Interni, che addirittura nomina Prefetti in soprannumero, e organismi quale La Corte dei Conti, i T.a.r., il Consiglio di Stato e l'Avvocatura dello Stato, con l'evidente consenso del Ministero per la Pubblica Amministrazione e semplificazione non si effettueranno tagli, neanche nei rispettivi uffici centrali, dichiarando di rientrare in tale norma proprio in virtù di quella scritta per gli uffici giudiziari, mentre il Ministero della Giustizia, per il quale quella disposizione è stata redatta, ritiene di dover essere il più solerte procedendo addirittura a tagliare le dotazioni organiche della propria dirigenza sul territorio e nelle Amministrazioni Centrali, di per sé - come noto - già ampiamente martoriate dalla carenza di personale. 
Quanto sopra, oltre ad essere incomprensibile sia dal punto di vista funzionale che organizzativo, pone il Ministero della Giustizia in una gravissima - e francamente inspiegabile - condizione di assoluta debolezza politica nei confronti degli altri dicasteri e amministrazioni, evidentemente molto più scaltre nel difendere i loro interessi e tutelare le proprie posizioni lavorative.
Altra questione assolutamente rilevante e parimenti inspiegabile: agli Archivi Notarili, invece di fare i tagli solo all'Ufficio centrale, come avviene per tutti gli altri, si è deciso di effettuare il taglio del personale su tutta la dotazione organica nazionale, come noto già gravemente insufficiente a far funzionare le strutture.
Dove sia la logica che sottende a queste operazioni ci è francamente oscuro, ma è di tutta evidenza che nell'occasione si possa affermare senza tema di smentita che la ragione non risiede certo in quella che si riferisce all'efficienza degli apparati e al buon funzionamento dei servizi.


Dipartimento per gli Affari di Giustizia  
            
Si ritiene che il passaggio delle competenze del contenzioso dalla DGM alla istituenda Direzione generale degli affari giuridici e legali non sia opportuno, in quanto il contenzioso relativo alla Giustizia Minorile ha una sua precisa specificità, esattamente come quella del Dipartimento dell'Amministrazione penitenziaria.
                       

Dipartimento dell'Organizzazione Giudiziaria  

La prima questione che salta immediatamente agli occhi è l'applicazione del cosiddetto "decentramento" applicato ai sensi della legge n. 240 del 2006. La legge in questione prevedeva infatti un effettivo decentramento, con 16 direzioni regionali o interregionali. Il regolamento in questione, invece, ne prevede, sempre in base agli obblighi determinati dall'applicazione della legge del "risparmio" che crea inefficienza, solo tre. Una per il nord, una per il centro e una per il sud del Paese.         Si crea, così, un accentramento paradossalmente decentrato che, di fatto, non corrisponde affatto ai criteri stabiliti dalla legge che si starebbe applicando. Le predette macro direzioni si estendono su vasti territori, e non serviranno affatto a consentire una più agile gestione del personale, dei beni e dei servizi, bensì a complicarla. Le 3 Direzioni Generali territoriali rischiano, davvero, di assestare il colpo di grazia all'organizzazione giudiziaria. Crescerà complessivamente il personale addetto a procedure di supporto, verrà meno quel minimo di coordinamento che, comunque, il Ministero assicura e crescerà anche la distanza delle DG con gli Uffici Giudiziari.
Sussiste, poi, un grave problema di titolarità delle relazioni sindacali; le tre mega direzioni chi avranno come interlocutore viste le numerose regioni coinvolte? Che tipo di trattativa determinerà questioni relative al personale, si tratterà di trattativa nazionale, che garantisce l'uguaglianza su tutto il territorio, o ci saranno delle trattative interregionali creando dunque chiare sperequazioni?
Inoltre alcune questioni inerenti la mobilità che spettano alle direzioni interregionali con quali soggetti si faranno e in base a che accordi? La problematica evidentemente non può essere decisa con atti unilaterali ma deve vedere il diretto coinvolgimento delle OO.SS e tale situazione rischia di complicare il quadro delle relazioni sindacali e creare confusione e mancato rispetto delle regole.
Inoltre, il cosiddetto riguardo che l'Amministrazione avrebbe avuto in relazione a "stabili e funzionali collegamenti aerei" viene naturalmente meno, e ciò sta a dimostrare - se possibile ancora una volta - che in quanto a competenza geografica la medesima merita un voto sicuramente molto basso, come ha già avuto modo di evidenziare nel concepimento della disastrosa riforma della geografia giudiziaria. Forse l'amministrazione non conosce la famosa efficienza delle linee ferroviarie italiane, soprattutto quella del sud del Paese, e neanche i costosi collegamenti aerei con le isole.
Diciamo che in questo caso si tratta di tutto tranne che di un decentramento, piuttosto di un grave appesantimento della struttura gestionale che avrà tre macro direzioni e una direzione centrale a Roma che va a sovrapporsi con quella del Lazio. Riprendendo il conflitto di cui sopra, sulla questione delle relazioni sindacali segnaliamo una prima evidente incongruenza; l'art. 12, nella parte relativa alla lettera recita b)  "l'assegnazione temporanea di personale,  anche in soprannumero , in posti vacanti di altro ufficio compreso nella circoscrizione, per un periodo non superiore a 6 mesi prorogabile una sola volta" ricordiamo che le procedure afferenti questa previsione sono a tutt'oggi regolate dall'accordo nazionale sulla mobilità del personale sottoscritto l'anno 2007, e che tale prassi è assegnata ai Presidenti di Corte di Appello e ai procuratori Generali in base a precise regole condivise.


Dipartimento dell'Amministrazione Penitenziaria

Il decreto appare in netta controtendenza con quanto dichiarato dal Ministro non più tardi di tre mesi fa nel Suo discorso al Parlamento, poi recepito positivamente dalla Commissione Giustizia della Camera. In quelle dichiarazioni l'aspetto trattamentale e rieducativo della pena - art. 27 della Costituzione - appariva come l'obiettivo principale da perseguire, a cui affiancare un piano di assunzioni nel settore. Oggi, con la proposta che stiamo valutando, si rinuncia definitivamente a raggiungere quello scopo. Nello specifico, intendiamo riferirci ai dirigenti ed ai funzionari di servizio sociale - ben 23 Uffici E.P.E. senza dirigenti, e una carenza di organico di assistenti sociali che ammonta a circa 1000 unità.
Malgrado lo sforzo di analisi, il provvedimento non appare chiaro negli obiettivi e nelle professionalità che si vorrebbero ridurre, così volutamente raggruppate in aree, ma non declinate professionalmente. Le tabelle allegate, infatti, non evidenziano in maniera chiara quanto di fatto si asserisce nel decreto, ovvero che i tagli non comprendono le strutture periferiche.
Con il paventato decentramento, il provveditore si chiamerà direttore regionale ed assumerà un profilo marcatamente finanziario, di controllo e contenimento della spesa. Probabilmente l'organizzazione di questi uffici regionali del D.A.P. sarà demandata al decreto delega, ma riteniamo necessario sia fatta chiarezza sul reale significato di "decentramento", considerato che per l'amministrazione centrale questo elemento assume una valenza fondamentale.
Come noto, il D.A.P. a livello centrale emana linee di indirizzo di politica penitenziaria. Sarà, poi, il direttore regionale che dovrà attuarle tenendo conto della tipologia di utenza, degli istituti presenti sul territorio di appartenenza e delle risorse del territorio per favorire una sinergia di interventi professionali volti al trattamento intra ed extramurario, in collaborazione con la Magistratura di sorveglianza.
Il decentramento va certamente stimolato, e soprattutto operato anche smaltendo aspetti burocratici che lo ostacolano - superando vieppiù una visione dap centrica - e che oggi hanno di fatto imballato il sistema; diversamente si vanno a creare sovrastrutture inutili e disfunzionali.
Sulla soppressione, ovvero accorpamento dei 4 Provveditorati prevista dal decreto, reputiamo utile soffermarci un momento per stimolare una seria e approfondita riflessione: siamo proprio sicuri che l'imposizione della logica del risparmio da ottenere a tutti i costi - e vale per questo aspetto il commento poc'anzi espresso in premessa sui tagli agli uffici delle amministrazioni centrali e le inaccettabili eccezioni di cui sono state fatte oggetto altri ministeri e organismi pubblici - conduca poi ad un sacrificio trascurabile per l'amministrazione penitenziaria e il mondo del lavoro in carcere?
Noi non ne siamo proprio così certi, anzi, avvertiamo il pericolo di una profonda inadeguatezza della risposta che su quei territori l'amministrazione dovrà in ogni caso saper offrire all'utenza, all'organizzazione del lavoro e agli operatori penitenziari quotidianamente alle prese  con le difficoltà operative determinate dall' aumento esponenziale  dei carichi di lavoro che il sovraffollamento delle strutture sta da tempo imponendo e che non accenna a diminuire. Difficoltà che, con l'applicazione del cosiddetto decreto "svuota carceri", rischiano di acuirsi in quanto l'endemica carenza di risorse umane e strumentali renderà più gravosi  i carichi di lavoro.
Inoltre, aspetto per noi di fondamentale e niente affatto trascurabile importanza: nel caso si perseguisse l'idea di chiudere quelle sedi, che fine faranno i colleghi attualmente in servizio nei Prap che si vorrebbero sopprimere? I loro eventuali spostamenti saranno regolati dall'accordo nazionale di mobilità, o per l'occasione ne verrà realizzato uno specifico, dopo l'avvio del previsto confronto con le OO.SS.?
Abbiamo letto con attenzione la relazione tecnica che evidenzia elementi  prevalentemente numerici senza chiarire affatto chi in effetti verrà poi rimosso e, soprattutto, come si legge a pag. 4, paragrafo 2, rileviamo  una riduzione, attuata con D.P.C.M. del 31.1.2012, di ben 127 posizioni dirigenziali di livello non-generale. Un vero e proprio gioco al massacro: si dà per formalizzata una supposta riduzione dovuta nella maggior parte ad un esodo dovuto a diversi pensionamenti, ma in realtà è una diminuzione ben superiore al famoso 10 % previsto dal Decreto legge.
Infine, la relazione illustrativa ha espresso l'obiettivo di razionalizzazione dell'amministrazione, ottenuto però attraverso il mantenimento del contenzioso in ambito D.A.P. (per l'amministrazione giudiziaria viene invece trasferito tutto alla nuova Direzione generale degli affari giuridici e legali) grazie alle "controversie del personale di polizia penitenziaria che richiedono una stretta interrelazione con il vertice dipartimentale in quanto afferenti a specifiche prerogative di diritto pubblico...". Una decisione che concettualmente stride, anche se supportata dalla menzionata spiegazione.
Va segnalato, inoltre, un errore rispetto alla definizione delle competenze rimesse alla Direzione generale del personale e della formazione relativamente alla disciplina: si fa riferimento, infatti, al D.l.vo 446/92 - decreto istitutivo dell'I.S.S.P. - e si fa intendere che rimarrebbero alla indicata Direzione generale le sanzioni più gravi della sospensione dal servizio. Si preannuncia una modifica del D.l.vo 449/92 della Polizia Penitenziaria, piuttosto che quella del D.l.vo 446/92?
Opportuno, inoltre, sarebbe stato un intervento correttivo nella definizione delle funzioni rimesse alle due Direzioni Generali che sovrintendono all'esecuzione della pena, l'una secondo una logica tutta intramuraria e l'altra tutta esterna a discapito di una integrazione di competenze e di progettazione, coerentemente con la declaratoria che definisce Istituti e Uepe quali complesso unitario.
Sorprende negativamente, inoltre, la soppressione della Direzione generale dell'I.S.S.P., peraltro avanzata per mezzo di un D.P.C.M. che dovrebbe annullare quanto stabilito da fonte normativa superiore, il cui mandato istituzionale è ritenuto evidentemente irrilevante per l'amministrazione penitenziaria, ma non per questa O.S., che ne chiede a gran voce il consolidamento.
Come risulta evidente dagli investimenti compiuti dall'amministrazione centrale e dai risultati ottenuti in questi ultimi anni, verificabili sullo stesso sito dell'I.S.S.P., questo Istituto rappresenta l'unico ente formativo d'eccellenza dell'amministrazione penitenziaria, che per questa ragione andava potenziato e semmai rafforzato. Da tempo stiamo invano sostenendo l'esigenza di creare un'unica "Agenzia formativa" dell'amministrazione penitenziaria nella quale far confluire le esperienze professionali, formative e culturali maturate nel corso degli anni.
Un settore prezioso quello formativo che trova nell'attività dell'I.S.S.P. la sua espressione anche più elevata; un settore che deve essere adeguatamente valorizzato e potenziato, in quanto fucina di discussione e proposizione politico culturale indispensabile alla crescita culturale del sistema dell'esecuzione penale e del personale allo stesso afferente.
L'I.S.S.P. trova la sua istituzione ed il suo mandato istituzionale, è forse il caso di rammentarlo, nel d.lgs.vo n. 446/92 e successivamente nel D.M. del 27 settembre 2007, art.11 e ss.; incarico che negli anni è stato condizionato dalla miopia "cosciente" di una amministrazione penitenziaria che ha mostrato una costante regressione culturale. La cura dei diversi management, il continuo sostegno all'impegno e all'integrazione professionale, l'allineamento costante del fronte evolutivo del trattamento penitenziario con la realtà socio-economica e culturale esterna, in una visione anche europeistica  concretizzano il ruolo centrale di un'istituzione direttamente e per legge investita di tali finalità e funzioni.       Insomma una parte nobile dell'amministrazione penitenziaria della quale potersi, anzi doversi vantare.
Se fossimo stati preventivamente consultati, come in effetti prescrive la normativa vigente - cosa che evidentemente riguarda tutto l'impianto del provvedimento e non solo questa specifica voce - e, magari, se del caso anche invitati a scegliere  tra la soppressione della dirigenza generale dell'I.S.P.P. e quella di uno dei due posti di vice capo del Dipartimento, non avremmo avuto alcun dubbio: per le ragioni poc'anzi espresse, avremmo certamente indicato come indispensabile il consolidamento della figura della direzione generale dell'I.S.P.P.
Infine, non certo per importanza, è evidente il definitivo smantellamento degli uffici EPE dai Prap e quindi dai territori. Non è vero che i tagli sono stati operati solo negli uffici centrali (pag. 12 relazione illustrativa), perché dato il taglio numerico operato sui dirigenti di esecuzione Penale - da 58 a 34 - e la necessità di mantenere un dirigente per ogni sede dirigenziale EPE, il conto è presto fatto. A tal proposito, la proposta che ci sentiamo di avanzare è quella di mantenere per il ruolo di dirigenti di esecuzione penale esterna almeno l'organico numerico previsto dalla Legge 154/05 cd. Meduri, ovvero 55 unità, riequilibrando i due ruoli di dirigenti di istituto e di esecuzione P.E., e la necessità di non tagliare gli assistenti sociali nella terza area, anzi di favorirne la progressione di carriera.
In definitiva, riteniamo che questo schema di riorganizzazione non offra il quadro complessivo della situazione, e parli poco degli aspetti organizzativi del personale di qualsiasi ordine e grado, riducendo il tutto ad una mera questione numerica di tagli lineari nella carne viva di un sistema già di per sé condotto allo stremo.


Dipartimento della Giustizia Minorile

Per quanto attiene al Dipartimento per la giustizia minorile la Tabella F (articolo 16, comma 9) allegata  al decreto presenta  per i dirigenti di 1° fascia e per i dirigenti di 2° fascia dotazioni organiche difformi da quelle indicate nella relazione tecnica. Si chiede, pertanto, di voler chiarire questa questione e definire quale sia la versione corretta.
In effetti, non si può non rilevare come le previsioni del Decreto, per quanto attiene all'organizzazione delle strutture dirigenziali di 1° fascia, cioè la previsione di una Direzione generale che assorbe tutte le competenze delle attuali tre Direzioni Generali,  siano fortemente penalizzanti, illogiche sotto il profilo dell'organizzazione e, comunque, diverse da quelle presentate al Consiglio di Stato e alle Commissioni Giustizia della Camera dei Deputati e del Senato della Repubblica, a cui era stato presentato un decreto contenente due Direzioni generali: Direzione generale del personale, della formazione, dei beni e dei servizi; Direzione generale per l'attuazione dei provvedimenti giudiziari.
Qualora dovesse essere confermato il dato fornito nella relazione tecnica, il taglio sulla dotazione organica del Dipartimento per la Giustizia Minorile per quanto attiene alle Direzioni Generali sarebbe in percentuale del 50%, completamente difforme da quello a cui sono soggette le identiche strutture degli altri Dipartimenti del Ministero della giustizia, notevolmente superiore a quanto richiesto dalla normativa vigente. In ogni caso la presenza di un unico direttore generale che accentra su di sé tutti i poteri gestionali del dipartimento renderebbe indubbiamente problematica la convivenza con le funzioni attribuite al Capo del Dipartimento. Anche per quanto riguarda i tagli alla dotazione organica dei dirigenti di seconda fascia la tabella presenta un dato difforme da quello indicato nella relazione tecnica: in ogni caso si sta operando su una dotazione completamente insufficiente a garantire la copertura delle funzioni dirigenziali necessarie alla vita del Dipartimento.
Nel caso si assumesse il dato della relazione tecnica, più favorevole rispetto a quello della tabella che riporta solo 15 unità, le 17 unità di dirigenti di seconda fascia previste risulterebbero insufficienti a garantire la copertura delle funzioni decentrate (12 Centri per la Giustizia Minorile) e le necessità dell'amministrazione centrale. Per cui, stante anche la totale inadeguatezza mostrata proprio nella circostanza della riorganizzazione del Ministero dai responsabili della politica e della gestione del Dipartimento della giustizia minorile e per evitare possibili modifiche all'assetto decentrato della giustizia minorile, si chiede di indicare, così come fatto per il D.A.P., in un'apposita tabella le strutture dell'attuale decentramento del Dipartimento per la Giustizia Minorile e i Centri per la Giustizia Minorile. Identica considerazione dovrà essere effettuata rispetto ai tagli apportati alla dotazione organica del personale civile, che già adesso non appare sufficiente a garantire l'assolvimento della missione istituzionale. Appare indispensabile,  in considerazione del ruolo svolto dal personale che si svolge completamente in ambito penitenziario, evitare il  taglio dell'organico, da cui è, peraltro, dispensato il settore della sicurezza.
Il provvedimento presentato alle organizzazioni sindacali, per quanto concerne la giustizia minorile, costituisce un deciso segnale di sfiducia nei confronti di un organismo che più volte si è cercato di depotenziare; ad esempio  attraverso  il recente tentativo di sottrazione degli organismi di decentramento gestionale, sventato grazie al decisivo intervento della FP CGIL, e la sua realizzazione indicherebbe il fallimento finale di una dirigenza che non è stata in grado di salvaguardare le risorse necessarie a consentire la sopravvivenza di un settore così particolarmente delicato. Dirigenza che, a parere di questa organizzazione sindacale, non potrebbe che trarre le opportune, inevitabili conseguenze determinate dal proprio fallimento.


Roma, 12.02.2014


                                                                  per la Fp Cgil Nazionale
                                                                   Settore Penitenziario
                                                                     Francesco Quinti
                                                                     Nicoletta Grieco