L'ARCHIVIO DI OLTREILCARCERE

Dal 2007 al 2014 sono stati pubblicati più di 1300 documenti che hanno trattato argomenti riferiti al Servizio Sociale della Giustizia, agli Uffici per l'Esecuzione Penale Esterna, al Sistema dell'Esecuzione Penale Esterna attraverso solidarietaasmilano.blocspot.com

lunedì 26 novembre 2007

COMUNICATO CASG

I Vertici dell'Amministrazione Penitenziaria inviano il nuovo decreto interministeriale alle OO.SS., sostanzialmente identico al precedente, ma ritengono non opportuno incontrarli per proseguire il confronto

In merito alla nuova bozza di decreto interministeriale che prevede i nuclei di Polizia penitenziaria all’interno degli Uepe, come Coordinamento Assistenti Sociali della giustizia si rileva la volontà del Ministero della Giustizia di proseguire comunque in una sperimentazione che ha suscitato dubbi e perplessità a più livelli e che a nostro parere non potrà che avere effetti disastrosi su un servizio che, già oggi fatica a trovare una propria stabilità.
Siamo convinti che tale sperimentazione non servirà neanche a risolvere alcuno dei problemi che si pensa di affrontare con essa, perchè le questioni sono altre.
Potremmo anche provare a sperimentare, perchè non ci fa paura il nuovo, se non fossimo sicuri che, una volta avviata questa scelta, non si torna più indietro.

Nessuno ha provato a rispondere seriamente alle numerose domande che in questi mesi abbiamo più volte e in più occasioni sottoposto ai vertici del DAP, domande che esulano dalla specificità professionale, che ci rendiamo conto può interessare a pochi, ma riguardano l’intero sistema dell’esecuzione delle pene.
Qui proviamo a riformularle nella speranza che qualcuno cominci a riflettere, perchè haimè abbiamo la sensazione che si voglia proseguire a tutti i costi, indipendentemente dal fatto che si raggiungano o meno i risultati che si dice di voler perseguire, solo perchè il Ministro ha preso un impegno, dal quale non vuole e/o non può tornare indietro.

Noi chiediamo:

  • come può un progetto tutto interno all’A.P. risolvere la questione del sovraffollamento carcerario che dipende da fattori tutti esterni, quali la legislazione penale, le leggi sull’immigrazione, sulle dipendenze ecc.?
  • i Magistrati di Sorveglianza potranno concedere più misure alternative in presenza di una legislazione, come l’attuale, che riduce sensibilmente l’ammissibilità alle stesse?
  • lasciare invariata la legge cosiddetta “Cirielli”, che limita sensibilmente l’accesso alle misure alternative dei soggetti recidivi e facendo entrare in vigore l’emanando pacchetto sicurezza si limiterà l’accesso ad un numero sempre più alto di autori di reati di elevato allarme sociale, ciò non significa ridurre drasticamente l’area penale esterna al carcere?
  • come potranno essere concesse le Misure Alternative ai soggetti stranieri e italiani senza quei presupposti indispensabili quali: risorse abitative, lavorative e di supporto, che solo un complesso e articolato lavoro sociale può garantire?
  • si è proprio sicuri che basterà introdurre la polizia penitenziaria nel controllo delle misure alternative perché queste aumentino?
  • come si pensa di far diminuire la popolazione detenuta se più della metà di essa è in custodia cautelare, quindi non può beneficiare di misure alternative?
  • se esiste un problema di insicurezza nelle città questo è addebitabile ai soggetti in misura alternativa? e comunque, è realistico pensare che l’inserimento di nuclei di 6/9 unità di polizia penitenziaria in città come Milano, Roma, Napoli possa di fatto aumentare la “sicurezza”?
  • come si pensa di affrontare l’inevitabile aumento dei soggetti detenuti in carcere che seguirà alla legislazione vigente e la contemporanea diminuzione degli addetti della polizia penitenziaria operativi negli istituti?
  • Con quali risorse finanziarie si pensa di alimentare un apparato di controllo da creare ex novo e che si andrà ad aggiungere a quello già esistente sul territorio?

Noi denunciamo la mancanza di un vero e serio dialogo con gli operatori dei servizi interessati, un esempio molto significativo è stata l’organizzazione del convegno del 15 e 16 novembre, dove la partecipazione degli assistenti sociali è stata prevista solo all’ultimo momento con modalità “pasticciate” e “affrettate” senza la possibilità di un reale dibattito (chi ha potuto portare il proprio contributo lo ha fatto a titolo personale e ad una sala pressochè vuota).
Indicativa l’assenza della maggioranza delle OO.SS. e dell’Ordine degli assistenti Sociali, che avrebbero potuto portare un contributo approfondito e rappresentativo del personale interessato.

Con il presente documento non possiamo far altro che ribadire tutte le preoccupazioni già rappresentate in questi mesi ed entrando in merito al nuovo decreto avanziamo le seguenti osservazioni:
– art. 1 si ribadisce che l’inserimento della polizia penitenziaria si inserisce “in un modello operativo che pone al suo centro il programma di trattamento ed inclusione sociale” in contaddizione con quanto detto nell’art.2 nel quale ci si riferisce esplicitamente a funzioni di polizia
– art. 2 co. 2 ci si chiede perchè si usa l'espressione “...nella prima fase....la polizia penitenziaria svolge... la verifica degli obblighi...... sulle persone in detenziane domiciliare”, sarebbe interessante conoscere cosa è previsto e preventivato nelle possibili future fasi. L’espressione:”in via prioritaria rispetto alle altre forze di polizia...” indica la non possibilità di totale sostituzione delle altre FF.OO. e quindi la possibile sovrapposizione di controlli
– Art. 2 co.3 ci si chiede perchè mai il Tribunale di Sorveglianza debba entrare, a priori, nel merito del programma di trattamento dell’affidato? Questo la legge non lo prevede, mentre l’art.72 prevede espressamente che sia L’UEPE a proporre il programma di trattamento all’autorità giudiziaria e non viceversa
– Art. 3 co. 3 in merito a cosa il responsabile del nucleo è chiamato ad esprimersi? In merito alla conoscenza del caso (?) o in merito ad un'organizzazione logistica?
– Art. 3 co. 4 se i piani generali disposti dal DAP e dal Dipartimento della P.S. confliggono con i programmi di trattamento disposto dal direttore Uepe che ha sentito l’A.S. incaricata, chi decide quali attività integrative effettuare il responsabile del nucleo o il direttore UEPE?
– Art. 3 co. 5 chi riferisce al Magistrato di Sorveglianza nel merito del programma di trattamento e dei controlli? Oggi la legge prevede che sia espressamente l’A.S. a riferire periodicamente al Magistrato (art. 47 O.P. art.94 DPR 309/90); con la sperimentazione sarà il direttore a farsi carico di riferire sia sull’andamento del programma di trattamento sia sull’esito delle verifiche? In caso di contrasto tra le due attività chi decide cosa riferire? Non si può desumere da questo una grave limitazione al mandato istituzionale e professionale dell’A.S.?
– Art. 4 co. 4 come è possibile prevedere nella commissione di scrutinio un'assistente sociale C3 quando si sa che nella gran parte degli UEPE soprattutto nel nord Italia questa figura non è presente? (questa situazione è molto diffusa grazie anche alla scarsa attenzione in questi anni da parte dell’A.P. alla progressione di carriera del personale di servizio sociale);
– Art. 5 co. 2 se i controlli sono previsti essenzialmente per i det. dom. (aff. e S.L. appaiono marginali o comunque a discrezione di ogni Tribunale di Sorveglianza e/o Istituto Penitenziario) per quale ragione i nuclei di polizia penitenziaria devono essere istituiti all'interno degli Uepe? Il controllo dei detenuti domiciliari è da sempre demandato alle forze dell'ordine, mentre agli UEPE sono demandati solo compiti di aiuto, quindi, se il Ministero dell'Interno ritiene di potersi coordinare con la polizia penitenziaria, perché ciò non avviene in un'altra sede dove possa opportunamente collaborare anche in altre attività di ordine pubblico generale? Perchè questi uffici debbono essere incaricati di competenze che non sono previste attualmente da alcuna normativa?

– Art. 6 co. 1 poco chiaro appare l'ultimo capoverso che vede trasformare l'Uepe in un commissariato che governa l'ordine pubblico più che la sicurezza e l'inclusione. Il direttore dell’Ufficio è trasformato in un funzionario di polizia che “....assicura la tempestiva comunicazione alle autorità provinciali di P.S...., partecipando attivamente all’ordine pubblico e alla sicurezza, in contrasto con il proprio mandato professionale in quanto assistente sociale a tutti gli effetti.

Chiaramente queste non sono le sole criticità presenti nella bozza del decreto, ma sono quelle maggiormente percepibili ad una prima analisi, si chiede pertanto alle OO.SS. e all’Ordine Nazionale degli AA.SS. di far pervenire queste e tutte le altre possibili osservazioni al DAP, ponendo con forza la necessità di proseguire nel confronto al fine di non mettere gli assistenti sociali nelle condizioni di opporre formale ricorso amministrativo a tale provvedimento, palesemente e fortemente lesivo della normativa oggi in vigore e dei compiti da questa assegnati all’A.S.
Per il consiglio nazionale casg
Anna Muschitiello (segretaria nazionale)