L'ARCHIVIO DI OLTREILCARCERE

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martedì 20 novembre 2007

CARCERE E DIRITTO

Garante dei diritti delle persone private della libertà del Comune di Roma
Ottobre/Novembre 2007
Editoriale
di Gianfranco Spadaccia
A proposito di insicurezza e di certezza della pena: la terza torre
In un recente convegno di assistenti sociali della Amministrazione della Giustizia, dedicato al contestato inserimento della Polizia Penitenziaria negli UEPE, gli uffici che presiedono all’esecuzione della pena esterna al carcere, il dott. Vincenzo Petralla, responsabile dell’UEPE di Bari, ha opportunamente fornito per il DAP una serie di dati comparati , illustrati con grafici assai interessanti, fra la situazione della esecuzione penale di alcuni altri grandi paesi europei (in particolare Francia e Regno Unito) e l’Italia.
Saltava agli occhi che mentre il numero dei detenuti in rapporto alla popolazione era in qualche modo paragonabile, il numero dei sottoposti a pene alternative è in Italia appena un terzo o poco più di un terzo di quello che si registra negli altri grandi paesi.
Le torri rosse che nel grafico rappresentavano il numero dei detenuti erano affiancate per la Francia e il Regno Unito da torri bianche assai più alte delle prime che rappresentavano il numero delle persone in pena o misura alternativa. Per l’Italia invece la torre rossa dei detenuti era affiancata da un torre bianca nettamente più bassa della prima.
Questo dipende certamente dalla mancata riforma del codice penale, e dal mancato inserimento nel nostro sistema della probation che può contare negli altri paesi su una gamma di misure e pene alternative al carcere assai più vasta di quella italiana. Si parla molto di certezza della pena, ma la pena deve essere certa sia quando si sconta in carcere sia quando si scontano pene alternative.
E tuttavia quando si invoca la certezza della pena, quando si denuncia l’inadeguatezza e l’insufficienza del nostro sistema penitenziario e si chiedono più carcere e più carceri, ci si dimentica sempre o quasi sempre della crisi della giustizia italiana, con gli effetti devastanti prodotti dall’enorme arretrato giudiziario, con le obbligate sospensioni della pena, con processi che durano anni e si risolvono spesso in quell’amnistia strisciante che è nei fatti la prescrizione, con le ripetute condanne che la Corte europea infligge al nostro paese.
Nel corso dello stesso convegno la presidente del Tribunale di sorveglianza di Napoli ha fornito i dati sui detenuti, sulle persone in misura alternativa e sulle persone uscite per sospensione pena a causa della scadenza dei termini della custodia cautelare o per decisione del giudice: se non ricordo male i detenuti in Campania erano 7000, 2000 le persone in misura alternativa e 5000 gli imputati usciti per la sospensione della pena.
Se al grafico del dott. Petralla, accanto alla torre rossa dei detenuti e a quella bianca delle pene e misure alternative al carcere aggiungessimo una terza torre dal colore nero riguardante le persone uscite dal carcere per sospensione pena vedremmo che la torre nera dell’Italia sopravanzerebbe di molte lunghezze quelle degli altri paesi. E questo è il vero, stridente deficit del sistema penale italiano.

FESTA ANNUALE DELLA POLIZIA PENITENZIARIA.
A REBIBBIA N.C. Il MINISTRO, IL CAPO DEL DAP E IL PROVVEDITORE REGIONALE
INVOCANO LA RIFORMA DEL CODICE E MISURE ALTERNATIVE.
UNA DICHIARAZIONE DEL GARANTE COMUNALE.
Il Garante dei diritti delle persone private della libertà del Comune di Roma Gianfranco Spadaccia ha partecipato alla festa annuale della polizia penitenziaria svoltasi nella Casa circondariale di Rebibbia Nuovo Complesso, alla presenza del Ministro della Giustizia Mastella. Dopo gli interventi del Direttore dell’Istituto Carmelo Cantone e del comandante del Reparto di polizia penitenziaria, hanno parlato il Provveditore regionale Angelo Zaccagnino, il Capo del Dipartimento dell’Amministrazione Penitenziaria Ettore Ferrara e lo stesso Ministro.
“E’ singolare e significativo - ha dichiarato il Garante dei diritti delle persone private della libertà
del Comune di Roma Gianfranco Spadaccia - che tutti e tre, in un momento in cui sembrano dominare solo le ondate emotive, abbiano razionalmente sentito bisogno di sottolineare la necessità e l’urgenza di una riforma del Codice penale che affianchi al carcere una serie di pene alternative che, almeno in prima battuta, possano assolvere a una finalità preventiva di dissuasione e anche di recupero lasciando al carcere chi commette i reati più gravi e pericolosi. Ed è doloroso constatare che, mentre il ministro e l’amministrazione dichiarano di essere pronte ad assicurare il rispetto della pena anche in forme diverse dal carcere, la riforma del Codice penale e le altre riguardanti il funzionamento della Giustizia siano invece ferme in Parlamento. Così facendo ci si rassegna ad intervenire solo con misure di emergenza che inseguono i fenomeni anziché governarli.
Forse a questo punto esse siano inevitabili ma è illusorio pensare che ad esse e solo ad esse possa essere affidata la sicurezza dei cittadini. E’ più probabile che finiscano invece per continuare a dissestare il tessuto del nostro diritto penale governato da un codice ormai superato, da una giustizia inefficiente e da norme eccezionali frammentarie, incoerenti e soprattutto contraddittorie con l’impianto complessivo del nostro sistema penale”.