L'ARCHIVIO DI OLTREILCARCERE

Dal 2007 al 2014 sono stati pubblicati più di 1300 documenti che hanno trattato argomenti riferiti al Servizio Sociale della Giustizia, agli Uffici per l'Esecuzione Penale Esterna, al Sistema dell'Esecuzione Penale Esterna attraverso solidarietaasmilano.blocspot.com

venerdì 16 novembre 2007

SPECIALE CONVEGNO DAP SU MISURE ALTERNATIVE 15/16.11.2007


Una nuova politica della pena di Redazione (redazione@vita.it)16/11/2007
Le conclusioni del convegno dell'Istituto Superiore di Studi penitenziari
Si è concluso oggi a Roma, nella sede dell'Istituto Superiore di Studi penitenziari, il convegno, organizzato dal Dipartimento dell'Amministrazione Penitenziaria e dal Coordinamento dei magistrati di Sorveglianza, dedicato al tema "Una nuova politica della pena".
Gli interventi del sottosegretario alla Giustizia Luigi Manconi, dei professori Giuliano Pisapia, presidente della Commissione per la riforma del codice penale e Giuseppe Riccio, presidente della Commissione per la riforma del codice di procedura penale; di Ettore Ferrara, capo del Dap e di Giovanna Di Rosa, magistrato di Sorveglianza, dei relatori delle diverse professionalità che operano nell'Amministrazione penitenziaria hanno condiviso il sostanziale positivo bilancio dell'applicazione delle misure alternative alla detenzione e la necessità di una maggiore estensione di tali misure.
Un reale sostegno al reinserimento sociale dei detenuti e un puntuale controllo dell'andamento dei benefici sono i principi sui quali impegnare risorse e professionalità, affinchè sia garantita la sicurezza dei cittadini e l'attuazione del principio costituzionale della pena.
12.3016/11/2007
CARCERE''Per sviluppare le misure alternative, tutti devono collaborare''

‘’Non dobbiamo rimanere prigionieri dei nostri ruoli”. Lo ha detto il capo del Dap, Ferrara, rivolgendosi in particolare agli assistenti sociali che stanno protestando contro il coinvolgimento dei poliziotti nel servizio di sorveglianza esterno
ROMA - "Per sviluppare al meglio le misure alternative al carcere, tutte le figure professionali devono collaborare. Non dobbiamo rimanere prigionieri delle nostre competenze e dei nostri ruoli”. Lo ha detto il capo del Dap (Dipartimento amministrazione penitenziaria), Ettore Ferrara durante il convegno sulle politiche del carcere e delle misure alternative. Ferrara si è rivolto in modo particolare agli assistenti sociali che in questi giorni stanno protestando contro l'idea di coinvolgere i poliziotti penitenziari nel servizio di sorveglianza esterno al carcere.
Secondo il capo del Dap, stiamo attraversando un momento delicato viste anche le richieste di sicurezza che diventano sempre più forti. Nello stesso tempo però rischia di ripartire l"emergenza sovraffollamento. (vedi i dati nel lancio precedente). Tutti devono quindi scommettere e puntare sulle misure alternative al carcere. Ma per far questo si devono appunto eliminare restistenze e contrapposizioni. La cosa più importante è aumentare la quantità, ma al tempo stesso la qualità delle misure alternative. Per questo è logico mettere in campo anche la polizia penitenziaria che vista la sua funzione storica è specializzata da sempre nel controllo e nella sorveglianza. La mancanza di controlli esterni nelle misure alternative vanifica stesso la misura stessa e aumenta il senso di insicirezza. La proposta di coinvolgere la polizia penitenziaria non si pone dunque in contrapposizione al lavoro degli assistenti sociali. Non si tratta di criticare chi svolge al meglio il suo lavoro mettendo in campo le migliori professionalità. Si tratta piuttosto di integrare appunto le funzioni. Anche negli altri paesi – dove è più sviluppato l’istituto della misura alternativa al carcere – le figure professionali che vengono messe in campo sono di natura diversa. Insieme alle polizie che si occupano di controlli, ci sono gli assistenti sociali, gli psicologi, gli educatori, i laureati in scienze filosofiche o della formazione, eccetera. Anche in Italia – ha detto Ferrara – l’introduzione recente della figura dello psicologo negli uffici che si occupano di misure alternative non ha fatto altro che migliorare il servizio offerto. Per questo – conclude il capo del Dap – gli assistenti sociali devono capire che la proposta di coinvolgere anche i poliziotti penitenziari nelle funzioni di controllo esterno non fa che migliorare anche la loro posizione”. (pan)
© Copyright Redattore Sociale

CARCERE
12.2016/11/2007
Tribunali molto rigidi nella concessione delle misure alternative

Convegno del Dap. Secondo il giudice di sorveglianza di Milano Giovanna Di Rosa, su 413 istanze presentate per l’ottenimento delle misure alternative alla detenzione, 160 sono stati gli accoglimenti e 197 i rigetti nel merito
ROMA – I Tribunali di sorveglianza sono molto rigidi nella concessione delle misure alternative al carcere. Tutto il contrario di quello che si crede normalmente nell’opinione pubblica. Lo ha detto durante il convegno organizzato a Roma (oggi e ieri) del Dap sulle misure alternative la signora Giovanna Di Rosa, giudice di sorveglianza al Tribunale di Milano. Su 413 istanze presentate per l’ottenimento delle misure alternative alla detenzione, 160 sono stati gli accoglimenti e 197 i rigetti nel merito. Questo vuol dire che 197 detenuti dovranno rimanere in carcere. Anche per l’applicazione della legge Simeone-Saraceni i tribunali sono di manica stretta: su 243 istanze di arresti domiciliari ci sono state solo 35 concessioni. Perché questa tendenza? E’ colpa dei magistrati di sorveglianza che sono troppo rigidi e continuano a privilegiare il carcere?

Secondo il magistrato Di Rosa ci sono molte spiegazioni possibili di queste tendenze statistiche. Prima di tutto spetta proprio ai magistrati rassicurare l’opinione pubblica sulla corretta esecuzione penale. I casi in cui detenuti in semilibertà o ai domicialiari hanno commesso reati anche gravi hanno aperto ferite profonde nella società. E’ bene quindi stare molto attenti a tutto questo, cercando ovviamente di applicare al meglio le norme. Ci sono comunque ancora molte “zone d’ombra”, ha spiegato Di Rosa, nel sistema delle misure alternative al carcere. Si tratta quindi di modificare quello che non va bene se si vuole svilappare davvero la linea dell’alternativa al carcere. Di Rosa ha spiegato che serve anche un ripensamento sul ruolo delle forze di polizia che hanno troppi compiti intrecciati per poter assolvere al meglio anche al compito di sorveglianza dei condannati che beneficiano delle misure alternative. (pan)
© Copyright Redattore Sociale

CARCERE
11.5616/11/2007
Poliziotti penitenziari per i controllare i detenuti in semilibertà

Il capo del Dap, Ettore Ferrara, ha confermato che si avvierà la sperimentazione. ‘’Si tratta di affiancare gli assistenti sociali. I poliziotti accresceranno la sicurezza che i cittadini reclamano. Occorre sviluppare le misure alternative’’
ROMA – Polizia penitenziaria in pista per controllare i detenuti in semilibertà, agli arresti domiciliari o in affidamento ai servizi sociali. E’ la proposta di Ettore Ferrara, capo del Dap, il Dipartimento dell’amministrazione penitenziaria che sta per tradursi in provvedimenti di legge e in una prima sperimentazione che dovrebbe coinvolgere un migliaio di poliziotti. La proposta è stata spiegata dallo stesso capo del Dap durante un convegno di due giorni (ieri e oggi) organizzato a Roma e al quale hanno partecipato, oltre agli operatori degli istituti penitenziari, anche alcuni magistrati di sorveglianza che poi sono quelli che decidono e controllano le richieste di scarcerazione da tradurre in misure alternative al carcere.

Il presidente Ferrara ha spiegato che la proposta di coinvolgere anche i poliziotti penitenziari nell’attività di sorveglianza esterna al carcere nasce da una serie di esigenze intrecciate e si prefigge di raggiungere obiettivi importanti. La prima esigenza – quella che sta alla base di tutto – è l’allarme sovraffollamento. Ferrara ha infatti ribadito i dati che erano stati già resi noti dall’amministrazione sulla crescita esponenziale dei nuovi ingressi, dopo l’applicazione del provvedimento dell’indulto. Da agosto ad oggi, ha spiegato il capo del Dap, abbiamo registrato circa 600 ingressi al mese. Ma se la dinamica si guarda restringendola ai mesi più recenti, la cifra degli ingressi in carcere raggiunge quota mille. Con questa cadenza si arriverà presto ai livelli di guardia e si rischia quindi di vanificare gli effetti positivi dell’indulto, un provvedimento che seppure criticato da più parti, ha reso possibile lo svuotamento e il superamento di un’emergenza che era diventata molto preoccupante. E’ questo dunque – per Ferrara – il momento più opportuno per avviare nuove sperimentazioni e per avere il coraggio del cambiamento. Si tratta cioè ora – fin che siamo in tempo – di cercare di consolidare e sviluppare al massimo le misure alternative al carcere. Per far questo bisogna però correggere tutti i possibili limiti di questa istituzione. Si tratta perciò di mettere in campo più competenze professionali e avviare una vera sinergia tre le diverse figure coinvolte: gli assistenti sociali, la polizia penitenziaria e tutti gli altri operatori che possono arricchire e coadiuvare il servizio (psicologi, pedagostici ed educatori, ecc.).

Gli obiettivi prioritari che ci si prefigge riguardano invece la necessità di elevare il livello di sicurezza della società (le misure alternative al carcere devono essere sicure e percepite come tali, cosa che oggi invece non è scontata visto che la pena si continua ad abbinare solo ed esclusivamente al carcere). Si tratta poi di accrescere il livello di responsabilità dei soggetti, ovvero dei condannati che possono avere la possibilità di accedere alle misure alternative. Altro obiettivo delle nuove proposte del Dap riguarda la tranquilizzazione dei magistrati di sorveglianza che devono decidere sulle misure alternative. A differenza di quello che si pensa normalmente, infatti, i vari tribunali di sorveglianza sono molto rigidi nella concessione delle misure alternative. Un caso esemplare in questo senso è quello di Milano (vedi lancio successivo). Infine l’altro obiettivo – che poi è quello centrale – è quello dell’estensione dell’area delle misure alternative. “E’ necessario limitare il carcere – ha detto Ferrara nella sua relazione – a quei casi che sono verosimimilmente necessari”. In ogni caso sarebbe un grave sbaglio rispondere alle richieste emotive che vengono dalla società con la costruzione di nuovi carceri. “Non esistono le risorse finanziarie e comunque sarebbe la strada peggiore da imboccare, visto che con le riforme in discussione si tenterà di ridurre proprio la detenzione e di allargare appunto l’area delle misure alternative” (pan)
Liguria notizie- www.ligurianotizie.it/news.
ROMA, INTERVENTO DEL SEGRETARIO DEL SAPPE AL CONVEGNO SU ESECUZIONE PENALE ESTERNAROMA. 15 NOV.
"Una nuova politica della pena, necessaria e indifferibile, deve prevedere un 'ripensamento' organico del carcere e dell’Istituzione penitenziaria, prevedendo un maggiore ricorso alla misure alternative alla detenzione e l'adozione di procedure di controllo mediante strumenti elettronici o altri dispositivi tecnici (come il braccialetto elettronico, che può essere molto utile anche per il controllo dei tifosi sottoposti al DASPO) che hanno finora fornito in molti Paesi europei una prova indubbiamente positiva. E se la pena evolve verso soluzioni diverse da quella detentiva, anche la Polizia Penitenziaria dovrà spostare le sue competenze al di là delle mura del carcere, parallelamente all'affermarsi del suo ruolo quale quello di vera e propria polizia dell'esecuzione penale. Il controllo sulle pene eseguite all'esterno e sull’adozione del braccialetto elettronico, oltre che qualificare il ruolo della Polizia Penitenziaria, potrà avere quale conseguenza il recupero di efficacia dei controlli sulle misure alternative alla detenzione. Efficienza delle misure esterne e garanzia della funzione di recupero fuori dal carcere potranno far sì che cresca la considerazione della pubblica opinione su queste misure, che nella considerazione pubblica, non vengono attualmente riconosciute come vere e proprie pene." Lo dichiara Donato Capece, segretario generale del Sindacato Autonomo Polizia Penitenziaria SAPPE, organizzazione più rappresentativa della Categoria con 12mila iscritti, a commento del Convegno organizzato dall’Amministrazione penitenziaria sul tema "Una nuova politica della pena: quale progetto per l'esecuzione penale esterna?" programmato per oggi e domani all'Istituto Superiore di Studi penitenziari di Roma. Tra gli interventi programmati, quelli del Ministro della Giustizia Clemente Mastella, del Capo del DAP Ettore Ferrara, dei professori Giuliano Pisapia (presidente della Commissione per la riforma del codice penale) e Giuseppe Riccio (presidente della Commissione per la riforma del codice di procedura penale). Aggiunge Capece: "Affidare il controllo delle misure alternative alla detenzione alla Polizia Penitenziaria, accelerandone quindi l'inserimento negli Uffici per l'esecuzione penale esterna, vuole dire andare a svolgere le stesse funzioni di controllo oggi demandate a Polizia di Stato e Carabinieri, che in questo modo possono essere restituiti ai loro compiti istituzionali, in particolare il controllo del territorio, la prevenzione e la repressione dei reati, a tutto vantaggio dell'intera popolazione. E' opportuno affidare al Ministero della Giustizia, e quindi al DAP ed al Corpo di Polizia penitenziaria, l'adozione e il controllo del braccialetto elettronico, previsto dal nostro Codice di procedura penale ma non ancora attivo. L'utilizzo di queste tecnologie eviterà di rendere evanescente e meramente teorica la verifica del rispetto delle prescrizioni imposte dall'autorità giudiziaria al momento dell’adozione delle misure alternative alla detenzione (ma penso anche, ad esempio, ad un suo uso nei confronti dei soggetti sottoposti al DASPO, acronimo di Divieto di Accedere alle manifestazioni SPOrtive, e ritenuti pericolosi a cui è vietato di poter accedere in luoghi in cui si svolgono determinate manifestazioni sportive). L'esperienza internazionale dei Paesi che hanno adottato il braccialetto elettronico come strumento di controllo raggiunge obiettivi sociali (certezza della pena per effetto di un controllo costante e continuo, riduzione del sovraffollamento penitenziario, recupero e reinserimento degli individui nella società) ed economici (ottimizzazione delle risorse interne ai penitenziari)."