L'ARCHIVIO DI OLTREILCARCERE

Dal 2007 al 2014 sono stati pubblicati più di 1300 documenti che hanno trattato argomenti riferiti al Servizio Sociale della Giustizia, agli Uffici per l'Esecuzione Penale Esterna, al Sistema dell'Esecuzione Penale Esterna attraverso solidarietaasmilano.blocspot.com

mercoledì 14 novembre 2007

ASSISTENTI SOCIALI UEPE DELL'AQUILA

La presenza della polizia penitenziaria nell’esecuzione penale esterna può far diminuire la popolazione detenuta?

Leggere le affermazioni del Presidente Ferrara riportate nei giorni scorsi dai mezzi di informazione fa nascere parecchi interrogativi.
Affermare che l’introduzione della Polizia Penitenziaria nell’Esecuzione Penale Esterna possa far aumentare la possibilità di applicare le misure alternative e così diminuire la popolazione detenuta non sembra rispondente a possibilità reali per diversi motivi.

- Innanzitutto sappiamo bene che almeno la metà dei detenuti è in custodia cautelare, quindi non può beneficiare di misure alternative, anzi se trova approvazione il pacchetto sicurezza del Governo le persone in custodia cautelare aumenteranno.
- Le misure alternative sono concesse dai Tribunale di Sorveglianza solo nei casi in cui la pena da scontare, per l’ammontare della stessa e per il tipo di reato in espiazione, ricada nelle previsioni di legge. Ad esempio la detenzione domiciliare (misura più restrittiva dell’affidamento in prova al servizio sociale) introdotta dalla Simeoni per pene inferiori ai due anni (art. 47 ter O.P. 2.bis) non può essere applicata ai condannati per i reati di cui all’art.4bis dell’O.P. e a quelli cui sia stata applicata la recidiva prevista dall’art. 99, 4° comma, del Codice Penale
Quindi di fatto molti detenuti non sono nelle condizioni giuridiche per beneficiare di misure alternative, in tal senso ha operato una restrizione la Legge Cirielli e le norme proposte nel pacchetto sicurezza renderanno più difficile l’accesso alle misure alternative.
- Le misure alternative vengono concesse dai Tribunali di Sorveglianza non in modo automatico, come qualche organo di stampa vuol far credere, ma valutando molti elementi, quali le caratteristiche della persona (i suoi precedenti penali, la condotta tenuta dopo la commissione del reato, etc..) e l’esistenza di opportunità abitative, lavorative, di supporto sociale, che sono presupposti indispensabili per concedere una misura alternativa.
E’ chiaro che molti stranieri che in Italia non hanno casa, famiglia, etc… difficilmente riescono ad accedere alle misure alternative e così non riescono ad accederci i cittadini italiani più svantaggiati, privi di abitazione stabile e di lavoro.
Il servizio sociale della giustizia, sia pure numericamente ridotto, si è sempre adoperato ad attivare tutte le risorse disponibili nel pubblico e nel privato sociale, ma le opportunità offerte dai servizi territoriali non sono omogenee sul territorio nazionale.
Forse una politica volta ad attivare maggiori risorse sul territorio per il concreto reinserimento sociale delle persone condannate aiuterebbe la promozione delle misure alternative più dell’introduzione della Polizia Penitenziaria negli UEPE.
- Per quanto attiene la sicurezza relativa all’esecuzione delle misure alternative i numeri conosciuti parlano chiaro, i reati commessi in misura alternativa rappresentano una percentuale bassissima sul totale delle misure alternative. Piuttosto c’è da chiedersi se la proposta, contenuta nel decreto interministeriale relativo alla polizia penitenziaria negli UEPE, di introdurre nuclei di 6-9 unità di Polizia Penitenziaria in UEPE come Milano, Roma, Napoli possa di fatto aumentare la “sicurezza” relativa alle misure alternative in città dove ci sono migliaia di carabinieri e poliziotti, la cui presenza è ampiamente decentrata sul territorio. I nuclei proposti potrebbero probabilmente fare solo orario d’ufficio e gli interventi sarebbero solo una sovrapposizione a quelli del servizio sociale.
- Chi crede che le misure alternative abbiano valore come modalità di esecuzione della pena, che accompagnando le persone in un processo di responsabilizzazione e reinserimento sociale realizza la condizione vera per evitare la recidiva, deve a nostro parere chiedersi come potenziare il lavoro degli operatori sociali e le risorse territoriali.
- Se si intende far acquisire un ruolo alla Polizia Penitenziaria nell’esecuzione delle misure alternative è necessario a nostro parere passare per un provvedimento legislativo che, come è stato chiesto più volte nei documenti prodotti dal Servizio Sociale, definisca il ruolo della Polizia Penitenziaria in modo che gli interventi non vadano a sovrapporsi a quelli di competenza del Servizio Sociale stesso, riconosciuto chiaramente dalla legge titolare della funzione di aiuto e controllo nell’affidamento in prova al servizio sociale.
- La distinzione delle funzioni e della collocazione è condizione per non sovrapporre interventi e per valorizzare le competenze professionali di ciascuno.
- Al di là di ogni progetto che si vuole fare sulle gestione delle misure alternative, resta il fatto che il numero dei detenuti presenti negli istituti dipende da fattori esterni all’amministrazione penitenziaria, quali la legislazione penale, le problematiche attinenti la presenza di immigrati clandestini, sui quali la parola spetta alla politica ed alla società civile.

Assistenti sociali Anna Insardi e Luana Tunno