ASSISTENTI SOCIALI UEPE CATANIA E RAGUSA
AL PRESIDENTE ORDINE
Nazionale Assistenti Sociali
VERTICI DAP – ROMA
OO.SS
Conferenza Nazionale UEPE
Ordine Professionale Nazionale
Assistenti Sociali
Roma 7 novembre 2007
Gli operatori firmatari dell’UEPE di Catania e di Ragusa, con il presente documento sono partecipi ai lavori di questa Conferenza per esprimere la loro idea in merito agli argomenti trattati in questa sede. Auspichiamo che questo sia l’inizio di un processo di confronto che si apre sempre più all’esterno, coinvolgendo anche la società “civile” tutta.
Si coglie l’occasione di salutare la Presidente e i componenti dell’Ordine, tutti i vertici rappresentativi del Dipartimento dell’Amministrazione Penitenziaria, i colleghi e i partecipanti tutti.
Già più volte ci siamo espressi all’interno del dibattito-contestazione che si è venuto a creare a seguito delle proposte di riforma che il Dap da febbraio ’07 ha proposto e che ha visto coinvolte in una trasformazione gli ex CSSA oggi UEPE (iniziata tale trasformazione, purtroppo, con la c.d. legge “Meduri”), il profilo legislativo delle MM. AA. in particolare l’Affidamento in Prova al Servizio Sociale e il profilo giuridico-operativo degli Assistenti Sociali della giustizia.
Il quadro generale (almeno quello dichiarato ufficialmente) in cui si radica tale iniziativa di riforma è costituito dall’esigenza di rispondere alla sicurezza sociale e alla necessità (non entriamo in merito a valutazioni) di attribuire alla Polizia Penitenziaria“nuovi ruoli fuori dal carcere”, attraverso il suo inseririmento nell’esecuzione delle misure alternative, per il controllo, controllo, tra l’altro, già effettuato in maniera capillare, dalle FF. OO territoriali.
Brevemente, di seguito, spieghiamo il nostro no alle proposte, così come sono state configurate fino ad oggi, e ribadiamo che non è una lotta di categoria, ma il contributo professionale da parte di chi ha fatto una lunga riflessione teorico-pratica e reputa di potersi esprimere in quanto esperti del cambiamento:
- Riteniamo che la legge “ex Meduri “ sia scaturita dall’esigenza di equiparazione della dirigenza dei CSSA alla dirigenza degli istituti penitenziari e che ciò abbia causato il grave danno di neutralizzare (sprofessionalizzandolo) un servizio tecnico, che nonostante le grave carenze umane e strumentali, si può affermare senza ombra di dubbio, che abbia raggiunto buoni risultati, secondo la lettura sulla recidiva.
- Quanto alla ridotta recidiva nelle MM. AA siamo fortemente convinti che ciò non è il risultato di casi fortuiti (sarebbero troppi), ma che la strutturazione delle MM.AA, come da attuale O.P. veda un controllo fortemente mediato da supporti tecnici, messi in atto dagli operatori sociali della giustizia nel suo specifico, che nella relazione con il condannato devono e offrono input per l’autocritica e presa di responsabilità dello stesso.
- E’ risaputo su base empirica che la dove il controllo rigido prevale sugli interventi tecnici e di relazione, il rapporto controllo-recidiva è direttamente proporzionale.
- Tutti i teorici sulla sicurezza sociale non esitano ad affermare che non si può fare sicurezza tralasciando i due aspetti fondamentali dello stato di diritto: la certezza della pena e l’ inclusione sociale del condannato, attraverso l’elemento fondante della vita che è il lavoro. Ciò supporta la nostra convinzione che le riforme previste dal Dap sono slegate dal contesto globale civile e penale; in atto nell’ampio contesto politico non ci sono, o se ci sono appaiono deboli, politiche di riforma per la lotta alla criminalità organizzata (il pacchetto sicurezza amplifica, invece, interventi repressivi per quei reati che creano allarme sociale e modifica la “ex Cirielli” così da avere al più presto II.PP. sempre più pieni); la riforma del processo penale ancora stenta a delinearsi così come la definizione di nuove pene alternative, ecc..
-
Le politiche sociali, promotrici della sicurezza e del benessere del cittadino attraverso la garanzia di un alloggio, di un lavoro, di assistenza sanitaria, scolastica, attività alternativa al tempo libero ecc.. sono alquanto penalizzate dalla riduzione degli investimenti finanziari nel settore.
- L’inclusione sociale è limitata, a borse lavoro o tirocini formativi; il reclutamento delle risorse umane nelle aziende e anche nel pubblico (si vedano gli agenti di rete che operano negli istituti penitenziari di MI o in altre realtà penitenziarie) avviene attraverso cooperative, che prevedono contratti con retribuzioni misere, senza alcuna garanzia per il futuro.
- Quanto alla figura dell’Assistente Sociale nella giustizia in questo quadro di riforme perde di significato professionale, poiché non è concepibile un Servizio Sociale della giustizia all’interno di un servizio burocratizzato e “militarizzato” (si pensi all’OP che prevede la sede degli assistenti sociali fuori dal carcere). Sarebbe un controsenso operare in un contesto di aiuto e controllo di tipo rigido tra l’altro organizzato da un'unica figura dirigenziale. Oggi noi siamo gli esperti del sociale rispetto alle persone condannate, consulenti nelle carceri gestiti da dirigenti di Servizio Sociale e l’indagine sociale arriva al carcere dall’UEPE, proprio per rafforzare l’utilità di questa figura professionale esterna. L’introduzione della Polpen negli UEPE, rispetto al carcere differisce solo dal fatto che il condannato è fuori dall’istituto…..
- Bisogna che la Dirigenza degli UEPE si riappropri dei principi della professione di Servizio Sociale e riaffermi all’interno della giustizia oggi più che mai la validità dell’ essere Assistente Sociale, che non è una figura superata, in quanto è e può ancora essere, attraverso la sua specificità , promotrice di legalità e di interventi socio-educativi-riabilitativi. Tutto ciò sarà possibile se la dirigenza degli UEPE si farà promotrice, ai vertici, delle istanze vere pervenute dai collaboratori impegnati sul campo.
Il Dipartimento dell’Amministrazione Penitenziaria, nel suo ambito operativo dell’esecuzione è chiamato ad un compito costituzionale alquanto chiaro: Art 27 Cost. c. 2 – Rieducare, (lungi da noi il giustizialismo).
Ci si aspettava quindi che alla luce di quanto s.d., le riforme venissero concordate anche con gli operatori del settore e con altri ministeri (quali , welfare, sanità, scuola, ecc; opportuno anche l’iter parlamentare), per individuare interventi e servizi di sicurezza sociale, scaturiti da una analisi della realtà nei suoi aspetti e dal confronto con i vari attori sociali.
Non ci addentriamo ( perché tutto non possiamo dire per ragioni contingenti ma ne accenniamo l’argomento) nell’analisi del profilo-contrattuale-giuridico dell’Assistente Sociale, né approfondiamo la realtà formativa ministeriale riservata agli Assistenti Sociali, penalizzati rispetto alle altre figure del settore, anche rispetto all’iter della carriera. Merita una menzione il mancato riconoscimento di diritti previsti per i lavori definiti usuranti. Oggi chiamiamo ufficialmente l’Ordine a prendere in esame anche tali argomenti.
Concludiamo con alcuni interrogativi, spunti di riflessione:
1. serve davvero per la sicurezza sociale inserire la Polpen negli UEPE? O sarebbe opportuno rivedere il tutto e pensare un servizio dell’esecuzione penale esterna con Assistenti Sociali e figure affini in un lavoro di rete potenziato?
2. per rispondere all’esigenza della PolPen di uscire dal carcere è davvero la strada giusta? Sono recenti (CT, MI) i presidi di contestazione della polizia penitenziaria per rivendicare diritti violati a seguito dell’esiguo personale nelle carceri.
3. gli Assistenti Sociali della giustizia la cui autonomia è sancita dalla legge parlamentare costitutiva dell’Ordine, devono ancora rimanere nelle condizioni in cui si sono trovati fino ad oggi, (tra l’altro aggravati dalla ex Meduri), e organizzati e gestiti – come si prospetta - da dirigenti sempre più lontani ed estranei alla professione?
4. il concetto di sicurezza che sta alla base di tali riforme è quello mediatico a cui urge una risposta altrettanto mediatica o è quello che chiede il cittadino e che duri nel tempo?
Sono interrogativi questi che vogliono essere spunti di riflessione perché non si cada nell’errore di progettare, Servizi di Esecuzione Penale Esterna che vedano inglobato il Servizio Sociale della giustizia in un sistema punitivo anziché riabilitativo.
Gli operatori firmatari
UEPE di Catania e di Ragusa
Documento firmato (n. 40 firme) letto e consegnato agli organizzatori della Conferenza Nazionale UEPE – organizzato dall’Ordine Nazionale Assistenti Sociali
Nazionale Assistenti Sociali
VERTICI DAP – ROMA
OO.SS
Conferenza Nazionale UEPE
Ordine Professionale Nazionale
Assistenti Sociali
Roma 7 novembre 2007
Gli operatori firmatari dell’UEPE di Catania e di Ragusa, con il presente documento sono partecipi ai lavori di questa Conferenza per esprimere la loro idea in merito agli argomenti trattati in questa sede. Auspichiamo che questo sia l’inizio di un processo di confronto che si apre sempre più all’esterno, coinvolgendo anche la società “civile” tutta.
Si coglie l’occasione di salutare la Presidente e i componenti dell’Ordine, tutti i vertici rappresentativi del Dipartimento dell’Amministrazione Penitenziaria, i colleghi e i partecipanti tutti.
Già più volte ci siamo espressi all’interno del dibattito-contestazione che si è venuto a creare a seguito delle proposte di riforma che il Dap da febbraio ’07 ha proposto e che ha visto coinvolte in una trasformazione gli ex CSSA oggi UEPE (iniziata tale trasformazione, purtroppo, con la c.d. legge “Meduri”), il profilo legislativo delle MM. AA. in particolare l’Affidamento in Prova al Servizio Sociale e il profilo giuridico-operativo degli Assistenti Sociali della giustizia.
Il quadro generale (almeno quello dichiarato ufficialmente) in cui si radica tale iniziativa di riforma è costituito dall’esigenza di rispondere alla sicurezza sociale e alla necessità (non entriamo in merito a valutazioni) di attribuire alla Polizia Penitenziaria“nuovi ruoli fuori dal carcere”, attraverso il suo inseririmento nell’esecuzione delle misure alternative, per il controllo, controllo, tra l’altro, già effettuato in maniera capillare, dalle FF. OO territoriali.
Brevemente, di seguito, spieghiamo il nostro no alle proposte, così come sono state configurate fino ad oggi, e ribadiamo che non è una lotta di categoria, ma il contributo professionale da parte di chi ha fatto una lunga riflessione teorico-pratica e reputa di potersi esprimere in quanto esperti del cambiamento:
- Riteniamo che la legge “ex Meduri “ sia scaturita dall’esigenza di equiparazione della dirigenza dei CSSA alla dirigenza degli istituti penitenziari e che ciò abbia causato il grave danno di neutralizzare (sprofessionalizzandolo) un servizio tecnico, che nonostante le grave carenze umane e strumentali, si può affermare senza ombra di dubbio, che abbia raggiunto buoni risultati, secondo la lettura sulla recidiva.
- Quanto alla ridotta recidiva nelle MM. AA siamo fortemente convinti che ciò non è il risultato di casi fortuiti (sarebbero troppi), ma che la strutturazione delle MM.AA, come da attuale O.P. veda un controllo fortemente mediato da supporti tecnici, messi in atto dagli operatori sociali della giustizia nel suo specifico, che nella relazione con il condannato devono e offrono input per l’autocritica e presa di responsabilità dello stesso.
- E’ risaputo su base empirica che la dove il controllo rigido prevale sugli interventi tecnici e di relazione, il rapporto controllo-recidiva è direttamente proporzionale.
- Tutti i teorici sulla sicurezza sociale non esitano ad affermare che non si può fare sicurezza tralasciando i due aspetti fondamentali dello stato di diritto: la certezza della pena e l’ inclusione sociale del condannato, attraverso l’elemento fondante della vita che è il lavoro. Ciò supporta la nostra convinzione che le riforme previste dal Dap sono slegate dal contesto globale civile e penale; in atto nell’ampio contesto politico non ci sono, o se ci sono appaiono deboli, politiche di riforma per la lotta alla criminalità organizzata (il pacchetto sicurezza amplifica, invece, interventi repressivi per quei reati che creano allarme sociale e modifica la “ex Cirielli” così da avere al più presto II.PP. sempre più pieni); la riforma del processo penale ancora stenta a delinearsi così come la definizione di nuove pene alternative, ecc..
-
Le politiche sociali, promotrici della sicurezza e del benessere del cittadino attraverso la garanzia di un alloggio, di un lavoro, di assistenza sanitaria, scolastica, attività alternativa al tempo libero ecc.. sono alquanto penalizzate dalla riduzione degli investimenti finanziari nel settore.
- L’inclusione sociale è limitata, a borse lavoro o tirocini formativi; il reclutamento delle risorse umane nelle aziende e anche nel pubblico (si vedano gli agenti di rete che operano negli istituti penitenziari di MI o in altre realtà penitenziarie) avviene attraverso cooperative, che prevedono contratti con retribuzioni misere, senza alcuna garanzia per il futuro.
- Quanto alla figura dell’Assistente Sociale nella giustizia in questo quadro di riforme perde di significato professionale, poiché non è concepibile un Servizio Sociale della giustizia all’interno di un servizio burocratizzato e “militarizzato” (si pensi all’OP che prevede la sede degli assistenti sociali fuori dal carcere). Sarebbe un controsenso operare in un contesto di aiuto e controllo di tipo rigido tra l’altro organizzato da un'unica figura dirigenziale. Oggi noi siamo gli esperti del sociale rispetto alle persone condannate, consulenti nelle carceri gestiti da dirigenti di Servizio Sociale e l’indagine sociale arriva al carcere dall’UEPE, proprio per rafforzare l’utilità di questa figura professionale esterna. L’introduzione della Polpen negli UEPE, rispetto al carcere differisce solo dal fatto che il condannato è fuori dall’istituto…..
- Bisogna che la Dirigenza degli UEPE si riappropri dei principi della professione di Servizio Sociale e riaffermi all’interno della giustizia oggi più che mai la validità dell’ essere Assistente Sociale, che non è una figura superata, in quanto è e può ancora essere, attraverso la sua specificità , promotrice di legalità e di interventi socio-educativi-riabilitativi. Tutto ciò sarà possibile se la dirigenza degli UEPE si farà promotrice, ai vertici, delle istanze vere pervenute dai collaboratori impegnati sul campo.
Il Dipartimento dell’Amministrazione Penitenziaria, nel suo ambito operativo dell’esecuzione è chiamato ad un compito costituzionale alquanto chiaro: Art 27 Cost. c. 2 – Rieducare, (lungi da noi il giustizialismo).
Ci si aspettava quindi che alla luce di quanto s.d., le riforme venissero concordate anche con gli operatori del settore e con altri ministeri (quali , welfare, sanità, scuola, ecc; opportuno anche l’iter parlamentare), per individuare interventi e servizi di sicurezza sociale, scaturiti da una analisi della realtà nei suoi aspetti e dal confronto con i vari attori sociali.
Non ci addentriamo ( perché tutto non possiamo dire per ragioni contingenti ma ne accenniamo l’argomento) nell’analisi del profilo-contrattuale-giuridico dell’Assistente Sociale, né approfondiamo la realtà formativa ministeriale riservata agli Assistenti Sociali, penalizzati rispetto alle altre figure del settore, anche rispetto all’iter della carriera. Merita una menzione il mancato riconoscimento di diritti previsti per i lavori definiti usuranti. Oggi chiamiamo ufficialmente l’Ordine a prendere in esame anche tali argomenti.
Concludiamo con alcuni interrogativi, spunti di riflessione:
1. serve davvero per la sicurezza sociale inserire la Polpen negli UEPE? O sarebbe opportuno rivedere il tutto e pensare un servizio dell’esecuzione penale esterna con Assistenti Sociali e figure affini in un lavoro di rete potenziato?
2. per rispondere all’esigenza della PolPen di uscire dal carcere è davvero la strada giusta? Sono recenti (CT, MI) i presidi di contestazione della polizia penitenziaria per rivendicare diritti violati a seguito dell’esiguo personale nelle carceri.
3. gli Assistenti Sociali della giustizia la cui autonomia è sancita dalla legge parlamentare costitutiva dell’Ordine, devono ancora rimanere nelle condizioni in cui si sono trovati fino ad oggi, (tra l’altro aggravati dalla ex Meduri), e organizzati e gestiti – come si prospetta - da dirigenti sempre più lontani ed estranei alla professione?
4. il concetto di sicurezza che sta alla base di tali riforme è quello mediatico a cui urge una risposta altrettanto mediatica o è quello che chiede il cittadino e che duri nel tempo?
Sono interrogativi questi che vogliono essere spunti di riflessione perché non si cada nell’errore di progettare, Servizi di Esecuzione Penale Esterna che vedano inglobato il Servizio Sociale della giustizia in un sistema punitivo anziché riabilitativo.
Gli operatori firmatari
UEPE di Catania e di Ragusa
Documento firmato (n. 40 firme) letto e consegnato agli organizzatori della Conferenza Nazionale UEPE – organizzato dall’Ordine Nazionale Assistenti Sociali
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